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mercoledì 6 aprile 2011

Amianto : SVILUPPATO NUOVO TEST PRECOCE CANCRO DA AMIANTO

Ricercatori della New York University hanno realizzato un test precoce per il cancro al polmone provocato dall'amianto. L'esame permette di riconoscere le fasi iniziali della malattia identificando alcune proteine prodotte dalle cellule tumorali.

Grazie al test presentato durante il congresso annuale dell'American Association for Cancer Research i ricercatori hanno scovato 15 casi su 19 nei primi stadi di mesotelioma pleurico, il piu' frequente dei tumori maligni collegati all'esposizione a fibre di amianto. Buone notizie: il test e' sensibile all'80% dei casi e non da' falsi positivi. Un passo avanti per migliorare le cure nei confronti di uno dei tumori piu' subdoli che ogni anno provoca nel mondo dalle 15.000 alle 20.000 vittime.

Individuare un paziente in fase 1, ricorda uno degli autori della sperimentazione, Harvey Pass, consente di curare gli unici ''pazienti che sembrano trarre beneficio dalla terapie per mesotelioma'' e che sono solo il 10-15% dei pazienti totali.

giovedì 24 marzo 2011

AMIANTO: Fibre d’amianto nell’acqua “Pericolose per la salute”

Mozione bipartisan in Comune a Reggio Emilia per sostituire le tubature. Un progetto che farà da apripista a tutta la regione. La magistratura chiede ad Arpa di dare un'indagine conoscitiva

La presenza di fibre d’amianto nell’acqua potabile in altissima quantità potrebbe creare problemi alla salute. Lo affermano alcuni studi (non conclusivi) ma c’è chi chiede di prevenire, assicurando la buona qualità, la sicurezza ed i maggiori controlli dell’acqua del rubinetto rispetto a quella minerale in bottiglia. E’ il caso del Comune di Reggio Emilia che fa da a apripista a una questione che sta diventando regionale.

Il caso. “Iren Spa sostituisca con un piano pluriennale che inizi nel 2012 tutte le tubature dell’acqua domestica realizzate in cemento amianto e nel frattempo si avviino indagini per accertare la presenza di fibre ultra corte e ultra fini”. La richiesta, è arrivata all’unanimità dai consiglieri comunali di Reggio. La mozione votata dai rappresentanti di maggioranza di Pd, Idv, Sel e quelli di opposizione Pdl,Lega,Reggio 5 Stelle, Udc ha avuto come primo firmatario il consigliere Ernesto D’Andrea (Pd), nella vita di tutti i giorni avvocato che sta seguendo il “processo Eternit” a Torino per conto di decine di famigliari vittime dell’amianto. Se l’Oms, l’Organizzazione Mondiale della Sanità e l’Agenzia Europea per l’Ambiente hanno finora escluso in maniera conclusiva che le malattie mortali e gravi provocate da amianto (in primis mesiotelioma pleurico ed asbestosi) possano essere derivate dall’ingerimento delle particelle killer , durante il processo sono emersi altri studi che lasciano dubbi da parte di quelle autorità sanitarie.

Lo studio. Nella mozione bi-partisan che ha come primo firmatario D’Andrea si fa riferimento ad esempio ad un particolare studio “ Who. Asbestos and other natural mineral fibres. Environmental Health Criteria, anno 1986, pag. 53” dove D’Andrea ed altri consiglieri spiegano nella mozione che “le fibre di amianto sembrano essere presenti fino a milioni/ litro di acqua (A Reggio pero’ al massimo sono state trovate in 1290 parti per litro al massimo ndr) è vero, inoltre, che vi è incertezza sulla cancerogene rispetto all’amianto ingerito con l’acqua, ma è altrettanto veritiero che non esistono studi sufficienti che escludano con certezza l’insorgenza di tumori maligni”. Si continua inoltre affermando che “ è accertato, diversamente, che nel momento in cui si utilizza l’acqua, contenente fibre di amianto, per l’igiene della casa, l’evaporazione dell’acqua libera fibre di amianto con la conseguenza che l’inalazione delle stesse diviene dannosa per la salute; scrivono, eminenti ricercatori scientifici, come riporta un studio della Regione Toscana, effettuato da G. Fornaciai, M. Cherubini e F. Mantelli (dell’Istituto di Medicina del Lavoro dell’Università di Padova - Unità Ospedaliera di Medicina del Lavoro, presidio Ospedaliero Cremonese Usl 51, Cremona), che le fibre di amianto direttamente ingerite oppure inalate e, quindi, in parte inghiottite, raggiungerebbero gli organi dell’apparato gastroenterico e, penetrandone la parete, svolgerebbero la loro attività cancerogenica risiedendo in loco per decine di anni, così come avviene nel tessuto polmonare”.

