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venerdì 20 marzo 2015

ACQUA: Onu, nel 2030 l'acqua disponibile rischia di diminuire del 40%

Tra 15 anni il Pianeta si troverà ad affrontare un calo del 40% della disponibilità d'acqua, a meno che non venga migliorata in modo significativo la gestione di questa risorsa. L'allarme arriva dal rapporto 2015 'World Water Development' dell'Onu. L'acqua è al centro dello sviluppo sostenibile, si legge nel report presentato stamani a Nuova Delhi, in India. Le risorse idriche e i servizi che forniscono sono alla base della crescita economica, della riduzione della povertà e della sostenibilità ambientale.

Il consumo di acqua è previsto in aumento per via della crescita della popolazione mondiale e della domanda di beni e servizi. L'agricoltura usa già il 70% dell'acqua dolce disponibile, una cifra che sale al 90% nei Paesi meno sviluppati, ed entro il 2050 dovrà produrre il 60% di cibo in più livello globale, il 100% in più nei Paesi in via di sviluppo, si legge nel rapporto Onu. Ecco perché "il settore dovrà incrementare l'efficienza riducendo lo spreco d'acqua e aumentando la produttività delle colture".

I prelievi di acqua dolce per la produzione energetica rappresentano ora il 15% del totale e potrebbero salire al 20% entro il 2035. Per questo serviranno sistemi più efficienti di raffreddamento degli impianti e una crescita delle fonti rinnovabili come eolico, solare e geotermico, prosegue l'Onu, secondo cui la domanda di acqua da parte dell'industria manifatturiera globale aumenterà del 400% tra il 2000 e il 2050.

Il cibo che arriva sulle nostre tavole è fatto anche di acqua, impiegata nella prima parte del processo produttivo, quella meno visibile: la coltivazione e l'allevamento. Ad esempio 250 grammi di pomodori richiedono l'impiego di 50 litri d'acqua. Per produrre un chilo di carne l'acqua gioca un ruolo fondamentale: ne servono 15.415 litri per gli animali allevati al pascolo, il triplo in circuiti intensivi. Per un chilo di pasta, nel mondo si impiegano 1.850 litri d'acqua tra coltivazione, lavorazione e cottura: in Italia la cifra però si riduce a 1.410 litri.
Tuttavia, oltre al consumo idrico per la produzione di cibi, c'è anche quello derivante dagli sprechi alimentari. A fronte di 1,3 miliardi di tonnellate di cibo sprecato ogni anno (un terzo della produzione mondiale), c'è anche un conseguente spreco di acqua pari a 250 km cubi all'anno, l'equivalente del triplo del volume del Lago di Ginevra.

In Italia, la quantità di acqua sprecata a causa del cibo inutilizzato è pari a circa 706 milioni di metri cubi: di questi, spiega Marta Antonelli "circa il 43% è dovuto a spreco di carne, il 34% a cereali e derivati, il 19% a frutta e verdura e il 4% a prodotti lattiero-caseari". L'intera filiera alimentare italiana spreca 1.226 milioni di metri cubi d'acqua, l'equivalente del fabbisogno annuo idrico di 27 milioni di africani.


"C'è già un consenso a livello internazionale sul fatto che l'acqua e i servizi igienico-sanitari siano essenziali al raggiungimento di molti obiettivi di sviluppo sostenibile", scrive Michel Jarraud, a capo di Onu-Acqua e segretario generale dell'Organizzazione meteorologica mondiale. "L'acqua è legata in modo indissolubile a cambiamento climatico, agricoltura, sicurezza alimentare, salute, uguaglianza, parità di genere ed educazione. Questo report - sottolinea Jarraud - è fondamentale per capire il ruolo dell'acqua nell'Agenda post.2015 per lo sviluppo". 

giovedì 14 ottobre 2010

Living Planet Report 2010: Nel 2030 ci vorranno 2 Terre

Se continuiamo a consumare le risorse del Pianeta con i ritmi attuali, nel 2030 ci vorranno le risorse di due ‘Terre’. Lo sostiene il Wwf. La fotografia dello stato di salute del pianeta Terra e’ stata presentata col rapporto biennale Living Planet Report. Nel rapporto si registra una diminuzione del 30% dello stato di salute delle specie globali, con picchi fino al 60%, e con ‘una domanda di risorse naturali che richiede gia’ oggi la capacita’ bioproduttiva di un pianeta e mezzo’.


