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venerdì 12 novembre 2010

Incidenti nucleari : Usa 640 galloni di acque radioattive nel fiume Mohawk


Il Department of environmental conservation (Dec) Usa ha reso noto che ad ottobre almeno 640 galloni di acque reflue contaminate fuoriuscite dal Knolls atomic power laboratory (Nella foto) sono finite attraverso uno scarico nel fiume Mohawk. L'acqua contaminata conteneva cesio 137, stronzio 90, uranio e plutonio e il Dec ha spiegato che è finita nel fiume per lo straripamento di un canale sotterraneo drenante

Il portavoce regionale del Dec, Rick Georgeson, ha spiegato al Times Union di Albany (New York) che «L'acqua proveniente dal drenaggio è stata causata dalle forti piogge del 25 ottobre presso il sito di River Road, dove è in atto il cleanup dell'inquinamento lasciato dalla ricerca sulle armi nucleari all'era della Guerra Fredda, che è in corso dal 2008».

La conferma dell'incidente è avvenuta però solo due settimane dopo, l'8 novembre, e naturalmente, come succede sempre in questi casi, Georgeson ha detto che la sversamento non ha presentato alcuna minaccia immediata per la salute pubblica. «Tuttavia - scrive il Times Union - gli elementi contenuti nella fuoriuscita sono noti agenti cancerogeni». Inizialmente i funzionari della Knolls si erano rifiutati di rispondere alle domande dei giornalisti, solo quando l'incidente non era più negabile hanno accettato di rispondere per iscritto alle domande del Times Union .

Secondo quanto si legge in una citazione emessa il 3 novembre dal Dec contro la Knolls per violazione del Clean Water Act degli Stati Uniti. gli stessi funzionari del laboratorio nucleare hanno detto al Dec che «La composizione esatta dello scarico in questo momento è sconosciuta». Nonostante tutto e l'ammissione dell'8 novembre, fino ad ora non si ha notizia di sanzioni all'impianto nucleare.

L'incidente sembra sia stato causato da un guasto ad una pompa elettrica e lo sversamento sarebbe andato avanti per almeno 3 ore ed è avvenuta sul lato ovest dell'area della Knolls, che appartiene alla General Electric. e dove due anni fa è iniziata la bonifica del suolo radioattivo, che copre circa un quinto dei 170 acri su cui sorge l'impianto, lungo il fiume Mohawk, tra cui due edifici, G2 e H2. La struttura risale agli ‘50, quando il governo federale Usa faceva ricerche sulle armi nucleari delle quali l'America sta pagando oggi un carissimo prezzo economico e per i rischi alla salute e all'ambiente. L'impianto è rimasto in attività solo 3 anni ed è stato chiuso nel 1953, le attività riguardavano il recupero di uranio e plutonio dal combustibile nucleare esaurito. L'impianto nucleare è diviso in tre sezioni: il livello superiore, che è vicino agli edifici G2 e H2, il livello inferiore, che comprendeva un parcheggio e un'area per le spedizioni ferroviarie, e il settore nord, che è stato utilizzato per stoccare i liquami radioattivi.

Nel dicembre 2007, il Dipartimento dell'energia Usa ha affidato un contratto da 69 milioni dollari per la bonifica del sito al Washington group international e i lavori sono iniziati nel settembre 2008. Nell'aprile 2009, il governo federale ha annunciato altri 32 milioni dollari, provenienti dai finanziamenti per stimolare l'economia, il pacchetto approvato da Obama, per contribuire a pagare per la bonifica.
FONTE: http://www.greenreport.it/_new/index.php?page=default&id=7580

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martedì 26 ottobre 2010

SCORIE NUCLEARI: Il mare nucleare della Scozia. Spiagge contaminate e un Rov a caccia di hotspot radioattivi sui fondali


All'inizio di agosto il pontone "Mothership" ancorato a a 550 metri al largo della centrale nucleare di Caithness a Dounreay, in Scozia, ha calato un Remotely operated vehicle (Rov) delle dimensioni di una piccola ruspa che ha già trovato 279 "particles", o hotspot, di cui 40 considerati a un rischio "significativo" per la salute. Negli ultimi due mesi sono stati recuperati 255 hotspot.

Il robot sottomarino lavora 24 ore su 24, assistito sul pontone da 22 lavoratori, ed ha fino ad ora esaminato quasi tutti i 31 acri di fondale previsti per le tre campagne estive, un'area grande quanto 17 campi di calcio. La ricerca, che continuerà anche questo mese, fino ad ora è costata 1 milione e 500 mila sterline, senza comprendere il costo del Rov che è di 800 mila sterline. In tutto si prevede di indagare su 40 acri di fondali (100 ettari).