Da qui la richiesta oltre che di sostizione graduale delle tubature alla multiutility ,anche di “al fine di accertare quali tipi di fibre di amianto contiene, la percentuale di fibre/litro presenti e, in particolare, la percentuale contenuta di fibre ultra corte e di fibre ultra fini”. Tutto andrà pubblicato sul sito del Comune di Reggio Emilia.

“A Reggio acqua ottima”. C’è da dire che a Reggio Emilia come hanno ammesso diversi studi le qualità calcaree dell’acqua, bloccano moltissimo la diffusione di queste fibre che infatti sono risultate dagli studi effettuati molto al di sotto della soglia limite studiata ad esempio negli Stati Uniti. Da parte sua il Comune, l’Ausl e l’Arpa hanno assicurato la totale bontà dell’acqua di Reggio controllata più volte al giorno, mentre le acque minerali in bottiglia ad esempio hanno controlli rarissimi essendo sotto un diverso regime legislativo. L’assessore alle politiche pubbliche Ugo Ferrari (Pd) spiega che “l’acqua dei nostri rubinetti è controllata e buona come certifano Ausl e Arpa ed a fronte di una prescrizione di legge di 131 controlli, a Reggio ne vengono effettuati 494 da Iren e 309 dall’Ausl su diverse migliaia di parametri. Ed i controlli già effettuati sulla presenza di fibre d’amianto hanno rilevato la presenza di 1290 fibre per litro: una quantità infinitesima, se rapportata al parametro fissato dall’unità nazionale che ha introdotto controlli di questo tipo ed agli standard degli Stati Uniti che fissano il pericolo nella presenza di milioni di unità per litro”. Ferrari spiega poi che “le acque in bottiglia non escludono la presenza di amianto in quanto controlli di questo tipo non sono mai stati fatti mentre noi a Reggio Emilia li abbiamo svolti nonostante la legge non lo preveda”.

La Procura chiede ad Arpa di indagare. La polemica e la mozione approvata a Reggio Emilia hanno innescato l’interesse della Procura della Repubblica di Reggio. Il procuratore capo Giorgio Grandinetti ha aperto un fasciolo ed ha incaricato Arpa di svolgere controlli di polizia giudiziaria come gli compete per legge. L’iter è un atto dovuto a fronte di quanto emerso e la Procura vuole capire la reale pericolosità della presenza di fibre d’amianto nell’acqua che esce dai rubinetti. La stessa Arpa infatti da anni sugggerisce infatti la sostituzione a titolo precauzionale.

La situazione in Emilia Romagna. A Reggio Emilia la sostituzione delle tubature è già iniziata da alcuni anni anche se il 22% delle reti in provincia ed il 35% nel capoluogo per un totale di 294 chilometri è in quel materiale. Come affermano alcune associazioni ambientaliste ed il Comitato Esposti Amianto la situazione non è dissimile nel resto della Regione.

“A Cesena sono presenti 43 chilometri di condotte in cemento amianto; a Reggio Emilia vi sono 294 chilometri di cemento-amianto; in provincia di Bologna i chilometri sono 1650; in tutta la Romagna sono la bellezza di 2.300: è ora di partire con le bonifiche” spiega Davide Fabbri esponente dei Verdi di Cesena. Nel mirino c’è oltre ad Iren Spa, c’è Hera Spa sul versante emiliano di Modena e Bologna e quello romagnolo accusata di “non voler investire sulla manutenzione delle reti”.

