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martedì 29 dicembre 2009

NUCLEARE INCIVILE MILITARE


Energia Vi è un argomento a sostegno del no al nucleare che neppure i più fanatici sostenitori dell'energia atomica contestano: il legame indissolubile tra nucleare civile e nucleare militare.

Attualmente l'esempio più eclatante di questo connubio è rappresentato dallo sforzo di gran parte della comunità internazionale per impedire all'Iran lo sviluppo di un programma di reattori nucleari civili.
Situazione a dir poco kafkiana: Teheran rivendica a ragion veduta e secondo tutte le convenzioni internazionali, la legittimità di tale programma; altri, timorosi della possibile (e probabile) atomica degli ayatollah, minacciano sanzioni e attacchi militari per impedirlo.
A parte l'ipocrisia di chi rilancia il nucleare nel proprio Paese e ha anche l'atomica ma è risoluto a impedire ad altri ciò che esso stesso possiede; a parte la Stella di Davide che urla al pericolo dimenticando (e con Israele tutto l'Occidente) delle sue quasi 200 testate. E del fatto che esse sono al di fuori di qualsiasi controllo internazionale; a parte l'evidente e insostenibile doppio binario nell'approccio al nucleare (vedi bombe Pakistan e India), rimane il fatto che nessuno nega che il nucleare civile è sempre propedeutico al nucleare militare e che - quindi - lo sviluppo diffuso dell'energia atomica civile presuppone quello degli armamenti nucleari, con relativi pericoli di nuove Hiroshima.
Esistono numerosi esempi di Paesi che stanno sviluppando energia nucleare specialmente per via della possibilità di dotarsi di bombe atomiche.
Le regolamentazioni internazionali su cui si regge l'industria civile nucleare - in particolare le regole per i Paesi che partecipano al trattato di non proliferazione nucleare, Tnp - cercano sia di scartare i programmi militari relativi al nucleare che di promuovere "il diritto all'energia nucleare civile" con trasferimenti tecnologici fortemente promossi.
In questo caso la comunità internazionale incoraggia gli Stati firmatari a istituire organismi, utilizzare quelli già esistenti o promuovere studi nell'ambito dell'energia nucleare, non in ultima istanza anche nelle nazioni più povere che non avrebbero mai avuto accesso o interesse all'energia atomica.
Il commercio dell'energia atomica è una decisione che spetta principalmente agli Stati e agli enti pubblici di elettricità.
I conflitti fra blocchi politici o gli ex blocchi della guerra fredda influenzano considerevolmente questo commercio: l'assenza di democrazia e di un'opposizione efficace ne aggravano i rischi associati. La minaccia delle bombe prodotte con combustibile nucleare è sempre presente e il timore della proliferazione sempre più tangibile ora che l'industria nucleare si è stabilita in numerosi Paesi carenti in termini di condizioni infrastrutturali, dove la tecnologia viene utilizzata da aziende private.
Perfino il noto fisico Georges Charpak, a favore del nucleare, si mostra timoroso per quanto riguarda la situazione attuale e ha richiesto controlli internazionali sui rifiuti nucleari per prevenire atti di pirateria.
Non ultimo ricordiamo la vulnerabilità a terrorismo e guerre che di certo non tranquillizza. Perché il nostro governo invece di ululare all'Iran e tacere su Israele non dà il buon esempio rinunciando al nucleare civile e smantellando quello militare?
Sarebbe il rispetto della volontà popolare (referendum antinucleare) e della Costituzione (art.11)
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fonte:verdi.it

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