Un portavoce di Dounreay ha spiegato a "The Scotsman": «Sappiamo che non è realistico aspettarsi di recuperare ogni singola "particle " che è stata rilasciato. Tuttavia, nell'ambito della bonifica del sito, stiamo facendo il massimo sforzo possibile per recuperare il maggior numero delle "particle " più pericolose».

Nel 2009, in un'operazione minore svolta su 118 acri di fondale marino, sono state recuperate 115 "particelle" di Cesio 137, tra cui 28 reperti considerati "significativi", provenienti dalle barre di combustibile nucleare ritrattato, residui che sono finiti tranquillamente negli scarichi liquidi a mare per quasi 30 anni, finendo anche sulle spiagge di Dounreay. E' da oltre un quarto di secolo che i frammenti di combustibile nucleare irraggiato scaricato in mare negli anni '60 e '70 davanti a Dounreay stanno causando una forte preoccupazione, ma la dimensione e la gravità del problema sono venute fuori solo alla fine degli anni '90, dopo un'indagine svolta dall' UK Atomic energy authority. Le "particles" vennero rimosse dalle spiagge, ma nessuno indigo du cosa aveva scaricato la centrale nucleare sul fondo del mare. Subito si pensò addirittura di utilizzare dei subacquei per mappare l'area più inquinata e rimuovere il materiale radioattivo, ma poi si capì che era troppo pericoloso.

Solo nel 2007, dopo una consultazione in due anni, è stato si è deciso di rimuovere i materiali più pericolose in mare aperto, intanto si è continuato a bonificare le spiagge recuperando le "particles". Il Rov che sta setacciando i fondali al largo di Dounreay e un "tracked seabed crawler" basato sulla tecnologia svioluppata dall'industria d petrolifera/gasiera offshore, é dotato di un "7ft-wide detection system" capace di trovare frammenti di materiale radioattivo fino a due piedi sotto i sedimenti. Gli "hotspots" vengono stoccati in due tank, per poi venire riportati in superficie sul pontone che li porta alla centrale nucleare per analizzarli.

Nell'area interessata dalle ricerche ci dovrebbero essere almeno 700 "particles" radioattive, 200 delle quali sarebbero ad alto rischio per la salute umana. Secondo le cifre ufficiali, negli anni passati sono stati recuperati dai fondali marini davanti alla centrale di Caithness 1.100 campioni radioattivi e ne sono stati ritrovati altri 400 ritrovati in secche e banchi in mare aperti.

Il lavoro fa parte della dismissione della vetusta e pericolosa centrale di Dounreay che richiederà altri 15 anni ed un costo complessivo valutato fino ad ora in 2,6 miliardi di sterline. La Bbc sottolinea che i contribuenti britannici stanno pagando milioni di sterline solo «per correggere gli errori nucleari del passato».

Bill Thomson, del Dounreay site restoration limited (Dsrl) è incaricato dell'intera operazione di bonifica e spiega a Bbc Scotland: «E' stata un'operazione storica che era stata rappresentata come perfettamente accettabile al tempo in cui è stata realizzata. Le cose cambiano, abbiamo trovato questa roba e abbiamo deciso che dovevamo fare qualcosa al riguardo. Il pubblico ha deciso che dovevamo fare qualcosa di "fine", che è quello che facciamo». Il recupero del materiale radioattivo deve fare i conti spesso con le pessime condizioni del mare di Pentland Firth che limitano il tempo disponibile per le attività di recupero .

Intanto a terra continua lo smantellamento della centrale nucleare e niente, nemmeno la cupola che era diventato un elemento "storico" e cospicuo del paesaggio, rimarrà in piedi, «Gli esperti - sottolinea la Bbc - dicono che il rischio di radiazioni nucleari è troppo grande per consentire l'accesso del pubblico per i prossimi 300 anni».

