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mercoledì 13 ottobre 2010

scorie nucleari : Edf autorizzata a scaricare in mare e nell’aria 20.000 miliardi di becquerel *di trizio all'anno


Secondo Channelonline.tv, la televisione delle Isole britanniche del Canale della Manica (Channel Islands: Jersey, Guernensey, Alderney ed Herm), «Il governo francese ha dato il via libera a Electricité de France per aumentare la quantità di trizio radioattivo negli scarichi in mare ed aria a Flamanville (Nella foto), sulla costa della Normandia. In futuro i due reattori nucleari di saranno in grado di scaricare altri 20.000 miliardi di becquerel* di trizio all'anno». Edf a Flamanville gestisce il sito del nuovo European pressurised reactor (Epr) che dovrebbe essere operativo nel 2014, lo stesso tipo di reattori su cui punta il nostro governo per il "rinascimento" nucleare italiano.

Gli abitanti delle isole del Canale sono molto preoccupati, ma l'Autorité de sûreté nucléaire (Asn) il 5 ottobre li assicurava che «la soglia massima degli scarichi autorizzati in mare sarà bassa». Il concetto di "basso" sembrerebbe molto elastico: secondo il decreto apparso sul Journal Officiel (la Gazzetta Ufficiale francese) del 22 settembre, al minimo, l'autorizzazione di scarico di trizio in mare passa da 60.000 Gbq (gigabecquerl) a 80.000 all'anno per i due reattori attuali di Flamanville, ma secondo l'Asn il decreto dovrà essere rivisto perché contiene imprecisioni. In un'intervista concessa qualche giorno fa all'Afp dopo una riunione informativa della Commissione locale della centrale di Les Pieux, adiacente a Flamanville, il capo-divisione di Caen dell'Asn, Thomas Houdré, ha spiegato che «Ad esempio il testo, in un diagramma di flussi di attività delle ciminiere, fa riferimento a dei Bq/annno (becquerels all'anno) mentre dovrebbe menzionare dei Bq al secondo. Ma i limiti indicati sono buoni».

La cosa non convince per nulla ambientalisti, pescatori e cittadini visto che, se si comprende l'Epr in costruzione a Flamanville, la soglia passa a 120.000 Gbq, e l'ex eurodeputato Verde francese Didier Anger, denuncia il «Non rispetto della Convenzione Ospar, firmata dalla Francia e mirante a ridurre a zero gli scarichi radioattivi nell'Atlantico del nord». Si tratta della stessa London Convention for the protection of the marine environment of the North-East Atlantic, fermata dalla Francia nel 1998, che i governi autonomi delle piccolo isole inglesi della Manica pretendono che il governo di Parigi rispetti

Ma il decreto francese prevede anche l'eventuale utilizzo di un nuovo tipo di combustibile nucleare ad "haut taux de combustion" (Htc) che dovrebbe portare i limiti, Epr incluso, a 150.000 Gbq/anno, «Sono due volte e mezzo la soglia attuale», fa notare Anger.

Secondo Houdré è tutto a posto visto che «Flamanville è la sola centrale a vedere rivalutati i suoi limiti di scarichi di trizio in mare, finora molto più bassi che in altre centrali e che erano estremamente complicati da rispettare». Et voilà: siccome è complicato, si alzano i limiti e si scarica tutto in mare in violazione di un accordo internazionale!

l'Association de contrôle de la radioactivité dans l'ouest (Acro) fa anche presente che riguardo all'aumento dei limiti degli scarichi di trizio autorizzati nell'aria, più 60% a 8.000 GBq/anno, «E' stato sottostimato il valore scaricato fino ad adesso a Flamanville». Houdré cerca di smorzare la polemica: «Le soglie del trizio sono i soli limiti degli scarichi radioattivi ad essere stati elevati, nel decreto gli altri (carbonio 14, iodio) calano. L'impatto del trizio resta basso riguardo agli altri radioelementi».

In realtà gli esperti e la stessa Asn ammettono che sulla questione non esiste un consenso e lo stesso Houdré ammette che «Una maggioranza di opinioni considera che l'impatto del trizio oggi sia senza dubbio sottostimato». Anger è certo che i limiti sono già stati abbondantemente superati: «I livelli di inquinamento veri di Flamanville sono almeno 150.000 GBq all'anno».