Consumiamo un pianeta e mezzo, cioè utilizziamo più risorse di quelle che si rigenerano e colmiamo la differenza divorando il patrimonio naturale della Terra. Nel 2030, in assenza di una drastica correzione di rotta, arriveremo ad aver bisogno di due pianeti. Sono i dati contenuti nel Living Planet Report, il rapporto biennale realizzato dal Wwf in collaborazione con la Zoological Society di Londra e il Global Footprint Network. Il volume, frutto di un lavoro di due anni di ricerca, esamina la situazione non dal punto di vista ambientale ma anche economico. Ecco i punti principali.

BIODIVERSITA'. Nell'anno internazionale della biodiversità, a pochi giorni dall'apertura della Conferenza di Nagoya che dovrà decidere le nuove strategie per fermare il tasso di perdita della biodiversità al 2020, il quadro è preoccupante. L'obiettivo della Convenzione sulla Biodiversità, proteggere il 10% di ogni regione ecologica, è stato raggiunto solamente nel 55% delle ecoregioni terrestri. Dal 1966 la pressione umana è raddoppiata, mentre lo stato di salute delle specie globali è diminuito del 30 per cento. Questo 30 per cento è una media tra il miglioramento nella zona temperata (più 29 per cento rispetto al 1979) ottenuto grazie agli sforzi nel campo della conservazione e un declino che ai tropici arriva al 60 per cento.

L'IMPRONTA ECOLOGICA. Per vivere entro i limiti della capacità del pianeta senza compromettere le generazioni future bisognerebbe che ogni abitante del pianeta si accontentasse di 1,8 ettari per ottenere le risorse di cui ha bisogno e per smaltire i rifiuti. Non è così. Se tutti adottassero lo stile di vita di un abitante medio degli Emirati Arabi ci vorrebbero 6 pianeti a disposizione, con lo stile di vita di Stati Uniti, Belgio e Danimarca ce ne vorrebbero 4,5, per Canada e Australia 4. Ma anche l'Italia - osserva il rapporto - non brilla per leggerezza: a ciascun italiano servono infatti ben 5 ettari globali per soddisfare il suo stile di vita, un valore equivalente alla capacità produttiva di 2,8 pianeti, che ci porta al 29° posto della classifica, subito dopo Germania, Svizzera e Francia, ma molto prima dei più virtuosi Regno Unito, Giappone e Cina.

ECONOMIA. La crisi economica che stiamo vivendo s'intreccia con la minaccia di bancarotta ecologica. Sovrappopolazione, sprechi, disattenzione hanno portato a un saccheggio crescente delle materie prime e delle fonti energetiche che oggi hanno un andamento fortemente instabile dal punto di vista dei prezzi e disastroso dal punto di vista ambientale: la depurazione dell'acqua, la fertilità del suolo, la stabilità dell'atmosfera (e quindi del clima) sono servizi gratuiti che la natura offre e che la crescita umana senza controllo sta minando. "I paesi che mantengono alti livelli di dipendenza dalle risorse naturali stanno mettendo in pericolo le loro stesse economie - ricorda Mathis Wackernagel, presidente del Global Footprint Network - I paesi che riescono a garantire la migliore qualità di vita con la minore pressione sulla natura non solo aiuteranno gli interessi globali, ma saranno leader in un mondo dalle risorse sempre più ristrette."

mercoledì 13 ottobre 2010

Nel 2030 ci vorranno 2 Terre


Se continuiamo a consumare le risorse del Pianeta con i ritmi attuali, nel 2030 ci vorranno le risorse di due ‘Terre’. Lo sostiene il Wwf. La fotografia dello stato di salute del pianeta Terra e’ stata presentata col rapporto biennale Living Planet Report. Nel rapporto si registra una diminuzione del 30% dello stato di salute delle specie globali, con picchi fino al 60%, e con ‘una domanda di risorse naturali che richiede gia’ oggi la capacita’ bioproduttiva di un pianeta e mezzo’.


