IL SISMA devastante che ha colpito il Giappone l'11 marzo scorso poteva essere previsto, in termini almeno generali. E la centrale nucleare di Fukushima avrebbe dovuto essere costruita in modo più sicuro, con ben altre precauzioni, per evitare il rischio di un disastro che ha ormai raggiunto, per stessa ammissione delle autorità giapponesi, il livello massimo di gravità, pari a Chernobyl.
E' un giudizio severo quello del professor Robert J. Geller, sismologo americano presso l'Università di Tokyo, che, in un commento pubblicato su Nature, striglia il sistema di allerta sismico giapponese, a suo parere, tutto da riformare. A partire dalle mappe nazionali delle zone a rischio sismico, basate su dati scientifici obsoleti; e dalla pretesa di fare previsioni a lungo termine usando metodologie fallaci, che portano ad ipotizzare eventi improbabili, come il famigerato "terremoto di Tokai", evocato come imminente da decenni e mai verificatosi.
Geller non è tenero nella sua analisi, partendo dalla premessa che negli ultimi 20 anni alcuni sismologi giapponesi avevano lanciato l'allarme sul rischio di violenti terremoti e tsunami nell'arcipelago, con possibili gravi incidenti nucleari, primo fra tutti quel Katsuhiko Ishibashi, uno dei massimi esperti di scienze della terra, le cui dichiarazioni premonitrici sono state riprese dalla stampa giapponese a caldo, subito dopo il terremoto. Voci rimaste inascoltate. Salco poi ritrovarsi, subito dopo il dramma che ha sconvolto il Giappone e l'intera comunità internazionale, con decine di esperti che dichiaravano ai media l'imprevedibilità di simili catastrofi.
Il modello su cui si basano le mappe di rischio sismico create annualmente dal governo giapponese parte dal presupposto che i terremoti si verifichino seguendo schemi regolari. In base a questo concetto, le zone dove eventi sismici sono considerati maggiormente probabili in Giappone sono tre: Tokai, Tonankai e Nankai. Eppure dal 1979, rileva Geller, i terremoti che hanno causato 10 o più vittime in Giappone si sono verificati invece in zone ritenute a basso rischio, facendo saltare agli occhi l'inadeguatezza di tali strumenti. "Le previsioni di questi modelli non trovano riscontro nei dati effettivi", spiega l'esperto.
Se invece, argomenta il professore nel suo intervento, per valutare i rischi si fossero considerati parametri diversi, dati sismici globali e storici, relativi alla zona di Tohoku - la regione investita dall'ultimo sisma di magnitudo 9,1, colpita già nel 1896 da uno tsunami con onde alte fino a 38 metri - il disastro dell'11 marzo si sarebbe potuto "facilmente prevedere". Non certo con la certezza dell'epicentro, della gravità o del momento in cui ha colpito, ammette lo studioso, ma in termini più generali. "Visto che si sono verificati altri sismi di simile entità nel Pacifico, un terremoto di quella portata poteva essere atteso, ragionevolmente, con una certa probabilità in ognuna delle zone di subduzione - confini convergenti dove si scontrano due placche tettoniche - nel Pacifico", chiarisce ancora il professore.
Questo avrebbe permesso di potere adottare contromisure adeguate, da prendere in considerazione nella progettazione iniziale dell'impianto di Fukushima, che nelle ultime settimane ha rievocato lo spettro della tristemente famosa centrale ucraina.
Geller punta anche il dito contro il "paradosso" Tokai: di un possibile, imminente terremoto in quella zona si è parlato così spesso negli ultimi 30 anni da parte di funzionari governativi o scienziati legati ad enti di ricerca governativi, che è quasi divenuto una realtà nell'immaginario collettivo, invece di uno scenario puramente teorico. Per identificarne i possibili precursori nel 1978 è stata istituita un'apposita legge, che impone all'Agenzia Meteorologica Giapponese un monitoraggio continuo, 24 ore su 24 ogni giorno della settimana, sottolinea il professore, per individuare segnali dell'imminenza del sisma, con un preavviso di ore o di qualche giorno. Una legge che andrebbe ritirata, secondo Geller, perché inutile. E' tempo essere onesti con il pubblico, conclude l'esperto americano, e di ammettere i nostri limiti: quello che siamo in grado di sapere, ma anche il contrario. Tutto il Giappone è a rischio terremoti e, in buona sostanza, si dovrebbe dire alla gente di "prepararsi per l'imprevedibile". Con l'auspicio - è questa la conclusione dell'esperto - che "la ricerca in questo campo in futuro si basi sulla fisica, sia soggetta a revisioni imparziali, e condotta dai migliori scienziati giapponesi, non da burocrati senza volto".
FONTE: http://www.repubblica.it/ambiente/2011/04/13/news/sismologo_usa_previsione_terremoti-14895377/?rss
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