Il trizio in realtà non è un prodotto quasi innocuo come vorrebbe presentarlo Edf: rappresenta un rischio quando di contaminazione radioattiva se viene inalato, ingerito per via alimentare o acqua, o assorbito attraverso la pelle, l'unica cosa "positiva" è che rimane pericolosamente radioattivo per anni "solo" 15 o 20 anni. Niente a paragone delle scorie radioattive e delle oltre 80 tonnellate di plutonio che Areva ha stoccato nel sito nucleare di Cap de la Hague, sempre sulla costa della Normandia, e che resteranno radioattive per milioni di anni.
fonte: http://www.greenreport.it/_new//index.php?page=default&id=7095

*Becquerel
Da Wikipedia, l'enciclopedia libera.

Il becquerel (simbolo Bq) è l'unità di misura del Sistema internazionale dell'attività di un radionuclide (spesso chiamata in modo non corretto radioattività), ed è definita come l'attività di un radionuclide che ha un decadimento al secondo. Perciò dimensionalmente equivale a s-1.

1Bq equivale ad 1 disintegrazione al secondo.

Equivalenze rispetto alle vecchie unità:

* 1 Rd = 106 Bq = 1 MBq
* 1 Bq = 2,7×10-11 Ci = 27 picocurie

Il becquerel deve il suo nome a Antoine Henri Becquerel, che nel 1903 vinse il premio Nobel insieme a Marie Curie e Pierre Curie per il loro pionieristico lavoro sulla radioattività.
Prefissi [modifica]

Come per ogni unità di misura del SI, al Bq possono essere aggiunti dei prefissi. Comunemente sono usati questi multipli: kBq (kilobecquerel, 103 Bq), MBq (megabecquerel, 106 Bq), GBq (gigabecquerel, 109 Bq), TBq (terabecquerel, 1012 Bq), e PBq (petabecquerel, 1015 Bq). Nelle applicazioni pratiche, 1 Bq è un'unità troppo piccola, perciò è frequente l'utilizzo dei prefissi. Per fare un esempio, il potassio naturale, presente nel corpo umano, produce 4.000 disintegrazioni per secondo, ovvero ha una attività di 4KBq.[1] La bomba atomica si Hiroshima, si stima abbia prodotto 8×1024 Bq.[2]

lunedì 4 ottobre 2010

reattore ITER : Accelera la fusione nucleare, fra 15 anni energia dalle stelle


Il professor Francesco Romanelli: «Stiamo lavorando per conseganre al mondo il reattore ITER»

Gli scienziati della fusione nucleare stanno per imprimere un colpo di acceleratore ai loro esperimenti e si pongono un ambizioso traguardo: dimostrare entro il 2026 che i processi energetici del Sole e delle stelle potranno essere utilizzati sulla Terra per alimentare i crescenti bisogni di energia delle nostre società.

Il nuovo impegno, e le tappe per raggiungerlo, ci vengono illustrati dal professor Francesco Romanelli, da quest’anno direttore dell’European Fusion Development Agreement (EFDA), il programma comunitario che coordina i laboratori europei impegnati in studi teorici e sperimentali sulla fusione nucleare. Romanelli, che dirige anche il Joint European Tokamak (JET), attualmente la maggiore macchina per esperimenti sulla fusione, collocata a Culham, in Inghilterra, in questi giorni è fra i protagonisti di Frascati Scienza, un vero e proprio festival che vede sfilare per una settimana, dal 18 al 26 settembre, i grandi protagonisti della scienza nazionale e internazionale, con un fitto programma di conferenze, mostre e visite guidate ai laboratori sparsi nella vasta area scientifica a sud di Roma.

«Ce la stiamo mettendo tutta per accelerare i nostri programmi e consegnare al mondo entro una decina di anni ITER, il reattore che dovrà dimostrare la fattibilità scientifica della fusione nucleare, aprendo la strada ad altri impianti che sfrutteranno la stessa tecnologia per produrre energia elettrica da immettere nella rete», annuncia Romanelli.

ITER, la cui costruzione è già iniziata a Cadarache, in Francia, è un progetto internazionale sottoscritto da Europa, Stati Uniti, Cina, Russia, India, Giappone e Corea del Sud. Quest’anno, dopo una pausa di riflessione dovuta al fatto che i suoi costi di realizzazione sono lievitati, passando da 5 a 10 miliardi di euro, di cui circa la metà a carico dell’Europa (e circa 600 milioni in capo all’Italia), i promotori si sono impegnati a superare gli indugi e ad andare avanti con maggior lena, nella speranza di fornire entro questo secolo un valida soluzione dei problemi energetici planetari, con una fonte di energia praticamente illimitata e relativamente pulita.