Mentre succede tutto questo in Gran Bretagna molti continuano a dire che il nuclear fast reactor programme è stato un grande successo, ma ora i costi e i rischi lasciati in eredità da quel progetto abbandonato sono molti di più di quelli che avevano immaginato i suoi progettisti ed i politici che lo hanno reso possibile.
FONTE: http://www.greenreport.it/_new//index.php?page=default&id=6940

mercoledì 14 luglio 2010

scorie nucleari : Scorie e trizio, le pene del nucleare Usa


Robert Alvarez, un ex funzionario del Dipartimento dell'energia Usa, ha rianalizzato i rapporti pubblicati dall' Energy department negli ultimi 10 anni ed ha scoperto che le scorie dei siti di produzione di plutonio sarebbero molte di più di quanto ha riportato ufficialmente l'agenzia. I siti messi sotto accusa da Alvarez comprendono impianti importanti come Hanford, Idaho National Engineering Laboratory e Savannah River site. Anche se non esisterebbe una minaccia radioattiva immediata i problemi potrebbero presentarsi in futuro. Per ora le scorie sarebbero in sicurezza ma, visto che il dimezzamento della vita del plutonio é di 24.000 anni, il problema potrebbe presentarsi con una infiltrazione nel suolo e nei fiumi.

Il Dipartimento dell'energia ha assicurato che "ripulirà" le scorie radioattive, ma il compito sembra essere ancora più complesso dopo le rivelazioni di Alvarez. Il plutonio negli Usa è stato prodotto per la prima volta durante la Seconda Guerra Mondiale, solo nel 1996 il dipartimento dell'energia ha reso noti i dati sulla sua produzione e sull'utilizzo e smaltimento. Sono proprio questi i dati che Alvarez oggi dice che sono stati pesantemente sottostimati.

Un'altra grossa grana per il "rinascimento" nucleare statunitense viene dalla centrale nucleare di Pilgrim, in Massachusetts, appartenente all'Entergy Nuclear Operations, un comunicato della Nuclear Regulatory Commission Usa (Nrc) sottolinea che «Elevati livelli di trizio, un isotopo radioattivo, sono state rilevati in uno dei nuovi pozzi di monitoraggio delle acque sotterranee presso la centrale nucleare di Pilgrim».

Il prelievo è stato effettuato il 21 giugno dal personale della Pilgrim in uno dei 12 pozzi di monitoraggio, dopo i livelli di trizio sarebbero calati entro i limiti federali per l'acqua potabile (20.000 picocuries per litro), ma la notizia è stata data comunque perché è una questione di pubblico interesse. Il problema è che i livelli di trizio presenti sono in costante aumento da maggio.

Il pozzo dove è stato individuato un livello di trizio di 11, 072 picocuries per litro si trova vicino al serbatoio dell'acqua di condensa che stoccata per l'impiego nel reattore nucleare.

Il portavoce della Pilgrim, David Tarantino ha detto che «Nonostante i livelli aumentati di trizio individuati nei campioni prelevati il 17 maggio, l' 11 giugno e il 21 giugno , non c'è nessuna minaccia per l' acqua potabile pubblica. Non c'è contatto con l'acqua potabile. Questo non pregiudica in alcun modo la salute e la sicurezza pubblica , ma certamente vogliamo scoprirne la causa».

Per questo la Entergy ha messo insieme un team di tecnici della centrale, ingegneri e altri specialisti ed ha aumentato la frequenza dei test soprattutto sul lato mare della centrale. I test sono proseguiti tra il 30 giugno e il 7 luglio.

«Abbiamo aumentato la frequenza dei test da trimestrale a settimanale», ha detto Tarantino, ma qualcosa non convince, visto che vengono annunciati altri cambiamenti e che si sta pensando di scavare altri pozzi di controllo. Il team ha anche prelevato campioni di acqua dell'oceano, dai tombini e dalle zone di drenaggio delle acque piovane. Forse le preoccupazioni della Entergy stanno tutte in una frase che si legge in un rapporto della Nrc: «Tutte le informazioni che sono raccolte saranno presentate al' Atomic Safety Relicensing Board che sta studiando il rinnovo della licenza di Pilgrim».

Le rassicurazioni non rassicurano per niente gli ambientalisti: Mary Lampert, fondatrice di Pilgrim Watch, è convita che bisognerebbe monitorare più costantemente le possibili fonti di inquinamento vicino alla centrale, con più campionamenti ravvicinati e più pozzi di monitoraggio.

Anche Arnie Gundersen, un esperto nucleare che studia le perdite trizio della centrale nucleare di Vermont Yankee, anche questa della Entergy pensa che siano necessari più pozzi.

Gundersen, ingegnere capo alla Fairewinds Associates, è stato nominato dal presidente del Senato del Vermont in un comitato di controllo pubblico della centrale di Yankee ed è stato uno degli esperti chiamati ad esprimere un parere durante le audizioni per il rinnovo della licenza della centrale nucleare di Lampert, secondo lui «E' insufficiente avere dei pozzi di monitoraggio a 600 piedi di distanza, quanto sono a Pilgrim.