“La Regione intervenga in tutte le province”. La questione è arrivata anche sui banchi della Regione Emilia Romagna con una risoluzione depositata mercoledì mattina dal capogruppo del Movimento 5 Stelle Andrea De Franceschi che però punta su due obiettivi, cercando di tutelare l’utilizzo dell’acqua del rubinetto rispetto all’uso delle acque minerali in bottiglia la cui lobby è fortissima, molto più delle stesse multiutilities. “Rifacendosi al principio di precauzione La Regione studi e programmi insieme a tutte le Province nella riforma dei piani territoriali d’ambito, la progressiva sostituzione di tutti i tubi in cemento amianto” chiede De Franceschi ispirandosi alla mozione votata a Reggio da tutto il consiglio comunale.

Il business delle acque in bottiglia. “Al tempo stesso si avvii un processo per migliorare sempre di più e promuovere l’utilizzo dell’acqua del rubinetto a scopi alimentari, prevedere gli stessi controlli presenti per l’acqua delle reti anche per le acque minerali in bottiglia e fare due tipi di studi” continua il consigliere del Movimento 5 Stelle. “ Il primo sui danni sanitari e le ricadute ambientali della produzione e commercio di acqua minerali in bottiglia che contempli fattori come la produzione imballaggi, trasporti su gomma degli imballaggi verso le fonti e poi una volta imbottigliata l’acqua verso centri distribuzione, supermercati ed infine lo smaltimento delle bottiglie in discariche o inceneritori se non vengono differenziati o peggio la dispersione in ambiente”. L’altro studio richiesto è quello “sulla presenza delle microfibre d’amianto nell’acqua”. L’intento è chiaro evitare che le potentissime lobby dell’industria dell’acqua in bottiglia mettano la zampino nella questione. “Bere acqua del rubinetto è una pratica sana che va incentivata e tutto il ciclo delle acque minerali in bottiglia inquina e produce danni alla salute notevoli –spiega Marco Cervino, ricercatore Cnr e membro del Comitato Esposti Amianto di Reggio Emilia – però in base al principio di precauzione dal momento che si tratta di acqua potabile è auspicabile la sostituzione graduale di tutte le reti realizzate in cemento amianto”.

venerdì 17 aprile 2009

Amianto, 500mila i morti annunciati per i primi trent’anni del secolo e A L'AQUILA E NEI COMUNI COLPITI DAL TERREMOTO???

300 bare. 300 nomi. Uccisi, ma non dal terremoto. Dalle case assassine. Costruite rubando sui materiali, rubando sulla sicurezza. Uccisi dall'edilizia selvaggia, da parcheggi sotterranei ricavati erodendo le fondamenta degli edifici. Da chi doveva vigilare e non ha vigilato. Da chi doveva fermare i lavori e non è intervenuto. Da una causa rimasta pendente, da una condanna che non è mai arrivata.
300 cadaveri, disposti in file ordinate davanti al Presidente del Consiglio. 300 altri, disposti alla rinfusa, sotto alle macerie. In Irpinia furono coperti da colate di cemento, per evitare epidemie. Verranno fuori tra duemila anni, come a Pompei.
Nel frattempo, altri se ne andranno. Molto prima, forse tra venti o trent'anni. Quando meno se lo aspettano, implacabilmente, inesorabilmente. Con tutta probabilità, inspiegabilmente.
L'eternit è un materiale isolante fatto con l'amianto. L'amianto è un minerale fibroso, i cui filamenti sono così leggeri da restare in sospensione nell'aria per molto tempo, e sono così piccoli da avere un diametro inferiore a quello che le nostre vie respiratorie sono in grado di filtrare. Basta inalarne uno, uno solo. Poi, non resta che aspettare. Le patologie connesse si sviluppano anche dopo venti o trent'anni. Si chiamano abestosi, mesotelioma, carcinoma polmonare, e sono tutte mortali.
Nei giorni successivi al sisma, i comuni colpiti erano polveriere di calce ed altri materiali finemente triturati. A fine giornata, il sapore di calcinacci e muratura rimaneva nella gola e nei polmoni.
Quanti degli edifici crollati avevano un tetto in eternit? Almeno il 20, 30%. L'aria era satura di amianto.
Dal momento del crollo in poi, ogni respiro a L'Aquila e dintorni è stato una probabile condanna a morte. I sopravvissuti, i soccorritori, i giornalisti, gli operatori, le forze dell'ordine e i parenti accorsi alla disperata ricerca di notizie dei loro cari, ...tutti.

Saranno i prossimi a morire.....

