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lunedì 17 agosto 2009

Ortoressia: la nevrosi del mangiare sano.


Tra i disturbi dell'alimentazione è in forte crescita la cosiddetta ortoressia nervosa, ovvero l'ossessione del cibo salutare. Colpisce soprattutto gli over 30, tende a essere più diffusa tra gli uomini e tra le persone di buon livello culturale ed è considerato un disturbo dell'alimentazione, anche se nasce da un buon intento.
Fino a diventare un serio problema psicologico.La British Dietetic Association lancia l'allarme lancia l'allarme su questa nuova patologia e si inizia a parlare di un problema ormai comune a tante persone, eppure spesso taciuto.

RITRATTO DELL'ORTORESSICO - È difficile fare un censimento della popolazione ortoressica, anche perché contrariamente agli anoressici o ai bulimici le persone che soffrono di questo disturbo possono essere assolutamente normali fisicamente. Ma il fenomeno a un certo punto diventa preoccupante e all'attenzione esagerata alla qualità del cibo inizia gradatamente ad affiancarsi un disordine ossessivo-compulsivo della personalità. La prima descrizione dettagliata della patologia comparve in una rivista di yoga, nel 1997. Fu Steven Bratman, medico e ortoressico, a definire questo disturbo dell'alimentazione dei giorni nostri. L'ortoressico instaura chiaramente un rapporto distorto con il cibo, iniziando mano a mano a scartare ogni cibo «cattivo». I vegani e i crudisti sono seri candidati a questa malattia che si annuncia diventando talmente ossessiva da portare il soggetto a un senso di superiorità nei confronti del mondo.
DIAGNOSI DIFFICILE - Si inizia con l'escludere dalla propria alimentazione i cibi trattati con pesticidi o con qualsiasi additivo artificiale e, piano piano, i criteri di ammissibilità di un alimento diventano sempre più restrittivi. Alla fine l'ortoressico consuma il proprio pasto in solitudine (caratteristica comune anche all'anoressia e alla bulimia), si isola socialmente e arriva ad avere una dieta talmente povera da poter riportare gravi danni sul piano nutrizionale. Qualcuno è già morto di questa ossessione, tanto più pericolosa quanto più è difficile da identificare e diagnosticare. Come afferma Deanne Jade, fondatrice del National Centre for Eating Disorders, la linea di confine tra un atteggiamento sano e un atteggiamento patologico è sottile, inizialmente impercettibile. E ciò che rende il disturbo così insidioso è proprio la sua apparenza buona: tutto nasce come un amore verso sé stessi e verso gli alimenti sani. Ma in realtà nasconde una psicosi e una negazione del cibo come piacere.

sabato 1 agosto 2009

CIBO BIOLOGICO: nutrono come quelli industriali !!!!


Il cibo biologico non è più sano di quello industriale. È il sorprendente risultato pubblicato dai ricercatori della London School of Hygiene & Tropical Medicine sull’American Journal of Clinical Nutririon. La differenza principale è esclusivamente il costo: per un prodotto etichettato come biologico, infatti, si è disposti a pagare molto di più. Ma la potenziale naturalità dell’alimento non sembra comportare alcun beneficio aggiuntivo per la salute.

LO STUDIO - La ricerca, riportata sui siti dei maggiori quotidiani d’oltremanica, tra cui l'Independent, è stata commissionata dalla Food Standards Agency del governo britannico per poter fornire alla popolazione gli elementi corretti per una scelta informata e ponderata al momento della spesa. Gli scienziati hanno passato in rassegna 162 pubblicazioni che nell’ultimo mezzo secolo hanno affrontato l’argomento. Da una rilettura sistematica e comparativa di questi studi hanno concluso che non esistono significative differenze tra l’alimentazione industriale e quella «più naturale». Sono, infatti, minime le discrepanze degli apporti nutritivi forniti dai cibi biologici e quelli preparati tradizionalmente. Tanto minime da non avere alcuna rilevanza per la salute, sia che si tratti di alimenti vegetali sia che si tratti di vivande di origine animale. Le differenze più sostanziali sono state trovate nei livelli di azoto e fosforo riscontrati nei diversi prodotti, ma i ricercatori ritengono si tratti soprattutto di una questione di fertilizzanti e maturità al momento del raccolto, con insignificanti conseguenze per i relativi apporti nutrizionali.