"Le radiazioni possono trovarsi tra i pozzi monitorati e loro non possono sapere che c'è una perdita da molto tempo . Non saranno in grado di capirlo fino a quando non trivelleranno più pozzi».
fonte: greenreport.it

venerdì 15 maggio 2009

CENTRALI NUCLEARI IN ITALIA ECCO I SITI PIù PROBABILI

Ecco l’elenco dei siti meno vulnerabili dal punto di vista di eventi naturali e dunque probabile sede di una centrale nucleare, così come individuati da Greenpeace:

Piemonte: Provincia di Vercelli: tutta la zona intorno al Po, da Trino Vercellese fino alla zona a nord di Chivasso.
Provincia di Biella: la zona intorno alla Dora Baltea a sud di Ivrea.
Lombardia: Provincia di Pavia: la zona dell’Oltrepò Pavese a nord di Voghera.
Provincia di Mantova: l’intera zona a sud di Mantova in corrispondenza del Po
Provincia di Cremona:zona a sud di Cremona in corrispondenza del Po (vicino a Caorso)
Veneto: Provincia di Rovigo: la zona compresa tra l’Adige e il Po (a sud di Legnago)
Friuli: Provincia di Udine e provincia di Pordenone: tutta la zona interna, intorno al fiume Tagliamento, da Latisana fino a Spilimbergo
Emilia Romagna : Provincia di Parma: la zona a nord di Fidenza, compresa tra il Po e il Taro
Toscana: L’isola di Pianosa
Lazio: Provincia di Viterbo: la zona interna a sud del Tevere, nella zona di affluenza della
Nera, tra Magliano Sabina e Orte.
Calabria: Provincia di Catanzaro: la zona costiera ionica in corrispondenza di Sellia Marina, tra il fiume Simeri e il fiume Alli (Principali località: Belladonna, Marindi, Simeri Mare, Sellia
Marina).
Provincia di Crotone: la zona costiera ionica in corrispondenza della foce del fiume Neto, a nord di Crotone (Marina di Strongoli, Torre Melissa, Contrada Cangemi, Tronca).
Provincia di Cosenza: la zona costiera tra il fiume Nicà e la città di Cariati
Puglia: Provincia di Taranto: la zona costiera ionica, in corrispondenza della località di Manduria.
Provincia di Lecce: la zona costiera ionica a nord di Porto Cesareo e quella a sud di Gallipoli; la zona costiera adriatica a nord di Otranto e quella a sud di Brindisi (esistono su
queste ultime dei vincoli naturalistici).
Provincia di Brindisi: la zona costiera in corrispondenza di Ostuni.
Sicilia: Provincia di Ragusa: la zona costiera tra Marina di Ragusa e Torre di Mezzo.
Provincia di Caltanissetta: la zona costiera intorno a Gela.
Provincia di Agrigento: la zona costiera intorno Licata.
Provincia di Trapani: la zona costiera a sud di Mazzara del Vallo, in corrispondenza della località Tre Fontane.
Sardegna. Ogliastra: la zona costiera in corrispondenza del fiume Riu Mannu e della località di Torre di Bari.
Provincia di Nuoro, la zona costiera a sud della località di Santa Lucia e in corrispondenza dell’isola Ruja.
Provincia di Cagliari: la zona costiera tra Pula e Santa Margherita di Pula.






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Se dovesse tornare il nucleare in Italia, sarebbero pochissimi i territori che potrebbero ospitare una centrale, considerando zone le sismiche, quelle a rischio alluvioni, quelle a rischio siccita', le coste in erosione e le citta' densamente popolate. Greenpeace, grazie all'analisi di tre importanti carte tematiche, svela perche' lo stivale e' assolutamente inadatto alle centrali nucleari. Dopo l'approvazione del DDL 1195 che da' sei mesi al governo per definire i criteri per la localizzazione dei siti nucleari, Greenpeace diffonde due ''carte nucleari'' ormai dimenticate: la carta del CNEN, che era la risultante di varie carte tematiche elaborate negli anni settanta e l'elaborazione GIS per la localizzazione del deposito nazionale per le scorie nucleari, elaborata dalla ''task force'' ad hoc del 1999-2000. ''Per capire dove potrebbero finire le nuove centrali nucleari - spiega Giuseppe Onufrio, direttore di Greenpeace - bisogna partire da queste carte e vedere con quali criteri verranno aggiornate. Un criterio e' quello sismico, un altro criterio e' quello della vulnerabilita' delle coste per i cambiamenti climatici''. ''Ma anche se la pericolosita' sismica non e' quella minima, Montalto di Castro, dove recentemente c'e' stata una visita di tecnici dell'azienda francese EDF, rimane un forte indiziato - aggiunge Onufrio - sia per la vicinanza al mare in una zona costiera a minor rischio climatico che per le condizioni della rete. Ci aspettiamo che la regione Lazio nel suo piano energetico escluda chiaramente questa possibilita'''. ''Continueremo ad opporci a questa sciagurata scelta del governo - conclude Onufrio - e a chiedere ai candidati alle prossime elezioni europee cosa pensano del ritorno al nucleare in Italia.