I numeri sono allarmanti: 90.000 morti l’anno secondo la rivista scientifica The Lancet; 500.000 quelli annunciati per la sola Europa nei primi 30 anni del XXI secolo. Eppure non sono bastate queste cifre, terrificanti, per convincere la Commissione europea ad imporre un divieto totale e definitivo sull’utilizzo dell’amianto, la cui pericolosità è legata a una serie di minerali letali per l’essere umano.
Queste sostanze finiscono in decine e decine di oggetti o strutture con le quali ogni giorno veniamo a contatto. Dai freni a disco ai tostapane, dai materiali da costruzione navale agli edifici privati e pubblici (come le scuole). La nocività dell’amianto è stata accertata dal 1906, ma ci sono voluti decenni per convincere alcuni governi a metterlo al bando. E la strada è ancora tutta in salita.
L’u
ltimo colpo di scena risale al 18 e 19 febbraio scorsi. A Bruxelles si doveva decidere per una regolamentazione sull’utilizzo di alcune sostanze chimiche sul mercato europeo (tra cui le fibre di amianto). Francia, Italia, Belgio e Paesi Bassi si sono pronunciati per un’immediata decisione in merito, ma la maggior parte dei rappresentanti degli Stati membri ha votato a favore di una deroga (rifacendosi a una decisione presa nel 2007 da un gruppo di lavoro della Direzione Generale Imprese della Commissione europea per prolungare, appunto, la derogazione sull’amianto). In sostanza: un nulla di fatto che lascia invariata la situazione e fa slittare le decisioni ad un momento ancora da definire.
“La deroga proposta dalla Commissione europea deve passare il vaglio del Parlamento Ue, che ha tempo sei mesi per pronunciarsi” spiega Laurent Vogel, direttore del dipartimento Salute e sicurezza dell’Istituto sindacale europeo. “Di mezzo però ci sono le elezioni europee di giugno. E il rischio è quello di vedere i dibattiti prolungarsi in eterno. Se la deroga dovesse essere concessa, gli Stati membri chiederanno di fare di nuovo il punto della situazione nel 2012″. E visti i tempi della burocrazia europea, “rischiano di pronunciarsi in maniera definitiva non prima del 2015″.

Per Eric Jonckheere, fondatore della Abeva, associazione per sensibilizzare l’opinione pubblica al pericolo dell’amianto, la delusione è stata immensa. “Non posso credere che all’alba del XXI secolo ci siano governi europei disposti a piegarsi di fronte al mondo industriale su una vicenda così grave” ha spiega Jonckheere . “Se questa deroga dovesse passare, ai 500.000 morti annunciati in Europa entro il 2030 se ne aggiungeranno altre decine di migliaia negli anni succesivi”, ha spiegato. “Io e la mia famiglia siamo cresciuti a Kapelle-Op-Den-Bos, dove mio padre lavorava come ingegnere della multinazionale belgo-svizzera Eternit, la stessa che ha mandato al macello i lavoratori di Casale Monferrato, Cavagnolo (Torino), Bagnoli (Napoli) e Rubiera (Reggio Emilia)” sottolinea Jonckheere, e aggiunge “L’amianto dell’Eternit ha spazzato via la mia famiglia”. Le confidenze di Jonckheere a sono preziose, perché illustrano gli effetti devastanti di un prodotto “che non uccide soltanto le persone che lavorano all’interno di una fabbrica, come mio padre, ma anche coloro che vi entrano in contatto. Sebbene non avesse mai lavorato nello stabilimento dell’Eternit, mia madre (morta nel 2000 all’età di 63 anni, ndr) è il primo caso in Belgio di vittima ambientale”. Dopo di lei, sono morti altri due fratelli: “il primo a 43 anni, il secondo un mese fa, 44 anni appena compiuti”.
È proprio il dolore per le perdite dei familiari che ha spinto Eric Jonckheere a fondare un’associazione senza scopo di lucro. “Con Abeva cerchiamo di sensibilizzare non soltanto l’opinione pubblica ma anche la nostra classe politica sui rischi di salute pubblica che l’amianto fa planare sui lavoratori e i cittadini. E cerchiamo di insistere sulla necessità di assistere le vittime di oggi e di domani. Pochi lo sanno, ma in futuro l’asbestosi farà più vittime del tabacco. Ecco perché la deroga che la Commissione europea intende concedere ai gruppi industriali va combattuta”.
La battaglia si annuncia lunga e difficile. Le multinazionali hanno il vento in poppa. “Dow Chemical, Solvay e Zachem possono contare sul supporto di altri tre gruppi industriali, due svedesi e un bulgaro” spiega Vogel. “Purtroppo le attività lobbyistiche hanno ridotto la capacità della Commissione a decidere in maniera indipendente”, come proverebbero anche fonti confidenziali. “Alcuni gruppi hanno speso somme importanti per la ricerca di materiali e di processi di sostituzione all’amianto” si legge tra i commenti rilasciati da esperti della Commissione a rappresentanti della società civile. “Dow (Chemical)” ad esempio, “ha speso 200 milioni di euro. La Commissione può prendere una misura di interdizione se è provato che esiste un rischio” nel caso della produzione di cloro. “Tuttavia, gli Stati, gli industriali e i sindacati sono d’accordo per dire che non vi è alcun rischio”. Non solo. “C’è chi, come Solvay, ha addirittura trovato un’alternativa all’amianto nei suoi stabilimenti americani, ma non in Europa!” tuona Jonckheere. “Oggi questi gruppi approfittano della crisi economica per dire che il passaggio a una produzione pulita costa troppo. Ma i governi non si rendono conto che i costi per curare nei prossimi anni i malati di tumore o di meotelioma saranno nettamente superiori!”.

