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venerdì 30 aprile 2010

DISASTRO AMBIENTALE: Golfo del Messico, un ecosistema che rischia di scomparire

La macchia di petrolio fuoriuscita dalla piattaforma della Bp affondata la settimana scorsa, e' inarrestabile. L'Ispra calcola che l'80% del greggio si riversera' sulle coste degli Usa, con un danno ambientale incalcolabile. La marea nera, infatti, e' molto piu' vasta di quanto inizialmente immaginato e rischia di provocare il peggior disastro della storia americana, di dimensioni maggiori di quello della Exxon Valdez nel 1989. A rischio centinaia di specie animali.

Le spiagge della Louisiana sono bianche come lo zucchero, vi abitano tartarughe marine, pellicani, aironi, rondini di mare, sterne e piviere che si nutrono delle ostriche di cui sono coperti i fondali. Il mare è pieno di balene e delfini, e anche di tonni e di gamberi su cui si regge l'industria ittica, quella resa famosa dal peschereccio Bubba Gump del film Forrest Gump. Tutto questo patrimonio ecologico rischia di essere annientato da una gigantesca macchia di petrolio spinta da venti a 20 nodi verso le coste e le oasi ambientali del delta del Mississippi, parchi nazionali designati dalla Audubon Society come aree ornitologiche protette: le isole Chandeleur, il Breton National Life Refuge, le Gulf Islands National Seashore in Louisiana e in Mississippi, il Delta National Wildlife Refuge e il Pass-a-Loutre Wildlife Management Area.

L'ecodisastro non poteva arrivare in un momento peggiore, ovvero all'inizio della stagione di riproduzione di tutte le specie ornitologiche e ittiche, alcune delle quali (il tonno e l'airone per esempio) sono a rischio di estinzione in queste zone. La marea nera potrebbe avvolgere e soffocare i nidi delle tartarughe e degli uccelli a riva, e le uova di pesce e le larve che galleggiano sulla superficie del mare. Un danno incalcolabile per l'ambiente.

L'ecosistema del delta, una zona paludosa con 25mila chilometri di coste e dimora per 5 milioni di uccelli migratori, oltre che tartarughe e alligatori, è unico nel suo genere e le conseguenze dell'inquinamento petrolifero potrebbero essere particolarmente disastrose e durature. Questa zona protetta, dove sorgono allevamenti ittici controllati, contribuisce a circa la metà del giro d'affari dell'industria ittica dello stato della Louisiana, 962 milioni su un totale di 1,8 miliardi di dollari.

Il danno è quindi ingente anche per l'industria ittica, per cui il mese di aprile marca l'inizio della stagione di pesca per molte specie. Soprattutto per i gamberi e per il pesce noto come breevortia, impiegato nella produzione di farina di pesce e di olio di pesce. La stagione delle ostriche inizia invece il primo maggio.

Ieri i pescatori di gamberi hanno fatto causa contro la British Petroleum chiedendo 5 milioni di dollari, sostenendo che la contaminazione delle acque del Golfo ha causato e continuerà a causare perdita di reddito per l'industria; alla causa possono unirsi non solo i pescatori ma anche chi verrà danneggiato indirettamente dalla sospensione della pesca di gamberi, dai mercati del pesce ai ristoranti.

Oltre ad essere sede della più grande industria ittica d'America, ad eccezione dell'Alaska e delle Hawaii, la Louisiana conta su un altro miliardo di dollari di reddito dalla pesca sportiva e 5,2 dal turismo in generale. Il danno per il turismo è per ora incalcolabile, ma a rischio non è solo la Louisiana: tutti gli stati che si affacciano sul Golfo - Florida, Texas, Alabama e Mississippi - stanno iniziando a tremare.

La marea nera minaccia anche gli animali, a rischio pellicani, sterne, gabbiani e pesci

Le aree ornitologiche più interessate dall'ondata nera, come spiega una nota, sono quelle delle isole Chandeleur, i litorali del Golfo del Messico in Lousiana e Missisipi, le riserve naturali nazionali del delta del Missisipi. Le specie più vulnerabili sono quelle che nidificano nei pressi della costa o nelle zone umide, come il pellicano bruno, che era appena stato escluso dalla lista statunitense delle specie minacciate di estinzione, diverse sterne, gabbiani, ma anche aironi, ibis, anatre e altre specie come la schiribilla nera americana e il passero delle coste.

A forte rischio anche gli uccelli marini pelagici, che passano larga parte della loro vita nel mare, tra i quali si segnala la fregata magnifica. Allarme anche per gli uccelli migratori come pivieri e piovanelli, che si fermano in gran numero sulle spiagge e sulle isole per riposarsi durante il lungo viaggio che li porta dai luoghi di svernamento in Sudamerica alle aree di nidificazione a Nord nelle foreste boreali e nella tundra artica.

In Florida l'associazione Audobon sta reclutando volontari e predisponendo il suo Centro per gli uccelli rapaci per le operazioni di pulizia e riabilitazione degli uccelli colpiti dal petrolio. ''Per gli uccelli è il momento peggiore - ha affermato Melanie Driscoll, Direttore dell'Audobon - la nidificazione è già iniziata ed essi sono particolarmente vulnerabili in molti dei luoghi sulla costa dove il petrolio potrebbe arrivare. Gli sforzi in atto per fermare l'onda nera sono eroici, ma potrebbero non essere sufficienti. Ci stiamo preparando al peggio, inclusa una vera catastrofe per gli uccelli''.

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