La fusione, infatti, sfrutta l’enorme energia che si libera quando nuclei di atomi leggerissimi come il deuterio e il trizio (parenti stretti dell’idrogeno), sottoposti ad elevate temperature, fondono. Il processo, pur essendo accompagnato da una consistente attivazione neutronica dei materiali del reattore, tuttavia non produce rifiuti radioattivi di lunghissima vita (decine di migliaia di anni) tipici degli attuali reattori a fissione nucleare. ITER, spiega il professor Romanelli, si basa sul cosiddetto, «confinamento magnetico» già sperimentato da diverse macchine di piccole e medie dimensioni in vari Paesi, fra cui l’Italia. Una miscela di deuterio e trizio, destinata a essere riscaldata fino a diventare un «plasma» a 100 milioni di gradi, è ingabbiata in una camera di acciaio a forma di ciambella, del diametro di circa sei metri . Poiché nessun contenitore metallico potrebbe resistere, il plasma è tenuto sospeso e stretto in un intenso campo magnetico, generato da potenti bobine, in modo da minimizzare il contatto con le pareti della ciambella.

Romanelli riassume così la cronologia dei prevedibili risultati, ormai a portata di mano: «Il reattore ITER dovrebbe essere completato entro il 2019, quindi iniziare a funzionare, per alcuni anni, con il solo idrogeno, però senza produrre energia di fusione. Nel 2026 sarà introdotta la più efficiente miscela di deuterio-trizio e, l’anno dopo, dovrebbe essere raggiunto il fondamentale traguardo di ottenere 500 megawatt di potenza, cioè dieci volte più energia di quella impiegata per sostenere il processo di fusione che si auto sostiene. Ma non è finita. Il passaggio da ITER a reattori dimostrativi in grado di fornire elettricità, che saranno realizzati parallelamente in diversi Paesi, potrà avvenire rapidamente se la ricerca su ITER avrà, come crediamo, successo e si investiranno sufficienti risorse nello sviluppo dei materiali per il reattore».

Questi risultati, aggiunge lo scienziato, saranno anche il frutto di numerosi esperimenti «di accompagnamento» da attuare in diversi laboratori. La macchina JET, per esempio, che si è già avvicinata alle condizioni di pareggio di potenza, dovrà ripetere nel 2014 questa performance, utilizzando nella camera di contenimento del plasma dei materiali di berillio-tungsteno che poi verranno utilizzati in ITER. Anche in Italia, nei laboratori ENEA di Frascati, è prevista la costruzione di un tokamak che dovrà esplorare il comportamento del plasma in condizioni estreme.

«Sono fiducioso che, poco dopo la metà del nostro secolo, la prospettiva dell’energia da fusione diventerà percorribile, naturalmente se i governi continueranno a sostenerci con convinzione –conclude Romanelli–. Basti pensare che il mercato europeo dell’energia assorbe oggi 700 miliardi di euro all’anno. Mentre alla ricerca energetica, di qualunque tipo, vengono destinati solo 2 miliardi di euro all’anno. Una cifra ben modesta se si considera l’importanza strategica del settore».
fonte: http://www.corriere.it/scienze_e_tecnologie/10_settembre_23/fusione-nucleare-energia-stelle_e793d280-c747-11df-ad8a-00144f02aabe.shtml

giovedì 2 settembre 2010

SCORIE NUCLEARI: in Francia,Trizio nell’acqua del rubinetto


Il “Collectif antinucléaire 84” (“Collettivo antinucleare 84”) è un gruppo anarchico francese operante nella zona di Gard e Vaucluse, sensibile soprattutto alle tematiche della salute (messa a rischio da inceneritori e impianti nucleari). Di seguito la traduzione di un articolo (http://www.fa-30-84.org/news.php?lng=fr&pg=39) del 19 agosto scorso.