Intanto...
NUCLEARE: BELISARIO (IDV), GOVERNO RENDA NOTI SITI PRIMA DI EUROPEE
'Gli italiani hanno il sacrosanto diritto di sapere dal governo, prima delle elezioni del 6 e 7 giugno, se vicino la loro casa sara' costruita o meno una centrale nucleare''. Lo dichiara il senatore Felice Belisario, presidente del gruppo Italia dei Valori di palazzo Madama che aggiunge ''per questo chiediamo all'Esecutivo di abbandonare la politica degli annunci e venire a riferire immediatamente in Aula sulla localizzazione degli impianti di produzione elettrica nucleare e dei sistemi di stoccaggio dei rifiuti radioattivi''. ''Il governo scegliendo il nucleare di terza generazione anziche' le energie pulite, come il solare e l'eolico, ha fatto assumere al nostro Paese una posizione ormai superata dalla scienza e insensibile alle indicazioni che arrivano dall'Europa. Per questo - conclude Belisario - gli elettori presenteranno presto il conto''.

NUCLEARE: SCILIPOTI(IDV), DEPOSITO SCORIE PROBLEMA SENZA SOLUZIONE
''Tutte le perplessita' motivate al nucleare trovano empirica conferma negli ostacoli insormontabili allo stoccaggio rifiuti in America''.
Cosi' Domenico Scilipoti dell'Italia dei Valori sul ritorno alla politica energetica nucleare. ''L'attuale governo - prosegue il deputato IDV - sta propinando agli italiani la velenosa pillola del nucleare, vendendo una favola che se portata a termine lascera' in eredita' perpetui frutti nocivi . Tant'e' che mentre da noi si votano le ignobili misure del caso, per una strana ma significativa coincidenza, in America trova conferma l'impossibilita' di gestire le ingenti scorie radioattive. Esse, infatti, non potranno essere messe in sicurezza nemmeno nel sito Yucca Mountain del Nevada, che appariva, prima facie, sicuro''.
''La conservazione di lunga durata delle scorie - conclude Scilipoti - non e' un aspetto marginale della questione, rimane uno dei nodi piu' irrisolti a cui nessuno al momento e' in grado di porre rimedio, esponendo la collettivita' a danni alla salute ed al territorio. Considerazioni queste che evidentemente non trovano riscontro nella mente di chi e' gia' affaccendato a tirare le somme del nuovo business e dei nuovi profitti''.

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mercoledì 25 marzo 2009

NUCLEARE: FRANCIA: VERRANNO COMPENSATE VITTIME TEST NUCLEARI DEGLI ANNI '60


La Francia, una delle cinque nazioni che dichiara il possesso di armi nucleari, ha condotto un totale di 210 test in Algeria e nel Pacifico fra il 1960 e il 1966. Oltre 193 test furono effettuati presso le isole di Mururoa e Fangataufa fino al 1996, quando il presidente Jacques Chirac pose fine al programma.

PARIGI - Il governo francese dà il via libera ai risarcimenti delle vittime dei test nucleari. Parigi ha già stanziato un fondo iniziale di 10 milioni di euro. A rendere nota la svolta nella politica francese è stato il ministro della Difesa francese, Herve Morin, in una intervista rilasciata al quotidiano Le Figaro.

DISTURBI E MENOMAZIONI FISICHE - La Francia ha a lungo rifiutato di riconoscere ufficialmente un legame tra i suoi test di ordigni nucleari, terminati nel 1996, e disturbi e menomazioni fisiche riportate da militari e civili coinvolti nei test. «I governi francesi hanno creduto per molto tempo che aprire la porta ai risarcimenti avrebbe costituito una minaccia per i significativi sforzi compiuti dalla Francia per avere un deterrente nucleare credibile, ma è giunto il momento per il Paese di essere onesto con se stesso», afferma Morin.