Consumiamo un pianeta e mezzo, cioè utilizziamo più risorse di quelle che si rigenerano e colmiamo la differenza divorando il patrimonio naturale della Terra. Nel 2030, in assenza di una drastica correzione di rotta, arriveremo ad aver bisogno di due pianeti. Sono i dati contenuti nel Living Planet Report, il rapporto biennale realizzato dal Wwf in collaborazione con la Zoological Society di Londra e il Global Footprint Network. Il volume, frutto di un lavoro di due anni di ricerca, esamina la situazione non dal punto di vista ambientale ma anche economico. Ecco i punti principali.

BIODIVERSITA'. Nell'anno internazionale della biodiversità, a pochi giorni dall'apertura della Conferenza di Nagoya che dovrà decidere le nuove strategie per fermare il tasso di perdita della biodiversità al 2020, il quadro è preoccupante. L'obiettivo della Convenzione sulla Biodiversità, proteggere il 10% di ogni regione ecologica, è stato raggiunto solamente nel 55% delle ecoregioni terrestri. Dal 1966 la pressione umana è raddoppiata, mentre lo stato di salute delle specie globali è diminuito del 30 per cento. Questo 30 per cento è una media tra il miglioramento nella zona temperata (più 29 per cento rispetto al 1979) ottenuto grazie agli sforzi nel campo della conservazione e un declino che ai tropici arriva al 60 per cento.

L'IMPRONTA ECOLOGICA. Per vivere entro i limiti della capacità del pianeta senza compromettere le generazioni future bisognerebbe che ogni abitante del pianeta si accontentasse di 1,8 ettari per ottenere le risorse di cui ha bisogno e per smaltire i rifiuti. Non è così. Se tutti adottassero lo stile di vita di un abitante medio degli Emirati Arabi ci vorrebbero 6 pianeti a disposizione, con lo stile di vita di Stati Uniti, Belgio e Danimarca ce ne vorrebbero 4,5, per Canada e Australia 4. Ma anche l'Italia - osserva il rapporto - non brilla per leggerezza: a ciascun italiano servono infatti ben 5 ettari globali per soddisfare il suo stile di vita, un valore equivalente alla capacità produttiva di 2,8 pianeti, che ci porta al 29° posto della classifica, subito dopo Germania, Svizzera e Francia, ma molto prima dei più virtuosi Regno Unito, Giappone e Cina.

ECONOMIA. La crisi economica che stiamo vivendo s'intreccia con la minaccia di bancarotta ecologica. Sovrappopolazione, sprechi, disattenzione hanno portato a un saccheggio crescente delle materie prime e delle fonti energetiche che oggi hanno un andamento fortemente instabile dal punto di vista dei prezzi e disastroso dal punto di vista ambientale: la depurazione dell'acqua, la fertilità del suolo, la stabilità dell'atmosfera (e quindi del clima) sono servizi gratuiti che la natura offre e che la crescita umana senza controllo sta minando. "I paesi che mantengono alti livelli di dipendenza dalle risorse naturali stanno mettendo in pericolo le loro stesse economie - ricorda Mathis Wackernagel, presidente del Global Footprint Network - I paesi che riescono a garantire la migliore qualità di vita con la minore pressione sulla natura non solo aiuteranno gli interessi globali, ma saranno leader in un mondo dalle risorse sempre più ristrette."

venerdì 20 agosto 2010

Earth Overshoot Day: Da domani esaurite risorse annuali Terra. entro il 2050 avremo bisogno dell’equivalente di 2 pianeti per il nostro sostentamento

Domani sara' l'Earth Overshoot Day: in meno di otto mesi l'umanita' avra' gia' consumato tutte le risorse che la natura puo' fornire nell'anno. Dall'acqua ai raccolti, fino al 31 dicembre si ricorrera' alle riserve. Saremo nuovamente "in credito" per produzione di cibo, neutralizzazione delle emissioni di anidride carbonica, ma anche rigenerazione dell'acqua o capacita' di assorbire i rifiuti, che sono solo parte delle cose che la natura ci offre. Lo rileva il Global Footprint Network. Scrive il Global Footprint Network, l’organismo che calcola e diffonde l’impronta ecologica, ossia quanto impatto hanno gli esseri umani sul Pianeta: Oggi l’umanità usa l’equivalente di 1,3 pianeti ogni anno. Ciò significa che oggi la Terra ha bisogno di un anno e quattro mesi per rigenerare quello che usiamo in un anno. Scenari alquanto ottimisti delle Nazioni Unite suggeriscono che se il presente trend della popolazione e del consumo continuasse, entro il 2050 avremo bisogno dell’equivalente di due pianeti per il nostro sostentamento. E naturalmente ne disponiamo solo di uno. Trasformare le risorse in rifiuti più velocemente di quanto questi possano essere ritrasformati in risorse ci pone in una situazione di sovrasfuttamento ambientale, di esaurimento proprio di quelle risorse dalle quali la vita umana e la biodiversità dipendono.

