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martedì 14 settembre 2010

OGM e animali: l’opinione pubblica non deve sapere!

Ogm e animali di Fabrizia Pratesi, per Mappe, supplemento di “Notizie Verdi”
- tratto da Equivita www.equivita.it
Il dibattito pubblico e le notizie sugli Ogm (organismi geneticamente modificati) riguardano di solito organismi vegetali: si parla dei prodotti di cui è permessa l’importazione o la coltivazione nell’Ue, dei casi di contaminazione accidentale, dei sondaggi che riportano l’atteggiamento (in genere diffidente) dei consumatori europei nei confronti dei “cibi Frankenstein”, delle norme sull’etichettatura e così via. Tuttavia, la manipolazione genetica e la clonazione sono state, fin dall’inizio, applicate non solo alle piante ma anche agli animali: nel corso degli ultimi dieci anni sono stati messi a punto un’immensa quantità e varietà di “prodotti” modificando il genoma di insetti, pesci, mucche, maiali e topi.
Nel 1974, due anni dopo che Paul Berg, negli Usa, aveva creato in laboratorio la prima molecola di Dna ricombinante (o modificato) e lo stesso anno in cui si era prodotta la prima clonazione genetica e di un animale (un anfibio), l’Accademia delle Scienze degli Usa, riconoscendo i pericoli legati alle nuove tecnologie, costituì una commissione straordinaria che chiese una moratoria per alcuni di questi esperimenti di ingegneria genetica. Inoltre, nel 1975, con il convegno di Asilomar, 150 scienziati provenienti da tutto il mondo ottennero che alla ricerca fossero applicate alcune norme di sicurezza (in realtà mai divenute legge negli Usa anche se adottate altrove). Da allora vi sono state ancora numerose scoperte ma la novità assoluta è stata l’adozione dapprima in Usa – a partire dal 1980 – successivamente in Giappone ed infine in Europa (direttiva 98/44) di nuovissime leggi, non immaginabili fino a quel momento, che consentono di brevettare le piante, gli animali (in particolare quando geneticamente modificati) e lo stesso corpo umano nelle sue parti. Tali leggi hanno ribaltato una giurisprudenza contraria, nel mondo intero, non solo alla privatizzazione della materia vivente, ma anche ai brevetti sulle scoperte di elementi naturali. Ricordiamo che sino ad allora i brevetti sono sempre stati considerati applicabili soltanto alle invenzioni o a “opere dell’ingegno umano”. La materia vivente del pianeta, in tutte le sue forme, patrimonio comune dell’umanità, viene equiparata ai prodotti industriali e non è un caso che la direttiva 98/44 sia stata votata dal Consiglio dei Ministri dell’lndustria e Commercio. L’interesse commerciale legato ai brevetti, che nel caso della materia vivente coprono tutta la discendenza del “prodotto” e dunque vengono riscossi ad ogni ciclo riproduttivo, dà un impulso enorme a tutto quanto è geneticamente modificato.
Oggi sono venute a cadere molte delle restrizioni che negli anni ’70 furono imposte grazie a quegli scienziati consapevoli dei rischi legati alla diffusione degli Ogm.
Oggi è la stessa Accademia delle Scienze degli Usa che, pur elencando i molti e gravi problemi che l’immissione di animali modificati potrà recare per la salute e l’ambiente, dà il via libera alla loro diffusione, autorizzandone la clonazione. Va ricordato infatti che la modifica introdotta in una specie animale può rimanere stabile (e può dunque avere un interesse economico) solo con il ricorso alla riproduzione clonata, poiché la riproduzione naturale tende a far scomparire la modifica. Con la clonazione la produzione è anche più veloce e più uniforme, diventa una vera produzione industriale.
Inserendo nel genoma di una specie animale geni provenienti da altre specie, oppure inattivando un gene presente nel suo patrimonio genetico, gli scienziati cercano dunque di soddisfare le aziende che con la manipolazione desiderano generalmente ottenere: animali privati di una caratteristica non gradita della loro specie: si produce ad esempio il topo nudo (senza pelo) per agevolare gli esperimenti in laboratorio; la notizia più recente è quella di una ricerca per produrre api senza pungiglione; animali d’allevamento con maggiore rendimento: ad esempio, suini o bovini che, a pari investimento di alimentazione, raggiungono dimensioni maggiori nelle parti commestibili; animali i cui prodotti vengono venduti come “migliori” rispetto a quelli tradizionali: carne con più proteine e meno grassi, uova con meno colesterolo, lana che non richiede la tosatura perchè cade a strappo” … e via dicendo; animali trasformati in “bioreattori”, in altre parole produttori di sostanze biologiche nuove, ad esempio di sostanze farmaceutiche nel latte o nel sangue (nessun risultato concreto ad oggi); animali “più simili all’uomo”, per sperimentare su di essi determinate sostanze o cure.
Ammettendo implicitamente l’inadeguatezza del modello animale ma incapaci di uscire dalla loro visione obsoleta e riduzionista del vivente, i biotecnologi inseriscono qualche gene umano nell’animale da laboratorio per renderlo più “predittivo” per la ricerca medica o per provocare in esso i sintomi delle malattie umane; animali per gli “xenotrapianti” i cui organi si possano trapiantare nell’uomo: alcuni geni umani vengono introdotti nel genoma dell’animale (in genere il maiale) per ridurre la futura reazione di rigetto. Le cifre investite fino ad oggi in tale ricerca sono colossali: è la ragione per cui il progetto dello xenotrapianto, non ancora mai riuscito, sopravvive ai continui insuccessi ed alla denuncia dei gravi rischi che ad esso si accompagnano. Di tutti i tentativi in corso nel campo dell’ingegneria genetica, questo è sicuramente il più delirante. Da un lato per le considerazioni filosofico-etiche: fino a quanti pezzi di ricambio animali si potranno inserire in un paziente perchè possa ancora ritenersi un essere umano? E inoltre, considerando che il rigetto sarà tanto più difficile quanti più geni umani verranno immessi nel maiale, fino a quanti geni umani sarà consentito immettere in quest’ultimo prima che diventi titolare di diritti umani? Dall’altro, per gli infiniti problemi fino ad ora già emersi, i virus latenti dell’animale possono scatenare epidemie imprevedibili nella specie umana: le cellule dell’animale migrano in tutto il corpo del trapiantato, trasformandolo in “chimera uomo-animale», ecc.