ALGERIA, POLINESIA E PACIFICO - La Francia ha condotto sperimentazioni nucleari in Algeria dal 1960 al 1966 e nella Polinesia francese e nell'Oceano pacifico tra il 1966 al 1996, per un totale di 210 test. «Circa 150.000 tra civili e militari sono teoricamente ammalate», secondo il ministro della Difesa. Una commissione indipendente di dottori guidata da un magistrato, come spiega Morin, esaminerà caso per caso: se fossero trovate patologie connesse ai test nucleari lo Stato risarcirà completamente ogni ammalato. «Un iniziale fondo da 10 milioni di euro è già stato stanziato per il primo anno del progetto di risarcimento nel budget del ministero della Difesa».

lunedì 23 marzo 2009

NUCLEARE: Chernobyl PARCO NATURALE DEGLI ORRORI PER ANIMALI ED INSETTI

Forse non porterà nuova acqua al mulino di quanti si oppongono al ritorno al nucleare, ai quali le argomentazioni non mancano, come a coloro che nella comunità scientifica e politica vi ravvisano invece la soluzione al rebus energetico, ma dopo più di vent’anni continua un duello tra studiosi sulle dimensioni, sicuramente rilevanti, dell’incidente nucleare di Chernobyl. Sulla rivista Biology Letters, una delle pubblicazioni dell’Accademia britannica delle scienze, è stato infatti pubblicato l’ultimo studio di Timothy A. Mousseau, biologo della University of South Carolina, condotto in collaborazione con il collega dell’università di Parigi-Sud Anders Pape Møller. Circa un anno e mezzo fa, Mousseau documentò sulla stessa rivista come nell’area compresa nel raggio di 30 chilometri dalla centrale, la “zona di esclusione” interdetta agli esseri umani, le rondini presentino una serie di anomalie causate dall’esposizione alle radiazioni nucleari, come tumori e variazioni nel colore del piumaggio. Il lavoro del biologo americano, impegnato da almeno un decennio nelle pericolosa zona, è infatti finalizzato ad accertare l’impatto della catastrofe anche sulla vita animale, al quale ha aggiunto ora un tassello che pare proprio accentuarne la gravità. Il suo gruppo di ricercatori, servendosi di dispositivi Gps portatili e di apparecchi per la misurazione della radioattività, ha verificato, grazie al confronto con aree non contaminate, che nella zona di esclusione è tuttora in diminuzione perfino il numero di insetti, dai ragni alle libellule, passando per farfalle, cavallette e calabroni. Mousseau continua dunque a smentire, come ha già fatto in un passato molto recente, la tesi sostenuta da Sergey Gaschak, radioecologo del Chernobyl Center, ente scientifico istituito in Ucraina per studiare le conseguenze delle emissioni radioattive, secondo il quale la zona di esclusione si starebbe in realtà ripopolando di vita animale. Anche in questa occasione, Gaschak non si dà per vinto, e ribatte con una dichiarazione alla Bbc: nella zona di esclusione la vita animale prospera, per via del ridotto contatto con quella umana. Probabilmente un’abile mossa per controbattere il possibile invito di Mousseau a trasferirvisi.

GIA NEL 2007 UNA RICERCA EVIDENZIAVA QUANTO SEGUE

Trascorsi vent’anni dall’incidente nucleare di Chernobyl, Sergey Gaschak, radioecologo del Chernobyl Center, ente scientifico istituito in Ucraina per studiare le conseguenze delle emissioni radioattive, dichiarò l’anno scorso che l’area situata in un raggio di 30 chilometri dalla centrale nucleare, la cosiddetta “zona di esclusione” interdetta agli esseri umani, stava diventando una specie di oasi per la vita animale, che vi ritornava con specie che non si erano viste per decenni, dalla lince al gufo reale, a suo dire insensibili alla radioattività, mentre molti uccelli stavano nidificando perfino nel sarcofago di cemento che avvolge il reattore esploso. Trascorso un anno da quelle ottimistiche dichiarazioni, Timothy A. Mousseau, biologo della University of South Carolina, con un articolo pubblicato sul numero di agosto della rivista Biology Letters, sferra ora un duro colpo all’illusione di ridimensionare il disastro del 1986. Uno studio di lungo periodo condotto dal 1991 al 2006 sulle rondini comuni, ha infatti confrontato le caratteristiche morfologiche degli esemplari presenti nella zona di esclusione con quelle riscontrate sulla stessa specie in un’area dell’Ucraina situata a 220 chilometri di distanza, oltre che in altre aree di controllo in Spagna, in Italia e in Danimarca utilizzate come termine di paragone. Analizzando complessivamente più di 7700 esemplari, sono state così individuate 11 anomalie che affliggono le rondini nella zona di esclusione molto più che altrove, dalle variazioni nel colore del piumaggio agli occhi deformi, passando per i tumori. Nella stessa zona, la loro presenza è inferiore di circa due terzi rispetto alle altre aree esaminate, dai livelli di radioattività nella norma. Come ha dichiarato Mousseau al New York Times, si tratta di una grossa sorpresa, perché non si aveva idea del reale impatto del disastro sulla vita animale, al contrario di quanto lasciavano intendere alcune affermazioni.