Lo studio inglese mette insieme i dati di 50 e più anni di ricerche, tenendo presente tutto quanto scritto e pubblicato sul cibo biologico: sono stati passati allo scanner addirittura 52 mila resoconti scientifici cumulatisi a partire dal lontano 1958. Ebbene la sintesi del direttore scientifico del progetto, professor Alan Dangour, è che «non emerge prova di alcun beneficio significativo per la salute derivante dal nutrirsi di alimenti cosiddetti biologici. Tracce di minuscole differenze si possono osservare, ma è improbabile che abbiano rilevanza per la salute pubblica».

Chi non è abituato al frasario scientifico potrà forse trovare queste dichiarazioni un po’ contorte e involute, e attribuirle magari a un residuo di incertezza, e invece uno scienziato parla così quando è sicuro di una cosa. Dangour ammette «una maggior concentrazione di fosforo nei cibi biologici rispetto agli altri»; però aggiunge subito che «il fosforo è disponibile in quasi tutti i cibi. La differenza di contenuto di fosforo fra alimenti biologici e convenzionali non è statisticamente significativa». Ancora gergo da scienziati.

Altro esempio: i prodotti biologici sono in media più acidi, e questo li rende più saporiti. «Ma questa piccola differenza di acidità - dice Dangour - ha a che fare con il gusto, non con la salute». Tale concessione al maggior sapore dei prodotti biologici è importante perché gli studiosi della Fsa non intendono fare gli ideologi pro o contro, per cui, ad esempio, non si spingono a dire che il costo (superiore) dei cibi biologici corrisponda a soldi buttati: «Si può preferire il cibo biologico, pagandolo di più, perché lo si trova più saporito, oppure perché si ritiene che faccia meno danno all’ambiente in quanto prodotto senza sostanze chimiche. Ma non c’è prova che faccia meglio alla salute del consumatore».

Ma a proposito di sostanze chimiche: possibile che l’uso o il non uso di fertilizzanti e pesticidi (cioè anti-parassitari) non faccia differenza nella qualità dei cibi? Questa è una cosa che tutti credevamo fosse accertata e che non si potesse più mettere in discussione. Il ritornello del prof. Dangour a questa obiezione è il solito: «L’eventuale sovrappiù di sostanze chimiche riscontrato nei cibi convenzionali rientra nelle ordinarie variazioni statistiche e non ha impatto significativo sulla salute».

Che cosa ne dicono gli esperti italiani? Il prof. Renzo Pellati, del direttivo della Società italiana di scienza dell’alimentazione e autore di «Tutti i cibi dall’A alla Z» (Mondadori), sostiene che la scoperta britannica è una specie di segreto di Pulcinella nella comunità degli scienziati: «Le asserzioni favorevoli ai prodotti biologici sono campate in aria e poco convincenti. In tanti anni non ho mai visto un solo studio, con tutti i crismi, su una rivista scientifica internazionale che documentasse i presunti vantaggi del biologico».

Inoltre, «sui prodotti biologici i controlli lasciano a desiderare, molto più che su quelli tradizionali». Per la Confagricoltura (che associa più di mezzo milione di aziende agricole) il responsabile salute Donato Rotundo dice che «qualità e sicurezza alimentare possono essere ottenute in modo del tutto simile nelle due metodologie produttive. Le produzioni biologiche possono dare un vantaggio all’ambiente».

DISACCORDO -
Non tutti ovviamente condividono i risultati raggiunti. Tra i principali antagonisti Peter Melchett, direttore strategico della Soil Association, racconta il suo disappunto alla Bbc: «L’analisi accantona la maggior parte degli studi che paragonano le differenze nutrizionali dei cibi biologici e non. Senza una ricerca di raggio molto ampio è difficile giungere a conclusioni che possano far chiarezza, non considerando il fatto che non esistono studi soddisfacenti sugli effetti di lungo termine che i pesticidi possono provocare nella salute umana».

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