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sabato 6 giugno 2009

Indios contro le esplorazioni petrolifere sulle loro terre amazzoniche.


Lima. Sale il bilancio degli scontri in corso nella zona peruviana della foresta amazzonica tra gli indios e le autorità di polizia. Al momento il totale è di 45 morti, 20 agenti e 25 manifestanti. Gli indios avevano preso in ostaggio almeno 50 persone, fra cui 38 poliziotti; un blitz tentato per liberarli ha portato alla morte di 9 ostaggi e alla liberazione di altri 22, mentre si ignora la sorte degli altri sette. Il bilancio effettivo degli scontri non può comunque essere verificato considerato che in zona, nella provincia di Utcubamba, non vi sono giornalisti indipendenti presenti. Nella zona è stato proclamato il coprifuoco. Gli indios protestano contro le esplorazioni petrolifere sulle loro terre amazzoniche.

Gli scontri sono avvenuti nella zona nota come Curva del Diablo nella provincia di Utcubamba. Il presidente del gruppo di protesta, Alberto Pizango, ha accusato il governo di «genocidio» per aver attaccato dei manifestanti pacifici. Secondo l’attivista, la polizia avrebbe aperto il fuoco e lanciato lacrimogeni contro una protesta non violenta. Il presdiente peruviano Garcia, che ha molto incoraggiato gli investimenti stranieri nel settore petrolifero in questa zona della giungla amazzonica, dal canto suo ha risposto a Pizango accusandolo di essere sceso sul piano «dell’azione criminale, assaltando posti di polizia, rubando armi e uccidendo agenti che stavano solo facendo il loro lavoro». Dall’aprile scorso, gli indios stanno effettuando una serie di blocchi a intermittenza contro strade, oleodotti, condotte idriche chiedendo al governo di rispettare i diritti delle popolazioni autoctone.

GIà AD APRILE 2009 La Rettet den Regenwald, una Ong tedesca, ha lanciato una campagna per proteggere i diritti e la vita di alcune delle tribù di indios "non contattate" che vivono nelle remote foreste nord-occidentali del Perù messe in pericolo dalla società petrolifera anglo-francese, Perenco, che ha avuto dal governo di Lima concessioni che le permetterebbero di invadere i territori ancestrali di questi indios che non hanno praticamente mai avuto contatti con l´uomo bianco e che non sanno di vivere sul più grande giacimento di petrolio scoperto in Perù negli ultimi trenta anni. «Le uncontacted tribù sono i più vulnerabili tra gli esseri umani sul pianeta – dice Rettet - I trattati internazionali garantiscono i loro diritti... ma gli interessi economici del governo peruviano e l´industria petrolifera sono molto più forti». La campagna di Rettet invita tutti a premere sul presidente della Perenco, Francois Perrodo, sul presidente del Perù, Alan Garcia, sul ministro dell´energia e delle miniere e sul presidente della Perupetro, Daniel Saba perché «I diritti delle tribù "non contattate" devono essere rispettati e qualsiasi attività petrolifera, di concessione o agricola sul loro territorio, deve essere proibita». Della vicenda si sta interessando anche "Survival" ed il suo direttore Stephen Corry, dice che «Questa è un´ulteriore prova del fatto che le "non contattate" tribù del Perù stanno diventando un problema sempre più globale. Il governo e le imprese come Perenco devono capire le norme e le regole: è assolutamente inaccettabile che i territori di questi indios possa essere invaso e distrutto, i loro diritti violati, e la loro vita messa in grave pericolo». Il progetto "blocco 67" si basa sulla costruzione di un oleodotto ed impianti da un miliardo e mezzo di dollari per trasportare il petrolio estratto da 14 pozzi dell´Amazzonia peruviana alla costa, gli unici dubbi vengono dalla Perupetro, la compagnia petrolifera di Stato, che sta valutando se investire subito nel progetto mentre il prezzo del petrolio è così basso e l´Opec chiede di tagliare la produzione. La giungla interessata dai progetti della Perenco è un´area nella quale vivono almeno due delle ultime tribù "non contattate" del pianeta e le richieste dell´impresa anglo-francese sono fortemente osteggiati dalla Asociación interétnica de desarrollo de la Selva Peruana (Aidesep) che chiedono alla Commissione Inter-Americana per diritti umani di mettere il veto sul progetto . Ma il clima non sembra dei migliori: il presidente "socialdemocratico", Alan Garcia, ha detto che le tribù "non contattate" sono un´invenzione degli ambientalisti contrari alle prospezioni petrolifere e che vogliono impedire al Perù di trasformarsi da importatore di petrolio in esportatore. Le riserve petrolifere scoperte sarebbero di 300 milioni di barili che potrebbero essere raggiunti dalle trivelle della Perenco già nel 2011 e sfruttati ad un ritmo di 100.000 barili al giorno, con un´invasione del territorio indio da parte di 1.500 operai che si porterebbero dietro un discreto indotto e molte malattie come il raffreddore e l´influenza che sterminerebbero i popoli indios. La vicenda si svolge nella zona frontaliera tra Perù ed Equador dove l´isolamento ha permesso a piccoli gruppi di indios di non entrare i contatto con la "civiltà", decidendo di vivere in modo tradizionale, anche grazie a trattati che garantiscono i loro diritti sui territori. Lo studio di impatto ambientale presentato da Perenco però nega completamente l´esistenza di queste tribù che sfuggono ad ogni contatto dopo aver visto gran parte di loro morire per le malattie portate dai "bianchi" o per i massacri perpetrati dai "coloni". E´ così che alla fine degli anni ´80 è scomparsa la metà dei Nahuas dell´Amazzonia peruviana. La Perenco richiama una legge peruviana che autorizza lo sfruttamento economico «delle terre appartenenti allo Stato ed alle comunità contadine ed indigene». L´atteggiamento del Perù è ben diverso da quello del vicino Equador che nel 1999 ha dichiarato l´area di frontiera "zona intangibile" per proteggere gli indigeni e vieta qualsiasi attività estrattiva nella selva dove vivono le tribù "non contattate". Nella nuova Costituzione "ambientalista" dell´Equador i diritti inalienabili degli indios sono uno degli elementi centrali. L´Equador ha anche avviato un´iniziativa unica al mondo che vieta lo sfruttamento petrolifero nella foresta tropicale, nel parco nazionale Yasuní e nell´area Ishpingo-Tambococha- Tiputini, in cambio di una compensazione finanziaria internazionale.

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