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venerdì 13 agosto 2010

Energia nucleare e CO2: quanto è verde l'atomo?

L'Italia, l'Europa e gli Usa puntano sul nucleare anche per contenere le emissioni di CO2, e così facendo colorano di verde il nucleare. Ma l'atomo è per davvero una fonte di energia elettrica a "zero CO2" come dicono? No! Le sue emissioni sono di molto inferiori a quelle di carbone e petrolio, ma non sono "zero" e neppure le più basse possibili.

IN SINTESI
1) L'energia nucleare non è a "zero emissioni di CO2" come dicono i politici.
2) Il suo impatto in CO2 varia molto in funzione delle tecnologie usate.
3) Il solare potrebbe avere un impatto inferiore, con i dovuti investimenti.
4) L'eolico ha un impatto inferiore, ma la resa è scarsa ed è molto invasivo.



La maggior parte dell'energia elettrica consumata al mondo viene prodotta a partire da fonti fossili: carbone, soprattutto, e poi petrolio e gas. La combustione di carbone e petrolio è la principale causa dell'aumento innaturale dei gas serra (greenhouse gas, GHG) e tra questi, in particolare, dell'anidride carbonica, la CO2: è questo a produrre i cambiamenti climatici che sono diventati il grande tema economico, politico e sociale del XXI secolo? A differenza di qualche anno fa è ormai difficile trovare uno scienziato disposto a negare l'effetto delle attività umane sul clima della Terra.

DALLA CULLA ALLA TOMBA Come si calcola quanto inquina un'attività umana? Analizzando ogni singola fase di quell'attività, da quando era solo un progetto a quando non esisterà più. Per esempio, è corretto pensare che una centrale a carbone emette la maggior parte degli inquinanti in atmosfera durante il suo funzionamento, dal camino, anche se quest'ultimo è dotato di filtri e sistemi di depurazione. Occorre però indagare anche su come sono stati costruiti i filtri e i depuratori, sulla quantità di energia spesa per costruirli e sul tipo di energia usata (ancora da carbone? gasolio? gas?). Quanto hanno inquinato navi e camion per portarli a destinazione dai luoghi di fabbricazione (Germania, Cina, Australia...)? E poi, filtri e depuratori hanno bisogno di ricambi, di sistemi di controllo (sonde e computer) e certamente producono polveri e fanghi che, "catturati" grazie ad apposite tecnologie, devono essere smaltiti: perciò servono contenitori di sicurezza, tute anticontaminazione per i lavoratori, costosi processi di vetrificazione (esattamente come per i fanghi tossici dei termovalorizzatori e per alcuni rifiuti radioattivi).

LA SOMMA DELLE PARTI Il camino stesso e gli edifici della centrale e i serbatoi del vapore, le turbine e gli alternatori, i cavi, le travi in acciaio, le viti e i bulloni... Tutto è stato trasportato e tutto è stato costruito a partire da materie prime estratte da cave (il cemento), miniere (ferro, rame...), pozzi petroliferi (plastiche, olii, solventi...). Anche il carbone per la caldaia della centrale è stato estratto, lavorato e trasportato. Quando infine arriverà il momento la centrale sarà smantellata e fatta a pezzi, ogni singolo frammento trasformato in qualcos'altro: mettete tutto assieme e ottenete un fiume di energia spesa in lavorazioni che, con le loro emissioni, hanno sempre un impatto sull'ambiente.

NON CI SONO PASTI GRATIS Che l'abbia detto un economista degli anni '90, Einstein all'inizio del secolo scorso o un cinese di 4.000 anni fa, il risultato non cambia: tutto quello che "succede" ha un prezzo. Per calcolare quello di un sistema complesso come una filiera energetica occorre uno strumento altrettanto complesso, il Life Cycle Assesment (LCA, "analisi del ciclo di vita"), grazie al quale i ricercatori riescono a frazionare la filiera in ogni suo singolo evento e a valutarlo in termini di impatto ambientale grazie a una "matematica" che consente di convertire ogni processo in "emissioni di CO2 equivalente" (CO2eq). Questa è una misura "relativa", che confronta gli altri gas serra (vapor d'acqua, metano, protossido di azoto, ozono e gas fluorurati) con una uguale massa di CO2.

L'ATOMO E LE ALTRE Valutando ogni input e output di materie ed energia l'LCA dà dunque una valutazione d'impatto ambientale per comparto (consumo risorse, inquinamento acque, inquinamento atmosferico e via dicendo) e riassume tutto in un singolo valore. Qui sotto, una tabella riassuntiva, molto sintetica, delle emissioni in grammi di CO2eq rapportate al chilowattora elettrico (kWhel) prodotto durante l'esercizio commerciale di una centrale elettrica:

# fonti fossili: 600-1.200 grammi di CO2eq / kWhel
# solare fotovoltaico e termico: attorno ai 90 g CO2eq / kWhel
# nucleare: 10-130 g CO2eq / kWhel
# eolico, idroelettrico: 15-25 g CO2eq / kWhel

Questi risultati sono tratti dallo studio Life cycle energy and greenhouse gas emission of nuclear energy: A review, di Manfred Lenzen, PhD in fisica nucleare all'Università di Bonn (Germania) e ricercatore alla Sydney University (Australia), pubblicato su ScienceDirect nell'aprile 2008. Lo studio completo riporta i criteri, i metodi e gli strumenti matematici utilizzati.

LE FORBICI L'ampiezza dei valori riportati nella nostra tabella è giustificata dal fatto che abbiamo voluto fornire valori indicativi piuttosto che dettagli, che nello studio di Lenzen abbondano. Nelle fonti fossili sono accorpati carbone, petrolio e gas, indipendentemente dalle tecnologie di estrazione e dal tipo di centrale, con quelle a gas a ciclo combinato che si avvicinano ai valori minimi. Allo stesso modo, con "nucleare" non abbiamo fatto differenza tra le tipologie di reattori, ma in quella forbice di valori il peso ambientale si avvicina al minimo se utilizza uranio poco arricchito e se per la filiera non è previsto il riprocessamento del combustibile: l'arricchimento dell'uranio e il recupero di elementi della fissione che possono essere riutilizzati sono infatti operazioni costose anche in termini ambientali.

SOLE, ACQUA E VENTO Quanto alle "alternative", non devono sorprendere i costi ambientali del solare, che ha rendimenti ancora bassi e si basa su tecnologie sofisticate e innovative, per le quali le analisi di impatto ambientale andrebbero approfondite per tutte le fasi della filiera, dalla produzione dei componenti ai materiali termovettori, dalle ipotesi di mega-centrali nei deserti del mondo allo smaltimento degli impianti stessi. Tra i sistemi più vantaggiosi sembrerebbe perciò ragionevole puntare in misura maggiore sull'idroelettrico, che tuttavia ha un limite nel potenziale d'acqua disponibile (che in Italia è sfruttato quasi al 100%). Sull'eolico, infine, va detto che ci sono ancora molte questioni aperte, a partire dalla rumorosità e dall'impatto paesaggistico delle grandi centrali, che fanno storcere il naso agli ambientalisti. L'eolico ha però anche un serio problema di rendimento complessivo: per avere una potenza equivalente a quella di una qualunque centrale da 1.000 MW, in una zona adeguatamente ventosa, servono circa 600 torri eoliche da 5 MW (non 200, per compensare l'intermittenza dei venti), alte un centinaio di metri, con pale da 80 metri di diametro e disposte a 200 metri l'una dall'altra. Per quanto promettente, anche questa alternativa alle energie tradizionali ha ancora bisogno di investimenti e ricerca.
fonte: Focus.it

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