Le terrificanti confessioni dei consiglieri

Nel mese di febbraio, a seguito di analisi indipendenti, il “Collectif antinucléaire 84” ha avvertito le autorità della presenza di radioattività nell’acqua di rubinetto di 3 città di Vaucluse, di cui 2 presentavano un tasso anormale (superiore a quello naturale) di trizio, pericoloso per la salute. In aprile, di fronte al mutismo dei consiglieri delle città e delle amministrazioni coinvolte, il “Collectif antinucléaire 84” rendeva pubbliche le sue analisi ed informava la popolazione del rischio del bere l’acqua di rubinetto. L’unica risposta dei sindaci di Carpentras e Mornas in sostanza fu, alla radio e sulla stampa:

non preoccupatevi, è tutto come prima, l’acqua di rubinetto può essere bevuta.

Oggi emerge che quelle frasi rassicuranti non poggiavano su nessun elemento razionale, affidabile o tangibile - al contrario - e che solo il dogmatismo pro-nuclearista o l’incoscienza aveva condotto quei sindaci a simili affermazioni. Il “Collectif antinucléaire 84” aveva immediatamente denunciato questo atteggiamento che considera la gente tanto infantile da accettare qualunque frase ufficiale.
Oggi alcuni documenti "segreti" danno ragione al “Collectif antinucléaire 84”. Nell’ambito di una corrispondenza che avrebbe dovuto rimanere nascosta alla popolazione, il Comune di Carpentras confessa:

riguardo al comune di Carpentras, l’acqua potabile è una competenza trasferita al comitato Rhône Ventoux, che l’ha a sua volta delegata alla SDEI (filiale del gruppo nucleare GDF-Suez). [...] Il Comune di Carpentras non possiede altre analisi tramite le quali confrontare il valore di 8,2 Bq/l. Ho richiesto al comitato Rhône Ventoux di comunicarci i risultati delle analisi relative al trizio sull’acqua proveniente dalla nostra stessa falda. Lo stesso comitato fa riferimento alle analisi dell’ARS....


Così si torna al punto di partenza: tutti fanno riferimento alla stessa fonte, e nessuno è competente né responsabile! Davanti a una tale situazione, il “Collectif antinucléaire 84” ha interpellato con una lettera i Prefetti della Regione e di Vaucluse, il 20 luglio, chiedendo loro di applicare il principio di precauzione:

Come sapete, anche la minima dose di radioattività ha effetti nocivi sulle reauture viventi e sulla salute e non esistono norme internazionali in materia che provino l’innocuità dell’esposizione alle radiazioni delle popolazioni e della catena alimentare... allo stato attuale delle conoscenze, sappiamo che le patologie indotte non si limitano al cancro e si estendono alle patologie del sistema nervoso e alle malattie cosiddette ereditarie dovute agli effetti mutageni del trizio... Noi vi chiediamo quindi di applicare senza indugio o scrupolo per quelli che potrebbero essere gli interessi economici dell’industria, in particolare quella nucleare: il principio di precauzione e di protezione dei lavoratori e della popolazione implica l’arresto immediato della produzione di Trizio e di ogni altro radioelemento, e che si portino avanti analisi sistematiche delle acque distribuite attraversi i rubinetti, della catena alimentare e delle colture locali e regionali, al fine di determinare la presenza di radioattività artificiale (Alpha, Beta, Trizio).


E lì ancora una volta: imbarazzo e silenzio ufficiale. Ed anche disprezzo delle popolazioni. L’influenza della lobby nucleare e dei suoi affiliati sui consiglieri e sulle istituzioni, tanto al livello locale quanto a quello regionale e nazionale, è una minaccia concreta per la democrazia e la salute, che sottomette la popolazione all’arbitrio e alla menzogna.
[...] Il “Collectif antinucléaire 84” invita la popolazione e gli operatori del settore nucleare a rifiutare di servire da cavie ai dogmi degli scienziati nucleocrati, ad esigere l’arresto immediato del nucleare.
FONTE: http://www.agoravox.it/Nucleare-in-Francia-Trizio-nell.html

mercoledì 14 luglio 2010

scorie nucleari : Scorie e trizio, le pene del nucleare Usa


Robert Alvarez, un ex funzionario del Dipartimento dell'energia Usa, ha rianalizzato i rapporti pubblicati dall' Energy department negli ultimi 10 anni ed ha scoperto che le scorie dei siti di produzione di plutonio sarebbero molte di più di quanto ha riportato ufficialmente l'agenzia. I siti messi sotto accusa da Alvarez comprendono impianti importanti come Hanford, Idaho National Engineering Laboratory e Savannah River site. Anche se non esisterebbe una minaccia radioattiva immediata i problemi potrebbero presentarsi in futuro. Per ora le scorie sarebbero in sicurezza ma, visto che il dimezzamento della vita del plutonio é di 24.000 anni, il problema potrebbe presentarsi con una infiltrazione nel suolo e nei fiumi.