Quella dell’amianto è una vicenda che dura ormai da troppo tempo. Il primo divieto europeo risale al 1999, quando una direttiva Ue vietò la produzione e l’introduzione sul mercato comunitario delle fibre serial-killer a partire dal 1 gennaio 2005. L’unica eccezione fu quella concessa ai diaframmi utilizzati per la fabbricazione del cloro. Questa deroga, limitata a tre anni (fino al 1 gennaio 2008), doveva essere transitoria, il tempo necessario per i gruppi industriali chiamati in causa di trovare alternative ‘pulite’ al processo di produzione. Da allora, la maggior parte delle multinazionali hanno trovato una soluzione, salvo tre: Dow Chemical (Stati Uniti), Solvay (Belgio) e Zachem (Polonia).
Oggi le prospettive sono torbide. Per Vogel, “gli Stati membri si sono dimostrati troppo compiacenti con il mondo dell’industria. A parte la Francia, appoggiata dal Belgio e dai Paesi Bassi, gli altri, a cominciare da Germania, Regno Unito e Polonia, non hanno fatto nulla per opporsi alla deroga, anzi”. E l’Italia? “Nelle riunioni di dicembre scorso gli esperti italiani mandati dal vostro ministero della Sanità mi sembravano molto incerti, anche perché non erano molto preparati. Da allora, le cose sono cambiate e l’Italia ha sostenuto la Francia”. Ma i conti rischiano comunque di essere salati. Oltre alla deroga sulla produzione e importazione, c’è in ballo la possibilità di introdurre sul mercato europeo materiali contenenti amianto e in uso prima del 1 gennaio 2005. “In questo caso” sottolinea Vogel,la Commissione lascia a ogni Stato membro la libertà di concedere o meno delle deroghe”. Problema: “se la Polonia accetta l’importazione di materiale dalla Russia o dal Canada, ovvero dai due più grandi ‘produttori’ di amianto al mondo, c’è il rischio che questo materiale finisca sul mercato europeo, ivi incluso l’Italia”, spiega Vogel. Il che significa altre vittime supplementari tra i prossimi 20 o 40 anni.

Dal dopoguerra al 1992, anno in cui l’Italia ha deciso di vietare l’amianto, circa 3,7 milioni di tonnellate sono entrate nella composizione di oltre 3.000 prodotti diffusi nel nostro paese. L’effetto è quello di una bomba ad orologeria. Secondo gli pneumologi italiani, ogni anno, nel nostro Paese, 3.000 persone sono uccise da asbestosi (malattia polmonare cronica conseguente all’inalazione di fibre di amianto o asbesto): 1.000 per mesotelioma, 1.500 per tumore pulmonare, gli altri per tumori rintracciati in altri parti del corpo.
Nonostante questi dati, il lavoro da fare sulla via delle restrizioni all’utilizzo dell’amianto sembra ancora in una pericolosa fase di stallo.

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