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sabato 29 maggio 2010

cambiamenti climatici : 50 MILIONI PERSONE COSTRETTE A EMIGRARE PER CAMBIAMENTI

Nel 2050 potrebbero divenire oltre 200 milioni, ma gia' oggi secondo le stime sono almeno 50 milioni, le persone costrette all'esodo forzato a causa dei cambiamenti climatici. Sono i profughi ambientali, i nuovi migranti che lasciano le proprie terre a causa della desertificazione e della siccita', lo scioglimento dei ghiacciai e la crescita dei livelli del mare, gli eventi meteorologici estremi come alluvioni e uragani fino alle guerre per il controllo delle materie prime. E' questo il profilo dell'emergenza umanitaria denunciata oggi da Legambiente nel dossier ''Profughi ambientali''. A presentarlo questo mattina nel corso di Terra Futura 2010 a Firenze erano presenti Maurizio Gubbiotti, coordinatore della segreteria nazionale di Legambiente, Raffaella Bolini responsabile Attivita' Internazionali dell'Arci, Giuseppe De Marzo, portavoce dell'associazione A Sud.

Secondo il dossier di Legambiente se fino a qualche anno fa erano le guerre la principale causa delle emigrazioni di massa, a rappresentare il principale fattore determinante oggi e' il riscaldamento globale. Basta pensare che nel 2008 a fronte dei 4,6 i milioni di profughi in fuga da guerre e violenze, sono state 20 milioni le persone costrette a spostarsi temporaneamente o definitivamente in seguito a eventi meteorologici estremi. E il fenomeno che gia' nel 1990 riguardava 25 milioni di persone sembra destinato ancora ad aumentare. Solo tra il 2005 e il 2007 l'agenzia dell'ONU ha risposto a una media annua di 276 emergenze in 92 Paesi, oltre la meta' delle quali causate da calamita', il 30% da conflitti e il 19% da emergenze sanitarie. Secondo l'Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Rifugiati (UNHCR) e l'International Organization for Migration (IOM) entro il 2050 si raggiungeranno, infatti, i 200/250 milioni di persone coinvolte (una ogni 45 nel mondo), con una media di 6 milioni di uomini e donne costretti ogni anno a lasciare i propri territori. Ma se le vittime di catastrofi naturali improvvise - come l'onda di tsunami in Asia nel dicembre del 2004 o l'uragano Katrina - sono visibili e di solito beneficiano di sostegno e aiuto umanitario pubblico e privato, non e' cosi' per i milioni di persone costrette a sfollare da cambiamenti ambientali piu' graduali, come la desertificazione, la diminuzione delle riserve idriche, o l'innalzamento del livello del mare. Si pensi che Marocco, Tunisia e Libia perdono ciascuno oltre 1.000 km quadrati di terra produttiva ogni anno a causa della desertificazione o che in Egitto meta' della terra arabile irrigata soffre di salinizzazione e in Turchia 160 mila km quadrati di terra agricola subiscono l'effetto dell'erosione. E ancora la desertificazione, l'innalzamento dei mari e l'erosione delle coste, come accade in Louisiana che perde circa 65 chilometri quadrati l'anno di costa ''mangiata'' dal mare o in Alaska dove centinaia di piccoli centri abitati sulle coste settentrionali sono a rischio di franare nel mare Artico via via che il permafrost si scioglie.

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