Il Dipartimento dell'energia ha assicurato che "ripulirà" le scorie radioattive, ma il compito sembra essere ancora più complesso dopo le rivelazioni di Alvarez. Il plutonio negli Usa è stato prodotto per la prima volta durante la Seconda Guerra Mondiale, solo nel 1996 il dipartimento dell'energia ha reso noti i dati sulla sua produzione e sull'utilizzo e smaltimento. Sono proprio questi i dati che Alvarez oggi dice che sono stati pesantemente sottostimati.

Un'altra grossa grana per il "rinascimento" nucleare statunitense viene dalla centrale nucleare di Pilgrim, in Massachusetts, appartenente all'Entergy Nuclear Operations, un comunicato della Nuclear Regulatory Commission Usa (Nrc) sottolinea che «Elevati livelli di trizio, un isotopo radioattivo, sono state rilevati in uno dei nuovi pozzi di monitoraggio delle acque sotterranee presso la centrale nucleare di Pilgrim».

Il prelievo è stato effettuato il 21 giugno dal personale della Pilgrim in uno dei 12 pozzi di monitoraggio, dopo i livelli di trizio sarebbero calati entro i limiti federali per l'acqua potabile (20.000 picocuries per litro), ma la notizia è stata data comunque perché è una questione di pubblico interesse. Il problema è che i livelli di trizio presenti sono in costante aumento da maggio.

Il pozzo dove è stato individuato un livello di trizio di 11, 072 picocuries per litro si trova vicino al serbatoio dell'acqua di condensa che stoccata per l'impiego nel reattore nucleare.

Il portavoce della Pilgrim, David Tarantino ha detto che «Nonostante i livelli aumentati di trizio individuati nei campioni prelevati il 17 maggio, l' 11 giugno e il 21 giugno , non c'è nessuna minaccia per l' acqua potabile pubblica. Non c'è contatto con l'acqua potabile. Questo non pregiudica in alcun modo la salute e la sicurezza pubblica , ma certamente vogliamo scoprirne la causa».

Per questo la Entergy ha messo insieme un team di tecnici della centrale, ingegneri e altri specialisti ed ha aumentato la frequenza dei test soprattutto sul lato mare della centrale. I test sono proseguiti tra il 30 giugno e il 7 luglio.

«Abbiamo aumentato la frequenza dei test da trimestrale a settimanale», ha detto Tarantino, ma qualcosa non convince, visto che vengono annunciati altri cambiamenti e che si sta pensando di scavare altri pozzi di controllo. Il team ha anche prelevato campioni di acqua dell'oceano, dai tombini e dalle zone di drenaggio delle acque piovane. Forse le preoccupazioni della Entergy stanno tutte in una frase che si legge in un rapporto della Nrc: «Tutte le informazioni che sono raccolte saranno presentate al' Atomic Safety Relicensing Board che sta studiando il rinnovo della licenza di Pilgrim».

Le rassicurazioni non rassicurano per niente gli ambientalisti: Mary Lampert, fondatrice di Pilgrim Watch, è convita che bisognerebbe monitorare più costantemente le possibili fonti di inquinamento vicino alla centrale, con più campionamenti ravvicinati e più pozzi di monitoraggio.

Anche Arnie Gundersen, un esperto nucleare che studia le perdite trizio della centrale nucleare di Vermont Yankee, anche questa della Entergy pensa che siano necessari più pozzi.

Gundersen, ingegnere capo alla Fairewinds Associates, è stato nominato dal presidente del Senato del Vermont in un comitato di controllo pubblico della centrale di Yankee ed è stato uno degli esperti chiamati ad esprimere un parere durante le audizioni per il rinnovo della licenza della centrale nucleare di Lampert, secondo lui «E' insufficiente avere dei pozzi di monitoraggio a 600 piedi di distanza, quanto sono a Pilgrim.