martedì 18 novembre 2008

Chernobyl uccide ancora 18--11-2008



da panorama.it
A ventidue anni dallo scoppio del quarto reattore della centrale nucleare di Chernobyl, in Ucraina il cancro continua a uccidere
: la speranza di vita dei bambini colpiti da un tumore solido o molle è notevolmente più bassa rispetto a quella dei coetanei europei o americani. Lo scrive il Programma Nazionale di Oncologia Pediatrica 2006-2010 approvato dal Gabinetto dei Ministri d’Ucraina: se in Europa e negli USA le statistiche di guarigione raggiungono il 70% dei casi, in Ucraina scende al 40%, rendendo il tumore una delle principali cause di invalidità e di mortalità infantile nel Paese. L’obiettivo esplicitato dal Programma Nazionale di Oncologia Pediatrica è quello di innalzare i livelli di non recidiva (entro i successivi 5 anni) fino al 65-70% e diminuire al 10% il tasso di mortalità infantile per tumore.

Alla grave situazione sanitaria si aggiungono i problemi che le famiglie devono affrontare nel momento in cui scoprono di avere un figlio malato: in molti casi si tratta di famiglie estremamente povere, provenienti da zone rurali in cui non esistono adeguate strutture sanitarie. Devono trasferirsi a Kiev: la madre, che di solito assiste il figlio in ospedale, è costretta a lasciare il lavoro, riducendo il già basso reddito familiare o, nel caso di madri single, cadendo in uno stato di indigenza. Questi problemi sono aggravati dalle difficoltà psicologiche che i genitori devono affrontare, legate all’accettazione della malattia del figlio e alla capacità di mantenere una relazione positiva con il bambino. Spesso il bambino è costretto ad abbandonare la scuola o ad essere sottoposto a trattamenti dolorosi, senza capire cosa gli sta succedendo e assistendo, nello stesso tempo, alla sofferenza dei propri genitori a causa di questa drammatica situazione.

Abbiamo intervistato il professor Yuri Alexandrovich Orlov, primario di oncologia presso il reparto di neurochirurgia pediatrica all’Istituto Nazionale del cancro di Kiev, che ha svolto delle analisi sui bambini con età inferiore ai tre anni ricoverati sotto la sua direzione dal 1981 al 2002 che dimostrano inequivocabilmente l’aumento del cancro al sistema nervoso centrale per i bambini con meno di 3 anni.

Per questo studio, pubblicato nel 2004 nell’International Journal of Radiation Medicine, sono stati analizzati 188 bambini colpiti da tumore maligno al cervello. Dalle analisi del prof. Orlov si evince un dato allarmante: rispetto al periodo 1981-1985, dove si registravano solo 9 casi di tumore cerebrale maligno tra i bambini ricoverati, nel periodo 1986-1990 il numero dei bambini a cui è stata diagnosticata tale patologia è aumentato di 5.1 volte, nel periodo 1991-1995, di 7,7 volte e nel periodo dal 1996 al 2000 ancora di 5,3 volte. Facendo una media, l’aumento dei casi di tumori cerebrali tra i bambini con meno di 3 anni è aumentato, nel ventennio dopo lo scoppio della centrale di Chernobyl, di 5,8 volte.
Il primario ci spiega che “se dal 1981 al 1985 gli studi dimostrano che “solo” il 33,3% dei pazienti presenti in reparto era affetto da tumore maligno, nel periodo immediatamente superiore, che vede come spartiacque proprio l’incidente di Chernobyl, l’incidenza dei tumori maligni tra i bambini è cresciuta al 46,7%. Se pensiamo però che dopo quella data i casi siano cominciati a scendere – continua il primario - ci sbagliamo di grosso, infatti, l’incidenza dei tumori ha continuato ad aumentare fino al 68,7% dei casi, come rilevato dai dati del 2001.”

