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martedì 23 giugno 2009

lampadine a incandescenza FUORILEGGE GRADUALMENTE CON BENEFICI PER L'AMBIENTE


Cala il sipario sulle vecchie lampadine a incandescenza (si parte il 1° settembre con le 100 watt). Dopo 130 anni di onorato servizio – dal quel 1879, quando Thomas Alva Edison iniziò a commercializzarle – i bulbi di vetro contenenti un filo di tungsteno stanno per uscire di scena, messi al bando dall'Unione europea. Il motivo è uno solo: sprecano troppa energia. Una ricerca dell'European Companies Federation sostiene infatti che la sostituzione delle lampadine a incandescenza, se fosse realizzata entro il 2015 in tutto il Vecchio Continente, porterebbe alla riduzione di 23 milioni di tonnellate di anidride carbonica, con un risparmio di 7 miliardi di euro. In Italia, invece, la messa "fuori legge" delle vecchie luci permetterebbe di tagliare 3 milioni di tonnellate di CO2 e di risparmiare 5,6 miliardi di chilowattora all'anno, con un beneficio di oltre un miliardo di euro ogni dodici mesi.

Il nostro paese su questo tema si era mosso prima di altri, con un articolo ad hoc della Finanziaria 2008 (il numero 2), che al comma 163 prescriveva «il divieto a decorrere dal 1° gennaio 2011 di importare, distribuire e vendere lampadine a incandescenza». Un provvedimento che suscitò diversi malumori tra le imprese del settore, secondo le quali meglio sarebbe stata un'uscita di scena graduale di questa vecchia tecnologia. Poi lo "stralcio" di quel comma il 14 maggio scorso, quando la Commissione Industria e Senato ha rivisto le date per mandare in pensione le lampadine a incandescenza. Un'azione letta da alcuni come un passo indietro, una volta tanto che l'Italia, proprio su un tema ambientale, si era dimostrata lungimirante.

«Nessun passo indietro – fa sapere Patrizia Di Sano, presidente di Assil, l'associazione nazionale dei produttori d'illuminazione – ma un emendamento indispensabile in quanto il comma 163 dell'articolo 2 della Finanziaria era in palese contrasto con il regolamento 244/2009/Ce, già in vigore dal 13 aprile». Che tradotto significa: c'era una legge italiana in contrasto con una direttiva comunitaria «che anzi non aspetta il 2011 per mandare in soffitta le vecchie lampadine ma inizia a metterle fuori commercio già dal prossimo settembre». Se quindi la Finanziaria dell'ultimo governo Prodi proponeva un'uscita in blocco, anche se fra due anni, delle vecchie lampadine, la correzione di primavera dell'Esecutivo Berlusconi sembra introdurre il principio della gradualità. Ma è proprio così?

«La direttiva punta all'eliminazione progressiva delle vecchie lampadine – sostiene la Di Sano – e questo per consentire ai produttori di sviluppare per tempo tecnologie anche per le lampade di piccola taglia, tutelando allo stesso tempo il consumatore che si sarebbe trovato in difficoltà nella sostituzione di alcune tipologie di lampadine ad incandescenza». Da settembre, quindi, inizieranno a non essere più in vendita le luci con una potenza maggiore o uguale a 100 watt, poi dopo un anno saranno quelle da 75 watt a sparire, nel 2011 le 60 watt fino al blocco totale nel 2016.
Eppure nessuno dei produttori è contro questo cambiamento, almeno a parole. Anche perché la nuova tecnologia, fatta soprattutto dalle lampade fluorescenti compatte, potrebbe essere redditizia per loro. Un vecchio bulbo costa infatti un cifra non lontana da un euro contro i 7-15 euro delle luci di ultima generazione.

«Siamo pronti a questo cambio – racconta Roberto Barbieri, consigliere delegato Osram Spa, che in Italia ha un fatturato di circa 310 milioni di euro – e per noi la scommessa è anche sulle nuove alogene che coniugano un'ottima qualità della luce con un risparmio del 30% rispetto ai modelli del passato». Dello stesso parere Fabio Pedrazzi, direttore affari generali del gruppo Beghelli, che rimarca ancora una volta il tema dell'innovazione: «La sfida sarà migliorare sempre di più questi prodotti, perché le prime lampadine "verdi", qualche anno fa, avevano almeno due problemi: si accendevano lentamente e facevano poca luce, anche se portano a risparmi del 70-80%».
Ma c'è un paradosso: il mondo dell'illuminazione ecosostenibile se da un lato consente di risparmiare sui consumi, dall'altro pone il problema dello smaltimento, visto che le green lamp contengono piccole quantità di materiali tossici come il mercurio, «che con un solo milligrammo – spiegano i ricercatori dell'Università americana di Standford – può comunque contaminare quattromila litri d'acqua». Un problema che non nasconde Paolo Targetti, presidente dell'omonimo gruppo, che l'anno scorso ha chiuso i conti con ricavi a quota 300 milioni: «Se è vero che con queste nuove lampadine limiteremo le immissioni di anidride carbonica – sostiene Targetti – è vero anche che da un punto di vista ambientale il loro bilancio di sostenibilità non è poi così favorevole perché per produrle ci vogliono materiali più inquinanti, dalle polveri fluorescenti al mercurio. Ecco perché secondo noi il vero futuro dell'illuminazione sarà nei led». Peccato che oggi un 7 watt a led, che esprime la potenza di un 35 watt, costi 30-35 euro, «anche se dura 45mila ore, come spiega Aldo Bigatti, direttore Philips Lighting Italia – per una tecnologia che nel prossimo periodo si perfezionerà ancora». E così, forse, l'avventura di Mr. Edison, l'inventore-imprenditore che in vita sua depositò oltre mille brevetti, potrà dirsi definitivamente conclusa.
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