martedì 20 aprile 2010

Amazzonia, proteste contro centrale. Gara d'appalto sospesa, si temono danni a tribu' Arara


Continuano a crescere le proteste contro il progetto di mega centrale idroelettrica Belo Monte sul Rio Xingu', in Amazzonia. L'impianto allagherebbe 500 km quadrati di territorio indigeno e danneggerebbe tutto l'ecosistema della regione. La gara d'appalto per la costruzione della diga e della centrale era fissata per oggi ma lo stesso pm federale ha ottenuto una sospensione, allegando i danni incontestabili che soffrirebbe la tribu' Arara, che dovrebbe essere spostata.
fONE:aNSA

mercoledì 7 aprile 2010

AMBIENTE: AL VIA A ROMA ECOPOLIS, MANIFESTAZIONE SU PRATICHE SOSTENIBILI

Al via la seconda edizione di Ecopolis, la manifestazione internazionale dedicata ai temi dell'ambiente urbano e della sostenibilita' promossa da Fiera Roma e dalla Camera di Commercio di Roma, con il patrocinio del ministero dello Sviluppo Economico, del ministero dell'Ambiente e della Tutela del Territorio e di Unioncamere, e con l'adesione del Presidente della Repubblica.

Durante la due giorni romana, in programma nel Padiglione 10 della Nuova Fiera di Roma il 13 e 14 aprile, si susseguiranno una serie di convegni e conferenze con relatori illustri, esperti del settore di calibro internazionale e delegazioni da tutto il mondo (Usa, Olanda, Cina, Francia, Italia, Spagna).

Per sottolineare la sua missione, quest'anno Ecopolis si svolge in partnership con il Premio Impresa Ambiente, il piu' alto riconoscimento italiano per le imprese private e pubbliche che si siano distinte in un'ottica di sviluppo sostenibile, rispetto ambientale e responsabilita' sociale, quest'anno alla sua quarta edizione.

Significativi i numeri della scorsa edizione: 7.000 visitatori accreditati, piu' di 170 speakers nazionali e internazionali intervenuti a 22 tra convegni, workshop e tavole rotonde, e oltre 150 giornalisti accreditati.

Inoltre per la prima volta si lascera' spazio anche ai piu' giovani, selezionati tra vari istituti superiori e Universita', che avranno la possibilita' di partecipare attivamente al momento di confronto ''Uno davanti a tutti'', nel pomeriggio del 14 aprile, con interventi e domande a ospiti d'eccezione.

Focus della manifestazione i concetti piu' rilevanti della green economy, su cui si confronteranno istituzioni e operatori del settore, aziende e tecnici, portando molteplici contributi ed esperienze concrete di chi lavora ogni giorno per sensibilizzare le imprese sui temi della sostenibilita', adottando pratiche sociali e ambientali responsabili.

Saranno due le conferenze principali di Ecopolis 2010: ''La citta' che mangia'' un excursus sulle modalita' di gestione dei flussi di cibo sul territorio urbano, teso anche ad illustrare gli effetti che le scelte alimentari - private e pubbliche - hanno sulla qualita' e sulla quantita' dei processi di produzione, trasformazione e distribuzione di prodotti e filiere e ''La citta' del Futuro'', un dibattito su architettura e urbanistica sostenibili con relatori internazionali esperti del settore.

mercoledì 30 settembre 2009

Acqua e ambiente : per produrre un litro d’acqua in bottiglia servono altri quattro litri d’acqua e quasi mezzo litro di petrolio.

Gli abitanti di una cittadina australiana del Nuovo Galles del Sud, a 150 chilometri da Sidney, hanno deciso di vietare la vendita di acqua in bottiglia nel loro paese.

