La marea di fanghi tossici fuoriusciti da un bacino di residui di alluminio che ha invaso una zona dell’Ungheria ha raggiunto il Danubio La marea minaccia ora l’ecosistema del fiume. Lo rivela un responsabile del servizio ungherese di controllo delle acque.
Il peggio è accaduto: i fanghi tossici fuoriusciti lo scorso 5 ottobre da uno stabilimento per la lavorazione dell’alluminio ad Ajka, a 160 km da Budapest, avrebbero raggiunto il Danubio.
La protezione civile però nega: i fanghi tossici avrebbero raggiunto solo il fiume Raab, ma non ancora il Danubio.
Più di un milione di metri cubi di fanghi rossi ricchi di allumina e di metalli pesanti, per questo altamente corrosivi e tossici, hanno raggiunto il secondo fiume europeo dopo aver contaminato un’area di oltre 40 km quadrati, raggiungendo la città di Gyoer, vicino alla Slovacchia. Ed ora i timori hanno raggiunto Romania e Austria.
Secondo il direttore del Servizio acque, i prelievi effettuati alla confluenza del fiume Raab con il Danubio mostrano un tasso alcalino superiore al normale: sarebbe arrivato a circa il 9% , mentre il tasso normale arriva all’8%.
L’area colpita comprende tre città ed è una distesa ininterrotta di terreni agricoli. Secondo la Protezione civile magiara, ci vorranno mesi perché venga depurata. Ma soprattutto, le infiltrazioni nel terreno, la pioggia e altri agenti renderanno inagibili e inquinate per sempre vaste aree agricole. Il fango rosso e tossico ha già provocato una moria di pesci nel fiume Mercali.
Intanto 3mila persone sono senza casa, dopo essere state evacuate nella notte di lunedì scorso. Il bilancio delle vittime conta per ora quattro morti, tra cui una neonata e un bambino di tre anni, e più di 120 feriti, alcuni in condizioni gravi. I feriti hanno abrasioni, bruciature, ustioni gravi causate del potere urticante della melma tossica.
Devecser e Kolontar, i comuni epicentro della sciagura, sembrano rovine di insediamenti rasi al suolo da una colata di lava rossa. Alto fino a due metri, il fango sommerge tutto: strade, muri, alberi, pali della luce, auto, tutto rosso e impastato. Cadaveri di animali come imbalsamati in creta rossa, carcasse di auto, bici, pneumatici, tronchi, rottami, detriti e un odore pungente ovunque.
”Era come lo tsunami in tv, solo che questo era rosso”, dice Istvan Felvideki, commerciante di Devecser, casa e negozio distrutti. Molta gente ha perso tutto, ma è felice di essere viva. C’è molta rabbia in giro: ”Nessuno ci aiuta, ci informa, non sapevamo nulla di quel è successo”, si lamenta.
Il governo ha stabilito la somma di aiuti che ogni famiglia riceverà: 100.000 fiorini (400 euro) a nucleo familiare, sul conto della Mal S.A.
Terreno, flora e fauna sono distrutti in un raggio di 40 km e nel frattempo anche l’aria e’ contaminata, dice il Wwf in un comunicato, sconsigliando di recarsi nella regione.
La Mal S.A. ha chiesto al sottosegretario all’ambiente Zoltan Illes di revocare l’ordine di stop della produzione, altrimenti non potrà pagare i risarcimenti alla popolazione colpita. L’ amministratore delegato Lajos Tolnay ha promesso di cambiare la tecnologia, di cui il fango rosso alcalino era un prodotto collaterale.
Tutto sembra far ritenere intanto che il deposito all’aperto franato contenesse quantità ben oltre il lecito (30 milioni di metri cubi) di fango rosso, derivato della lavorazione dell’allumina, di cui l’Ungheria è un grosso produttore. La società nega una sua responsabilità.
Per la bonifica si stima che ci vorranno 38 milioni di euro e mesi, se non anni. Secondo gli ambientalisti quello di Ajka non è il solo deposito all’aperto in Ungheria. In tutto 50 milioni di metri cubi galleggerebbero in questi serbatoi, di cui uno sul Danubio: vere bombe a orologeria per l’ambiente.
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