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giovedì 14 maggio 2009

Riscaldamento globale: le capacità di adattamento dell’uomo e della natura ai cambiamenti climatici si stanno esaurendo


La colonnina del termometro in dieci delle ultime dodici estati è salita ben al di sopra della media registrata nell’arco di cento anni. Quali sono le conseguenze del surriscaldamento del globo? E in particolare quali quelle sulla salute? Un gruppo di scienziati dell’University College di Londra, in collaborazione con la prestigiosa rivista The Lancet, ha effettuato uno studio arrivando alla conclusione che le capacità di adattamento dell’uomo e della natura ai cambiamenti climatici si stanno esaurendo. Ciò significa che, nonostante i progressi della medicina, le barriere contro infezioni, epidemie e malattie appaiono insufficienti.

LA CATENA - L’innalzamento della temperatura determinato dalle emissioni di CO2 ha ricadute allarmanti sull’ecosistema e sulla vita dell’uomo. Nel 2003, ad esempio, nel Nord Europa 30 mila persone sono morte a causa dell’ondata di caldo. Una dato che sembra eccessivamente allarmistico e al limite del catastrofismo ma che i ricercatori di Londra spiegano in modo semplice: la calura mette a rischio il sistema cardiovascolare e respiratorio e i dati confermano che, in modo particolare nelle aree meno abituate all’eccessiva irradiazione, le difese dell’organismo non reggono. Così i decessi, proprio nei periodi di maggiore e più pesante insolazione, aumentano. Il surricaldamento determina una catena di effetti a vari livello: stress, collassi, incidenti.

INONDAZIONI E CIBO – L’instabilità è la causa di inondazioni e uragani o all’opposto di siccità. Ne soffrono l’agricoltura e i raccolti. Il 17 per cento della colture di soia, di riso e di cereali va in fumo per ogni grado in più delle temperature. Già oggi, stimano gli studiosi, dieci milioni di bambini muoiono ogni anno a causa della pessima o insufficiente nutrizione. Le riserve d’acqua potabile si esauriscono (250 milioni di africani sono a rischio entro il 2020, ma il prosciugamento riguarda anche le grandi città del Centro America e persino dell’Europa, a cominciare dalla Catalogna). I numeri sono perciò destinati a modificarsi in maniera drammatica: la metà della popolazione mondiale, entro la fine del secolo, potrebbe essere costretta a fronteggiare «severe carenze di cibo» e gravi problemi di salute. Non solo per il collasso idrico-alimentare nelle zone già povere, ma anche per la progressiva diffusione di virus e di malattie (malaria, salmonella, infezioni intestinali). È un processo naturale, quello delle migrazioni, che, anche a causa dei cambiamenti climatici, si intensificherà. E se non saranno adottate misure sanitarie efficaci provocherà nuove epidemie.

LE SPECIE – Il caldo sta alterando l’ecosistema. Negli ultimi 30 anni il 25 per cento dei vertebrati che vivono sulla terra è stato cancellato. E così pure il 28 per cento delle specie marine. L’estinzione è un pericolo per numerosi animali. E’ un’altra minaccia alla catena alimentare.

NO AGLI ALLARMISMI – Il quadro della situazione è pessimo, ma lo scandalismo e il catastrofismo non servono. È vero che l’uomo sta esaurendo le sue capacità di adattamento alle nuove condizioni, ma non serve cadere nella disperazione. Gli scienziati dell’University College di Londra ritengono che vi siano i margini «per riparare» il disastro ambientale. E la prima sfida da vincere è quella della consapevolezza: dai governi ai semplici cittadini, nei Paesi sviluppati e nei Paesi poveri, tutti devono essere responsabilmente coinvolti in una campagna per la limitazione delle emissioni di CO2 e dunque per la difesa della salute. «È la sfida del ventunesimo secolo».

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