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martedì 5 maggio 2009

Ecomafie: 70 reati ambientali al giorno


Il Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano, in occasione della presentazione del ''Rapporto Ecomafia'' per il 2009 e della seconda edizione della campagna itinerante per le Regioni d'Italia intitolata ''No Ecomafia Tour'', ha inviato al Presidente Nazionale di Legambiente, Vittorio Cogliati Dezza, un messaggio di vivo apprezzamento per l'iniziativa: ''Il Rapporto rappresenta un prezioso strumento di approfondimento dei fenomeni della criminalita' ambientale, evidenziando la capacita' di penetrazione delle organizzazioni delinquenziali nei settori cruciali dell'economia collegati all'ambiente, con modalita' sempre piu' articolate e subdole, nonche' fornendo un'ampia e dettagliata conoscenza dei costi di tale illegalita'.

Constato con soddisfazione che il quadro dei risultati delle attivita' di prevenzione e repressione evidenzia un crescente coinvolgimento di tutti i soggetti istituzionali impegnati nella tutela delle risorse ambientali, nonche' la valenza di nuove e piu' incisive strategie di indagine e di intervento che consentono di rilevare la presenza nel sottosuolo delle immissioni dei diversi elementi inquinanti''.

Settanta reati ambientali al giorno, 20 miliardi di fatturato illegale e 258 clan che si spartiscono gran parte della torta: bastano questi numeri a spiegare la forza d’urto dell’”ecomafia spa”.

Questi dati e la radiografia di chi fa affari sulla salute dei cittadini sono contenuti nel Rapporto Ecomafia 2009 che, come ogni anno, è stato redatto da Legambiente e presentato oggi a Roma alla presenza, tra gli altri, del Procuratore nazionale Piero Grasso.

Le infrazioni ambientali rispetto all’anno precedente sono diminuite: erano 30.124 nel 2007, sono diventate 25.766 nel 2008 (-14,5%). Il dato – che non tiene ovviamente conto della “qualità” della violazione commessa – è comunque significativo: ogni tre ore viene infatti commesso in Italia un reato ambientale.

Il triste primato delle infrazioni spetta ancora una volta alla Campania: è suo il comando ininterrottamente dal 1994. A seguire la Calabria, la Sicilia, la Puglia e il Lazio. Complessivamente nelle regioni meridionali si registra oltre il 40% delle infrazioni commesse. Al Nord spicca – e anche questa non è una novità – la Liguria (971 notizie di reato, 837 persone denunciate e 248 sequestri).

Il 2008 è stato ancora un anno d’oro per l’ecomafia: il fatturato è cresciuto a oltre 20,5 miliardi: il 7,3% in più rispetto all’anno precedente. Questa cifra si ottiene sommando agli 11,885 miliardi del mercato illegale, gli 8,632 che derivano dagli investimenti a rischio. Visto che il giro d’affari delle mafie può essere stimato intorno ai 100 miliardi, un quinto è dunque frutto dell’attività degli eco-criminali.

L’aumento del fatturato dell’”ecomafia spa” è in gran parte dovuto alle entrate del traffico illecito dei rifiuti speciali, che nel 2008 ha sfiorato i 7 miliardi contro i 4,5 dell’anno precedente. Ancora una volta in testa la Campania dove il fenomeno non accenna a diminuire. Preoccupa la performance del Lazio dove la provincia di Viterbo rischia di diventare una nuova enorme pattumiera a cielo aperto con traffici illeciti che giungono da ogni parte d’Italia.

E cresce la montagna dei rifiuti speciali spariti nel nulla: erano 25 milioni nel 2005, sono diventati 31 milioni nel 2006, vale a dire una “montagna” alta circa 3.100 metri, più o meno come l’Etna (i dati si fermano al 2006 perché il sistema di calcolo adottato da Legambiente è diverso da quello legato ai reati).

Continua senza sosta anche l’abusivismo edilizio, vale a dire le illegalità commesse nel ciclo del cemento. Il business gestito dalle mafie si aggira intorno ai 2 miliardi calcolato secondo i valori del mercato immobiliare. Un valore che tradotto in metri cubo di cemento illegale vuol dire circa 28mila unità abitative fuori legge. Ancora una volta è la Campania ad essere protagonista.

La ricca torta miliardaria viene spartita da 258 clan censiti da Legambiente (19 in più rispetto al 2007) e anche in questo caso Cosa Nostra, Caselesi e ’ndrine dettano legge anche fuori dai confini regionali.


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