Google

domenica 25 novembre 2012

Klebsiella pneumoniae: Il super batterio avanza in Italia

In un solo anno è quasi raddoppiato l'impatto di un germe che rischia di riportarci a prima della scoperta della penicillina

Chi ricorda i tempi in cui i medici erano disarmati davanti alle infezioni, prima che Alexander Fleming, combinando fortuna e intuito, scoprisse la penicillina? In Italia, soprattutto nelle rianimazioni e nei reparti di medicina e chirurgia, ci si ritrova sempre più spesso in questa sconfortante situazione, che si sperava fosse superata una volte per tutte. La colpa è di un batterio, chiamato Klebsiella pneumoniae, che vive nell'intestino dei portatori ma provoca infezioni a livello dei polmoni e delle vie urinarie, da dove può dare origine a gravi setticemie. Da alcuni anni, così come altri germi purtroppo sempre più diffusi negli ospedali e sul territorio, molte klebsielle hanno imparato a difendersi dalla maggior parte degli antibiotici di uso comune. Ma quel che spaventa di più è che negli ultimi tre anni è passata dal 15 al 27 per cento la quota di quelli che non rispondono nemmeno ai farmaci considerati "l'ultima spiaggia". «La percentuale di klebsielle resistenti a molti antibiotici è andata costantemente crescendo in più di un terzo dei Paesi europei negli ultimi quattro anni - ha dichiarato Dominique Monnet, coordinatore del settore "Resistenza agli antimicrobici e infezioni associate all’assistenza sanitaria" del Centro europeo per il controllo delle malattie -. In alcune zone, ormai, più del 60 per cento dei ceppi di klebsiella isolati dal sangue non rispondono alle cure abituali». Per curare questi malati non resta altro una categoria di antibiotici, detti carbapenemi, usati come ultima risorsa esclusivamente negli ospedali.

GLI ANTIBIOTICI - Dai primi anni 2000 in Grecia hanno però cominciato a fare capolino anche klebsielle che non rispondevano più neppure a queste cure. «Questo perché tra i batteri si è selezionata la capacità di produrre un enzima (la carbapenemasi) che è in grado di distruggere questi e altri antibiotici» spiega Annalisa Pantosti, direttore di ricerca nel campo delle malattie infettive all'Istituto Superiore di Sanità. Questa variante genetica è favorita dove si fa maggior uso di questi medicinali, come appunto in Grecia. Anche in Italia l'uso eccessivo o inappropriato di antibiotici è purtroppo molto frequente, sebbene con grandi differenze tra regione e regione: «Nella provincia di Bolzano è sovrapponibile a quel che si fa in Svezia, mente al sud si osservano picchi che non possono essere spiegati se non con un abuso» dice l'esperta dell'Iss. La capacità di resistere agli antibiotici più avanzati ha anche la caratteristica di essere codificata da porzioni di Dna che possono essere trasmesse direttamente da un batterio resistente a un altro che non lo è ancora, ma che così lo può diventare. Sono come soldati che possono moltiplicare i fucili passandoli di mano in mano: anche per questo il numero dei batteri armati cresce a dismisura. «Quando l'infezione prende piede in un reparto è difficilissimo estirparla» commenta Pantosti.

I NUMERI - Nel 2009 in Italia questi superbatteri resistenti a tutto erano meno del 5 per cento di tutte le klebsielle isolate in corso di infezioni invasive, in cui cioè il batterio dalle vie aeree o urinarie era passato nel sangue. «L'anno successivo in Italia la percentuale era già salita al 15 per cento e nel 2011 ha raggiunto la preoccupante quota del 27 per cento: in questi casi i medici non possono fare nulla, se non provare con antibiotici andati in disuso a causa della loro tossicità» ha precisato Monnet, parlando in occasione dell'European Antibiotic Awareness Day del 18 novembre. L'impotenza della medicina si traduce in questi casi in altissimi tassi di mortalità, che vanno dal 50 al 70 per cento dei casi. Già l'anno scorso si era lanciato l'allarme, ma ora la situazione rischia davvero di sfuggire di mano, vista la velocità vertiginosa con cui i germi resistenti a tutto si stanno diffondendo nelle corsie degli ospedali e nelle case di riposo per gli anziani: «Abbiamo il polso continuo dell'emergenza dai dati che affluiscono alla rete Micronet, un sistema di sorveglianza che coinvolge vari laboratori di diversi ospedali italiani - precisa la ricercatrice italiana -. Da quelli provenienti da 14 centri possiamo dire che nei primi mesi del 2012 la crescita è continuata e la quota di klebsielle resistenti a tutto nel sangue dei pazienti ha già superato il 29 per cento. Se poi, invece di considerare solo quelli isolati a livello ematico, si va a vedere quanti sono i ceppi resistenti nelle vie aeree, si è passati da poco più del 5 per cento del 2009 al 38,5 del 2012». Un dato che potrebbe essere addirittura sottostimato considerato che la maggior parte dei centri inclusi nell'analisi si trovano al nord, mentre le resistenze tendono a essere più frequenti al sud.

IL COMMENTO - È ben noto il legame tra l'uso eccessivo e scorretto degli antibiotici e l'insorgenza di resistenze, mentre è ancora poco chiaro come influirà su questo problema la crisi economica che l'Italia e l'Europa stanno attraversando. «Da un lato la volontà di risparmiare potrebbe anche far stringere i cordoni della borsa sull'acquisto di farmaci, almeno negli ospedali, quando non sono davvero necessari - commenta Marc Sprenger, direttore del Centro Europeo per il Controllo delle Malattie -, ma dall'altro a seconda dei sistemi sanitari, potrebbe spingere le persone a procurarsi di loro iniziativa direttamente l'antibiotico in farmacia, dove spesso è disponibile come generico a basso prezzo, senza pagare un medico che glielo prescriva». Un'ipotesi che potrebbe peggiorare la situazione, almeno dove la visita si paga e dove, come purtroppo accade ancora in Italia, questi medicinali, che dovrebbero essere dati solo su ricetta, possono essere in realtà acquistati nella maggior parte delle farmacie anche senza. «Ci sono anche altri fattori da considerare - aggiunge Pantosti -. Già oggi in Italia nella maggior parte degli ospedali non ci sono le condizioni per mettere in pratica gli unici provvedimenti che potrebbero arginare il fenomeno: isolare i portatori in stanze isolate, con équipe di infermieri dedicati che non trattino altri pazienti, in modo da non trasmettere ad altri i ceppi resistenti presenti nelle feci». La situazione è anche peggiore nelle residenze per anziani dove molti sono incontinenti, il personale è ancora più ridotto e l'accuratezza diagnostica inferiore. «I tagli al personale e il maggior carico di lavoro su quello che resta rischiano poi di far trascurare anche le altre minime misure igieniche necessarie a frenare il dilagare di questa e altre resistenze» conclude l'esperta. Dovrebbero tenerne conto i decisori, soppesando quanto l'apparente risparmio di oggi potrebbe costare in un futuro non troppo lontano, alla luce del dato che viene dall'Europa: nell'Unione, ogni anno, il costo di tutte le infezioni resistenti agli antibiotici, non solo da klebsiella, è già infatti di 1,5 miliardi di euro.

FONTE: http://www.corriere.it/salute/12_novembre_22/klebsiella-super-batterio_56f60d9a-3236-11e2-942f-a1cc3910a89d.shtml

Nessun commento:

Lettori fissi

Visualizzazioni totali