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giovedì 21 marzo 2013

nuova morte annunciata nel Tirreno, Dopo la strage di delfini la balena sulla spiaggia

Ennesima "morte annunciata" nelle acque italiane. Una balenottera comune di oltre 17 metri di lunghezza si è spiaggiata ieri sul litorale di Rosignano, in Toscana, dopo che negli ultimi mesi lungo le coste del Tirreno si è verificata una "moria di cetacei", con quasi 80 esemplari di delfino stenella spiaggiati fino ad oggi per cause ancora ignote. Lo afferma Greenpeace, tornando a denunciare il "grave degrado del Santuario dei Cetacei".

"Ci troviamo in un'area protetta, eppure non esistono regole per limitare l'inquinamento proveniente dalla costa e il traffico marittimo", dice Giorgia Monti, responsabile della Campagna Mare di Greenpeace.

"Purtroppo l'accumulo di agenti inquinanti può debilitare questi animali tanto da abbassarne le difese immunitarie e renderli suscettibili a infezioni che possono anche causarne la morte". "E' ora che le Regioni Toscana e Liguria si attivino davvero per tutelare il Santuario dei Cetacei", sottolinea Monti. "Greenpeace da tempo ha indicato quale dovrebbe essere la strada da percorrere, ma nonostante la promessa di un tavolo tecnico fatta nel 2011 dai presidenti delle Regioni, ad oggi ancora nulla è stato fatto. E queste morti ne sono la triste conseguenza".



Sedici metri di lunghezza, un colosso. Praticamente un palazzo di cinque piani disteso sulla spiaggia. Un monumento uscito dal mare pieno di sbucciature e ferite che ormai non fanno più male. La balenottera trovata sulla sabbia di Rosignano Solvay è stata spinta lì dalle onde, ma la morte è avvenuta giorni prima, in mare. Pesava diciotto tonnellate e adesso per smaltirla bisogna farla a pezzi, se la porterà via una ditta specializzata. Non si sa di cosa sia morta, ma c'è un sospetto che avanza e che mette in relazione quel povero, gigantesco Moby Dick ad altri cetatei spiaggiati a raffica sulle coste della Toscana. L'ultimo ieri a Castagneto Carducci, porta a quota ventisei la spoon river dei delfini deceduti dall'inizio dell'anno. "Uno al Giglio", "uno a Pianosa", uno trovato sulla spiaggia di Follonica, un altro a San Vincenzo... il bollettino si aggiorna di ora in ora.
"Siamo a circa dieci volte la media stagionale" spiega il professor Gianni Pavan che dirige all'università di Pavia che dirige il Cibra, il Centro interdisciplinare di bioacustica e ricerche ambientali dove c'è la banca dati nazionale sugli spiaggiamenti. Lì arrivano i numeri dopo le segnalazioni e gli accertamenti passati dalle capitanerie di porto, Arpat e istituti zooprofilattici. Lì i ricercatori dell'ateneo e quelli del Museo di Storia Naturale di Milano interpretano le cifre per cercare di smascherare il killer dei cetacei. Uno degli principali imputati è il Morbillivirus, un'infezione che colpisce questi animali e li può portare alla morte. Nel 2011 la balenottera spiaggiata nel Parco di San Rossore morì proprio per questo. Ma la faccenda dei delfini è più complessa e il giallo è ancora senza una soluzione.
Così spiega il professor Sandro Mazzariol, patologo veterinario dell'università di Padova, l'ateneo che sta svolgendo (assieme agli istituti zooprofilattici) la maggior parte delle analisi post mortem su questi animali: "In quattordici delfini stenelle su ventiquattro è stato riscontrato il Morbillivirus, in altri no. Abbiamo isolato altri agenti patogeni, in alcuni per esempio abbiamo trovato tracce di un batterio che può portare a una sindrome emolitica nell'uomo, ma non conosciamo le conseguenze sui delfini". Dunque? Entro la fine di marzo i primi esiti degli accertamenti su questa epidemia che colpisce dalle coste della Toscana alla Sicilia un po' tutto il mar Tirreno concentrandosi però sull'Italia centrale.
Nei giorni scorsi è stato il presidente del Parco dell'Arcipelago Toscano Giampiero Sammuri a lanciare l'allarme: "Sono molto preoccupato, bisogna accertare le cause e mettere in atto tutte le forme di prevenzione per tutelare il Santuario dei Cetacei". Poi ha spiegato: "Inquinamento rotte commerciali, plastica in mare, campi magnetici, sistemi radar, squilibri dell'ecosistema, tutto può contribuire a disturbare e a danneggiare la vita di questi animali magnifici. Il Parco farà la sua parte e si renderà disponibile a monitoraggi e a indagini che accertino insieme agli esperti competenti le possibili cause di questo fenomeno". Va detto che per ora l'inquinamento è escluso come causa diretta, lo hanno spiegato anche dal ministero dell'Ambiente. Significa che non c'è stato un evento come potrebbe essere una perdita di petrolio o altro a colpire i delfini. Anche perché non si spiegherebbe perché a morire fosse una sola specie (le stenelle in particolare) e su un fronte così esteso: i tre quarti delle coste tirreniche. "Non possiamo però escludere l'inquinamento come causa indiretta - riprende il professor Sandro Mazzariol - l'inquinamento dei mari provoca un abbassamento delle barriere immunitarie e rende questi animali più fragili e più esposti alle malattie". Al momento però anche questa è soltanto una delle ipotesi sul tavolo di chi indaga sulla strage dei delfini. Gli indizi accumulati sono ancora pochi: il killer misterioso colpisce soprattutto gli animali adulti e soprattutto nelle zone dell'Italia centrale al largo delle coste.
Si accanisce in modo particolare sulle stenelle, la specie più diffusa nei nostri mari anche se nelle ultime settimane sono state ritrovate carcasse di tursiopi e di altre specie. L'ultimo corpo che ha restituito il mare è quello della balenottera sulla spiaggia di Rosignano: hanno mandato ad esaminarla gli stessi ricercatori dell'università di Padova che da gennaio sono a caccia del killer dei cetacei.

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