Il motivo che ha ispirato la ricerca biotecnologica negli animali è sempre stato un interesse commerciale (con l’unica eccezione, forse, della clonazione per impedire l’estinzione di una specie). Tra i “prodotti” già messi a punto: i salmoni giganti, le mucche che producono anticorpi umani, la scimmia fluorescente (portatrice di geni di medusa), le zanzare che non diffondono la malaria (ma che rischiano di propagarsi in modo incontrollato), il “maiale pulito”, le cui feci, private dal fosforo con l’introduzione di un enzima, sono meno inquinanti, i “polli nudi” (senza piume) che fanno risparmiare tempo alle aziende avicole, i conigli dalle orecchie pendenti, i cani nudi (non soggetti alle pulci), le pecore-capre, ecc. ecc. Sono state clonate le mucche che producono quantitativi eccezionali di latte, e diverse agenzie private offrono, negli Stati Uniti, la possibilità di ottenere cloni dei propri animali domestici dopo la loro morte.
Ma questa visione riduzionista della vita, che assimila un essere vivente ad una macchina (da “inventare”, da brevettare, da utilizzare come un prodotto qualsiasi) sta rivelandosi fallimentare sia nel campo delle biotecnologie vegetali che in quello, ancor più rischioso, delle modifiche genetiche negli animali: Muir e Hiwe, della Purdue University, hanno scoperto che introducendo 60 pesci transgenici (con gene della crescita che aumenta la loro dimensione) in una popolazione di 60.000 pesci quest’ultima si estingue in 40 generazioni. Eppure, sia i dipartimenti ricerca e sviluppo delle industrie biotecnologiche che i laboratori universitari di tutto il mondo continuano instancabilmente a mescolare geni di mosca, di topo e di uomo, a sfornare prototipi dalle caratteristiche sempre più stravaganti o inverosimili. Oggi gli esperimenti di genetica sono talmente diffusi negli Usa che si possono produrre animali geneticamente modificati anche in laboratori domestici. Nel solo Regno Unito più di mezzo milione di animali transgenici sono stati usati per esperimenti nel 2000. La manipolazione genetica ha ancora un altro impatto sugli animali: gli Ogm vegetali vengono sperimentati su di essi. Lo stesso errore di metodo, la stessa visione riduzionista della vita che sono causa delle manipolazioni genetiche vengono usati quale tentativo (fallimentare) di controllarne la pericolosità. Il riduzionismo scientifico trasforma gli organismi viventi, con la loro complessità multiforme, in meri aggregati di parti meccaniche (organi o geni) che possono essere sostituite o scambiate a piacimento e la cui interazione può essere prevista e programmata.
La manipolazione genetica e la clonazione sono tecniche imprecise, che portano a innumerevoli disastri: aborti spontanei (su un centinaio di cloni impiantati, in genere soltanto uno arriva ad essere partorito), feti nati morti, malformazioni, decessi prematuri. Lo stesso lan Wilmuth, il biologo scozzese che nel 1997 clonò la pecora Dolly, ha affermato pubblicamente che il processo stesso di clonazione introduce disfunzioni genetiche che rendono impossibile ottenere cloni sani. Tuttavia questa dichiarazione è stata fatta solo in occasione del dibattito sulla clonazione umana. I biologi di tutto il mondo, pur sapendo che i cloni animali, prodotti a centinaia di migliaia, sono sempre deboli e malati, non diffondono la notizia forse per non perdere i finanziamenti alle loro ricerche.
Ciò che non viene in ogni caso mai detto è che tutte le fasi della manipolazione genetica sono fonte di continue torture per gli animali coinvolti; non viene mai detto che la loro stessa esistenza è tutta una sola ed unica tortura, poiché non vengono rispettate le loro caratteristiche di specie, né la loro dignità di vita.
Quello che è ancora più vergognoso, come dice uno studio di Gene Watch (Uk), è il fatto che l’opinione pubblica non venga messa al corrente su cosa viene fatto, sul perchè si fa ciò che viene fatto, sulle autorizzazioni che vengono rilasciate. Non è consentito ad alcuno di testimoniare quali siano le atroci sofferenze inflitte agli animali, in nome del dogma della “libertà di scienza». Questo dogma, accostato alle nuove tecnologie ed alla nuova cultura, etica, giuridica, politica ed economica che si sta diffondendo in tutti i continenti, ci condurrà a poco a poco non solo ad una nuova genesi del pianeta, ma anche alla realizzazione di uno scenario ancor più inquietante: la modifica della specie umana stessa.
Infatti il fine ultimo della manipolazione genetica e della clonazione negli animali è il business più allettante del futuro: la manipolazione e riproduzione clonata dell’essere umano, che potrà soddisfare le mire di coloro che cercano l’immortalità, di coloro che desiderano i “designer babies” (o figli su misura), di coloro che, con il pretesto di “migliorare” la nostra vita, ci proporranno una moderna eugenetica, o selezione della razza umana.
fonte: http://www.stampalibera.com/?p=15780

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