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giovedì 26 marzo 2015

protonterapia

iflettori nuovamente puntati sulla protonterapia, innovativa tecnica di radioterapia per il trattamento delle malattie neoplastiche che promette una maggior efficacia e minor tossicità rispetto alla radioterapia convenzionale. L'interesse è stato riacceso dalla recente vicenda di Ashya, il bambino inglese portato dai genitori in Spagna dopo un'intervento neurochirurgico di rimozione di un tumore cerebrale, per esser sottoposto al trattamento radioterapico sperimentale, prestazione che non gli sarebbe stata erogata nel Regno Unito. La notizia è di ieri: trattato per sei settimane da un centro di Praga, Ashya sembra essere guarito.

UN FASCIO DI PROTONI PER IRRADIARE CON PRECISIONE IL TUMORE
La protonterapia fa uso di una strumentazione sofisticata, del tutto simile al sincrotrone del CERN di Ginevra, per produrre e indirizzare il fascio protoni che rilasciano la loro energia sui tessuti neoplastici bersaglio con una precisione dell'ordine dei pochi millimetri. Da ciò deriverebbero i vantaggi clinici rispetto alla radioterapia: «Il fascio di protoni risparmia il più possibile le zone circostanti alla lesione tumorale, viene diretto con una tale precisione da permettere - a parità di dose erogata - minore tossicità o, a parità di tossistà attesa, una radiazione a dosi più elvate, garantendo un maggior controllo della malattia» spiega il dottor Maurizio Amichetti, direttore dell'Unità Operativa di Protonterapia dell'Azienda Sanitaria della Provincia Autonoma di Trento.


I PAZIENTI ELEGGIBILI AL TRATTAMENTO
Tutti i pazienti trattabili con radioterapia sono teoricamente eleggibili al trattamento con particelle. In particolare, nelle situazioni in cui la radioterapia convenzionale presenta un rischio di tossicità inaccettabile per il paziente, o come trattamento di elezione nelle neoplasie localizzate in vicinanza di tessuti critici, e in generale dove si richiede un trattamento di alta precisione. I protocolli in atto, secondo l'associazione Particle Therapy Co-Operative Group, riguardano i tumori infantili e molte neoplasie nell'adulto (ad esempio, del sistema nervoso centrale, del basicranio e altri).

AI BAMBINI I BENEFICI MAGGIORI
«Poter irradiare meno i tessuti malati è molto importante nel caso dei bambini, dove gli effetti collaterali possono essere molto severi per la giovane età del paziente, il cui organismo è più vulnerabile perché ancora in via di sviluppo, e il trattamento avere delle conseguenze di lungo periodo sul suo sviluppo fisico e cognitivo» spiega il dottor Amichetti. I piccoli pazienti, una volta guariti, hanno una vita davanti, dunque «hanno anche molti anni per sviluppare secondi tumori».

I CENTRI ITALIANI: PAVIA, TRENTO E CATANIA
In Italia, oltre al Centro pubblico di Trento, ad effettuare questo trattamento che il ministro della Salute Beatrice Lorenzin punta ad inserire nei Livelli essenziali di assistenza (LEA), ovvero le cure garantite dal Servizio sanitario nazionale, c'è il Centro nazionale di adroterapia oncologica (Cnao) di Pavia, che ha trattao finora 500 pazienti e utilizza protoni in piccola percentuale mentre fa largo uso di ioni carbonio, un'altra forma di adroterapia che, rispetto ai protoni, ha una minore selettività spaziale ma presenta una efficacia biologica superiore.  Inoltre, presso l'INFN di Catania, si interviene sui soli tumori oculari.

LA CRITICA: MANCHEREBBERO LE EVIDENZE SCIENTIFICHE
La tecnica è in continua evoluzione e relativamente nuova. Secondi i dati della Nation Association for Proton Therapy, negli Stati Uniti, il primo centro di protonterapia è stato aperto nel 1980, erano diventati due nel 2000 e oggi sono una quindicina. In tutto nel mondo se ne contano una quarantina di attivi e altrettanti sono in via di realizzazione. Il Cnao è attivo da tre anni, il centro di Trento da qualche mese. Per questa ragione alle tecniche sperimentali di adroterapia e protonterapia spesso si contesta la mancanza di robuste evidenze scientifiche e cliniche in favore della loro maggior efficacia, sul lungo periodo, rispetto alla radioterapia standard. «Naturalmente, per stimarne il reale beneficio, bisognerà seguire l'evolvere della situazione dei primi pazienti trattati. Tuttavia, per quanto diverse, le metodiche utilizzano gli stessi principi, a cambiare è la dosimetria, cioè la distibuzione della dose erogata. Ne consegue che, in via di principio, sono almeno di pari efficacia. Le evidenze in favore della protonterapia si stanno comunque accumulando in fretta» risponde così Amichetti, convinto che dietro a tali obiezioni si nasconda anche un problema di natura economica, considerato l'elevato costo di strumentazione e trattamenti.

La ricerca continua. Intanto si attende l'aggiornamento dei LEA (livelli essenziali di assistenza, fermi al 1999) condotto dal governo che prevederebbe, come già garantito dal ministro Lorenzin, l'inserimento della protonterapia entro giugno.

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