“Qualcuno vuol darcela a bere” scriveva Giuseppe Altamore nel 2003 sulla copertina di un libro pioniere del tema. E negli anni successivi l’abbiamo bevuta sempre di più, senza badare troppo ai costi (soprattutto ambientali) della bottiglia di Pet e del suo prezioso contenuto.

Di tutto questo devono essersi accorti gli abitanti di Bundanoon, un paese australiano del Nuovo Galles del Sud, a 150 chilometri da Sidney, dove un’assemblea pubblica ha deciso di vietare la vendita di acqua in bottiglia, che sia minerale o oligominerale, naturale o frizzante.

Ogni anno 81 milioni di litri di petrolio e 600 miliardi di litri di acqua (utilizzati per produrre il polietilene tereftalato, detto Pet) servono a imbottigliare 154 miliardi di prezioso liquido incolore e insapore in tutto il mondo, con ovvie ripercussioni sulla salute del nostro pianeta e dei suoi ecosistemi. In media per produrre un litro d’acqua in bottiglia servono altri quattro litri d’acqua e quasi mezzo litro di petrolio. Per non parlare dell’impatto ecologico dovuto alla distribuzione, spesso in luoghi lontanissimi dalla fonte, con trasporti internazionali o intercontinentali, e al dispendio economico per i cittadini. Poiché un litro d’acqua in bottiglia ci costa più o meno quanto mille litri erogati dal rubinetto.
Passata non molto tempo fa dagli espositori delle nostre farmacie agli scaffali dei supermercati, oggi l’acqua minerale è diventata una merce molto diffusa fra gli Italiani, che ne sono i più accaniti bevitori insieme agli Statunitensi, registrando una crescita esponenziale in tutti i paesi industrializzati e in quelli emergenti, come India e Cina.

Ma l’acqua in bottiglia è più buona, più sicura o solo più attraente? In realtà solo più pubblicizzata.

Sì, perché l’impegno costante delle aziende, che siano multinazionali o locali, è quello di far apparire l’acqua imbottigliata un prodotto indispensabile e più efficace dell’acqua di rubinetto, quasi fosse una medicina per sconfiggere la pressione alta, la cattiva diuresi o altri malanni più o meno gravi. Oppure si fa apparire l’acqua minerale uno status-symbol, come se in bottiglia l’acqua acquistasse quella classe che un famoso detto le nega da troppo tempo.
Eppure l’acqua corrente che arriva nelle nostre case ha spesso proprietà chimico-fisiche migliori rispetto a molte acque minerali, ed è sottoposta per legge a frequenti analisi di controllo.

Sono davvero rare le acque imbottigliate (in prevalenza quelle più mineralizzate) ad avere proprietà leggermente diverse.

Al business delle acque minerali, perciò, rimane solo il vantaggio concreto dato dalla pubblicità.
E se i comuni italiani, seguendo l’esempio di Venezia e New York, promovessero di più la genuinità del loro prodotto? Forse qualcosa potrebbe cambiare nel costume degli Italiani. La speranza è far tornare l’acqua un bene pubblico, a disposizione di tutti i cittadini e ben distribuito sull’intero territorio. Forse provvedimenti meno drastici, ma simili a quello promosso dai consapevoli cittadini di Bundanoon, ne traccerebbero un futuro diverso.
fonte:verdi.it