"Le radiazioni possono trovarsi tra i pozzi monitorati e loro non possono sapere che c'è una perdita da molto tempo . Non saranno in grado di capirlo fino a quando non trivelleranno più pozzi».
fonte: greenreport.it

giovedì 18 giugno 2009

ITER : Fusione nucleare, costi RADDOPPIATI e tempi più lunghi del previsto PER IL progetto internazionale ITER


Viene paragonato a un frammento di Sole racchiuso in una bottiglia che, almeno si spera, dovrebbe dare energia illimitata. Questa è l’immagine più semplice ed efficace per fare capire qual è l’obiettivo di «Iter», il megaprogetto di un prototipo di reattore a fusione nucleare con cui si vorrebbe ricreare, in uno speciale contenitore, lo stesso tipo di energia delle stelle. Un progetto ambizioso, a vasta partecipazione internazionale, che ripropone in chiave moderna il mito di Prometeo, il donatore del fuoco perpetuo al genere umano. Ma come l’infelice storia di Prometeo, anche quella di Iter corre il rischio di trasformarsi in un tormentone. Proprio mentre a Mito, in Giappone si sono riuniti i rappresentanti dei sette Paesi che hanno dato vita alla grande collaborazione scientifica (Stati Uniti, Unione Europea, Russia, Cina, Giappone, India e Corea) per fare il punto sullo stato dei lavori, la Bbc ha ripreso alcune indiscrezioni sulla preoccupante lievitazione dei costi del progetto e sui ritardi che potrebbe accumulare.

COSTI E TEMPI- I costi complessivi del progetto ITER sarebbero passati dalla previsione iniziale di quasi 5 miliardi di euro formulata nel 2001 a oltre 10 miliardi; i tempi di accensione del prototipo sarebbero slittati in avanti di alcuni anni, dal 2018 al 2025; e quanto alla speranza di arrivare a una filiera operativa di centrali a fusione nucleare, non si parlerebbe più di qualche decennio ma addirittura di un secolo. Il comunicato ufficiale uscito dalla riunione giapponese non fa cenno a questa sfilza di preoccupazioni e il direttore generale del progetto, il giapponese Kaname Ikeda, si limita a parlare genericamente della messa in opera di «un nuovo modello di cooperazione globale sotto agli occhi del mondo intero», e della sua fiducia che siamo «nella strada giusta per dimostrare che la fusione nucleare è una fonte di energia senza limiti e sicura». Ma le preoccupazioni diffuse dalla Bbc sono state confermate a Corriere.it dal professor Romano Toschi, che è il rappresentante italiano del Ministero della Ricerca Scientifica presso il Comitato consultivo Europeo sulla Fusione (CCFU): «Sono io stesso l’autore dell’ultimo Rapporto sui costi e posso precisare che, a causa soprattutto degli aumenti delle materie prime, calcoliamo che solo il contributo europeo alla realizzazione della macchina passerà dai circa 2,5 miliardi di euro a 5. E poiché l’Europa deve coprire circa il 45% della spesa, si può dedurre a quanto ammonterà il costo totale».

IL SITO - In conseguenza degli aumenti anche la quota di partecipazione italiana è destinata a raddoppiare, passando da circa 300 a 600 milioni di euro, almeno la metà dei quali, tuttavia, dovrebbero rientrare sotto forma di commesse alle nostre industrie che contribuiranno a costruire i vari pezzi della macchina. Il maggiore onere economico in assoluto sarà a carico della Francia che si è aggiudicata, in cambio, l’assegnazione del sito in cui sorgerà l’impianto. Si tratta di Cadarache, una sessantina di km da Marsiglia, dove, in un’area di 400 mila metri quadrati, sono già iniziati i lavori che ospiteranno il reattore e tutte le infrastrutture accessorie.

LA «BOTTIGLIA» - Quanto alla «bottiglia» in cui dovrà essere riprodotto un pezzettino di Sole, essa sarà costituita da un contenitore a forma di ciambella, un tokamak per usare il gergo dei fisici. Al suo interno un plasma di deuterio e trizio (due parenti stretti dell'idrogeno), tenuto sospeso da un intenso campo magnetico, sarà portato fino a temperature di 100 milioni di gradi. In queste condizioni fisiche i nuclei atomici di deuterio e trizio saranno forzati a incollarsi l'uno all'altro, avviando la reazione di fusione nucleare. Il processo darà luogo alla formazione di neutroni altamente energetici che libereranno il calore necessario al funzionamento di una turbina a vapore per la generazione di elettricità. Nei tanti tokamak realizzati finora il processo di fusione è durato solo una manciata di secondi, poi si è arrestato a causa di forti turbolenze. Iter dovrebbe riuscire a governare meglio il plasma per poter accendere e spegnere il processo di fusione secondo le necessità.

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