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venerdì 27 luglio 2012

Hiv, scoperto meccanismo per trovare ed eliminare cellule infette latenti

Il team del San Raffaele hanno scoperto che le cellule riattivano il Dna esogeno "silenziato" quando vengono deprivate di componenti necessari per la loro crescita, quali gli aminoacidi essenziali. Inattivando un enzima, chiamato "istone deacetilasi 4 (HDAC4)", avviene la riaccensione delle sequenze virali estranee al genoma


Cellule che si difendono da parassiti e altri virus. E ‘ stato scoperto un meccanismo per combattere le infezioni virali, in particolare quella da Hiv. Il lavoro di un team di ricercatori, coordinati da Maria Vittoria Schiaffino dell’Istituto Scientifico Ospedale San Raffaele e da Guido Poli dell’Università Vita-Salute San Raffaele di Milano, è pubblicato su “Proceedings of the National Academy of Sciences”. Lo studio indaga i meccanismi molecolari con cui le cellule si difendono da virus e da altri parassiti genetici (tra cui alcuni dei vettori utilizzati in terapia genica) che si inseriscono nel genoma. Il lavoro, condotto in collaborazione con Antonello Mai dell’Università Sapienza di Roma, è stato condotto sul virus Hiv-1.

È da tempo noto che in presenza di Dna virale, o comunque estraneo, le cellule dei mammiferi si attivano spegnendo le sequenze esogene, al fine di impedirne l’espressione e la diffusione. Questo meccanismo protettivo presenta però degli inconvenienti, perché riduce l’efficacia delle terapie antivirali. I ricercatori hanno esaminato, in particolare, il virus responsabile dell’Aids. Dopo essersi inserito nel genoma cellulare, l’Hiv viene spento in una percentuale dei casi, andando a costituire una riserva di cellule infettate invisibili e quindi non attaccabili, né dal nostro sistema immunitario, né dalla terapia antivirale corrente.

Il team del San Raffaele ha identificato un nuovo meccanismo epigenetico che permetterà di disegnare una possibile strategia per affrontare questo grave problema, scoprendo che le cellule riattivano il Dna esogeno silenziato quando vengono deprivate di componenti necessari per la loro crescita, quali gli aminoacidi essenziali. Un elemento cruciale in questa risposta cellulare è dato dall’inattivazione di un enzima, chiamato “istone deacetilasi 4 (HDAC4)”, che normalmente contribuisce alla regolazione epigenetica dell’espressione dei geni. La soppressione della sua attività determina, sorprendentemente, anche la riaccensione delle sequenze virali estranee al genoma. Poiché per questo enzima esistono già inibitori specifici, essi potrebbero essere ulteriormente sviluppati per protocolli sperimentali finalizzati alla cura, ovvero dell’eradicazione, di Hiv. “L’attuale terapia antivirale disponibile contro l’Hiv – spiega Poli, responsabile dell’Unità di Immunopatogenesi dell’Aids e impegnato proprio in questi giorni nella presentazione dello studio alla Conferenza Mondiale sulla malattia a Washington – è assai efficace nel controllare e bloccare la diffusione del virus attivato, ma non riesce a riconoscere ed eliminare le cellule infettate in cui il virus è temporaneamente spento (latente)”. Quindi “non è possibile arrivare a una vera guarigione, perché il virus latente può sempre riattivarsi a seguito della sospensione della terapia, come in effetti avviene nella maggioranza dei pazienti”. L’utilizzo di inibitori specifici dell’enzima HDAC4 potrebbe invece, associato alla terapia antivirale, riattivare i virus latenti rendendoli visibili e quindi eliminabili, limitando gli effetti tossici sull’organismo, dato che nello studio del San Raffaele gli inibitori di HDAC4 si sono dimostrati, almeno in vitro, ben tollerati dalle cellule. Secondo Schiaffino, genetista e biologa cellulare, “la scoperta di un efficiente meccanismo molecolare che regola la riattivazione del Dna estraneo all’interno della cellula ha una potenziale ricaduta importante anche per la terapia genica, perché l’utilizzo di farmaci che inibiscono l’enzima (o altre strategie utili a inattivarlo) potrebbe evitare che le cellule spengano i vettori virali utilizzati a scopo curativo, aumentandone così l’efficacia a lungo temine”.

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