martedì 18 agosto 2009

Kimberly-Clark: SALVERA' FORESTE CON ECO-CARTA

Dopo anni di campagne internazionali, Greenpeace puo' dichiarare vittoria sulla Kimberly-Clark. La multinazionale, che produce con i marchi Kleenex, Scottex e altri, leader nella produzione di tessuti in fibra di carta in oltre 80 Paesi, ha annunciato oggi l'adozione di standard per l'acquisto di fibre che garantiscono la conservazione delle foreste. In questo modo, riferisce Greenpeace, Kimberly-Clark diventa, con questi standard, uno dei leader della sostenibilita' nella produzione di tessuti in fibra di carta. ''Abbiamo lavorato con Kimberly-Clark - commenta Chiara Campione, responsabile della campagna foreste di Greenpeacee - siamo soddisfatti dei risultati ottenuti. E' un vero piacere dichiarare chiusa questa campagna e ringraziare la Kimberly-Clark''. La multinazionale si impegna cosi' a usare solo fibre vergini certificate e fibre riciclate garantendo al tempo stesso la qualita' della produzione. Cosa che permettera' non solo di proteggere le foreste in pericolo ma anche di aumentare l'uso di carta certificata dal Forest stewardship council (Fsc, lo schema di certificazione di prodotti derivati dal legno) e di carta riciclata. Entro il 2011, rileva Greenpeace, Kimberly-Clark avra' gia' il 40% della sua produzione in nord America certificata da Fsc o riciclata, con un aumento del 71% rispetto ai livelli del 2007 pari a 600.000 tonnellate di fibre. Sempre entro il 2011, Kimberly-Clark non usera' piu' fibre dalle foreste boreali canadesi, a meno che non siano certificate Fsc. ''E' un grande successo - aggiunge Campione - per le foreste dell'emisfero settentrionale che ospitano gli ultimi caribou selvatici e oltre un milione di uccelli migratori, nonche' essere il piu' grande deposito di CO2 del Pianeta pari a 27 anni di emissioni umane''. Kimberly-Clark si impegna anche a promuovere iniziative a favore dell'uso di carta riciclata e a fare una mappatura delle aree forestali protette.

martedì 28 luglio 2009

MARCHIO SOSTENIBILITà : PER LE AREE MARINE PROTETTE CHE RISPETTERANNO L'ECOSOSTENIBILITà UN MARCHIO SOSTENIBILITà

Individuare tutti quei servizi (ricettivi, ristorazione, intermediazione turistica) che qualificano l'offerta delle Aree Marine Protette in termini di sostenibilita' ambientale. Lo prevede l'Accordo di Programma Quadro per l'istituzione di un Marchio di Sostenibilita' per la valorizzazione delle Aree Marine Protette che il ministro dell'Ambiente Stefania Prestigiacomo firmera' domani alle ore 18, presso la sede del Parco del Circeo a Sabaudia. L'accordo, sottoscritto con Confturismo di Confcommercio e Federturismo di Confindustria, potra' essere esteso anche a ulteriori tipologie di servizi, quali ad esempio quelli rivolti alla nautica da diporto e alla subacquea, facendo seguito agli accordi di programma con cui le Amp sono state aperte alla fruibilita' della nautica da diporto e alle attivita' di diving.

Il Marchio, in cui viene raffigurato un delfino, verra' riconosciuto (con una gradazione da uno a tre delfini) sulla base della persistenza di alcuni requisiti, in particolare relativi alla gestione sostenibile delle acque, all'efficienza energetica e all'utilizzo di fonti energetiche rinnovabili, all'utilizzo di sistemi per la riduzione dell'inquinamento atmosferico e acustico, alla gestione sostenibile dei rifiuti, al ricorso a sistemi di mobilita' sostenibile.

Il Marchio punta alla valorizzazione dei prodotti tipici e locali, dell'offerta turistica rivolta in modo privilegiato alle categorie sensibili e svantaggiate (bambini, anziani, disabili), attraverso la formazione continua del personale e la comunicazione alla clientela. Quest'ultima verra' garantita attraverso l'attivazione di un sito internet istituzionale centralizzato, multilingue, presso il quale l'utente potra' direttamente prenotare ed avere informazioni sui Servizi al turismo contrassegnati dal Marchio di qualita'.

''L'istituzione del Marchio di Sostenibilita' pone il nostro Paese all'avanguardia in Europa, e segna un ulteriore passo sulla strada della costruzione di un modello di sviluppo sostenibile - ha dichiarato il ministro Prestigiacomo -, in questo caso nel settore dei servizi turistici e ricettivi collocati vicino o nelle Aree Marine Protette. Ad ulteriore conferma del fatto che la tutela dell'ambiente costituisce una straordinaria opportunita' di crescita per i territori che decidono di puntare su di essa, qualificando la proposta turistica all'insegna del risparmio energetico, del contenimento delle emissioni, dell'adozione di sistemi di mobilita' urbana sostenibile. Una scelta - ha concluso il ministro - che trova riscontro nel gradimento del turista, che da molto tempo decide la meta delle proprie vacanze anche sulla base di questi elementi''.

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