Nel reparto dove lavora il dottor Orlov, un simpatico dottore dalla lunga barba bianca che quasi ricorda Patch Adams, ci siamo chiesti però come facciano questi bambini ad affrontare ogni giorno le fatiche della malattia in un ambiente così diverso dagli ospedali pediatrici a cui siamo abituati noi, scarno, privo dei colori e dei giochi dei nostri reparti, e decisamente povero: il governo può passare ai malati e alle loro famiglie solo il 30% delle spese mediche che devono sopportare.

Abbiamo girato la domanda a Natasha Onipko, presidentessa di Zaporuka, prima fondazione ucraina che sostiene i reparti di oncologia e neurochirurgia pediatrica dell’Istituto Nazionale del cancro di Kiev, nata grazie a Soleterre Onlus, associazione italiana presente a Kiev da 4 anni con il progetto “Un Sorriso in corsia”. “Ho conosciuto l’emergenza dei bambini di Kiev grazie a Soleterre Onlus. – racconta Natasha, un’interprete che conosce bene la lingua italiana – Anche in Ucraina non sapevamo molto di come vivevano i bambini ricoverati qui e, quando ho toccato con mano la situazione, come interprete perché, lavorando per una casa di moda, conoscevo l’italiano, mi sono data da fare in prima persona e sono diventata la coordinatrice del progetto “Un sorriso in corsia”.

“Quello che mi ha fatto scegliere di unirmi a loro penso sia stata la storia di Sasha, poteva essere mio figlio. Come dicevo – continua Natasha - facevo l’interprete per loro e mi sono trovata a spiegare al personale di Soleterre la sua storia. Aveva 4 anni, un bambino come gli altri, veniva da Ismail, una città a sud dell’Ucraina. A causa di dolori forti e costanti alle gambe e allo stomaco e sotto il consiglio del medico di famiglia lo portarono all’ospedale più vicino a casa. All’ospedale gli venne immediatamente diagnosticato un tumore al bacino, ma per ulteriori analisi avrebbero dovuto partire verso l’ospedale di Kiev, il più specializzato del Paese. Quando arrivarono qui venne confermato un tumore molto grave e difficile da guarire bisognava operare: amputazione di entrambe le gambe. Ma senza infermieri e qualcuno che lo potesse accudire (i suoi genitori dovevano lavorare ad Ismail e non potevano rischiare di perdere il lavoro) stava male, soffriva ogni giorno. Con la dotazione dell’ospedale non avremo potuto che offrirgli un terzo delle chemioterapie di cui aveva bisogno, senza parlare di un alimentazione decente… Per fortuna è intervenuta Soleterre. Ha sostenuto le spese per le cure: flebo, medicazioni, alimentazione. Era terribile però vederlo da solo in quel letto…sì, penso che la cosa più difficile per lui – continua Natasha - sia stato l’allontanamento dei genitori: da solo e lontana da casa, senza un infermiere che si prendesse cura di lui…mi si spezzava il cuore. E poi parlando con Valeria, la ragazza che lavorava per il progetto in reparto, ho scoperto che non sarebbe più stato così solo, dei volontari gli avrebbero fatto compagnia e una psicologa lo avrebbe ascoltato nei momenti più difficili.. È stato in quel momento che ho capito che valeva la pena di darsi da fare, che insieme si poteva: un’associazione italiana c’era riuscita, era riuscita a smuovere l’opinione pubblica, a regalare un sorriso anche nella situazione più disperata. Dopo aver conquistato la mia fiducia, meritavano il mio aiuto e ora eccomi a capo di questa nuova organizzazione! Unitevi a noi per migliorare le condizione di questi piccoli, insieme possiamo fare molto!” Dal 10 al 30 novembre 2008 sarà possibile sostenere la campagna “Il contagocce” inviando un SMS solidale da 2 euro al numero 48547 dal proprio telefonino o chiamando lo stesso numero da telefono fisso Telecom. Con i fondi raccolti Soleterre porterà un aiuto concreto e una speranza di guarigione in più a 2000 bambini ucraini malati di cancro e alle loro famiglie.

venerdì 29 agosto 2008

FUGA RADIOTTIVA, INCIDENTE IN BELGIO A Fleurus .....INCIDENTE NUCLEARE

BRUXELLES - Allarme in Belgio per la fuga radioattiva verificatasi in un istituto che produce radioisotopi per uso medico a Fleurus, località ad una cinquantina di chilometri a sud di Bruxelles, nella zona di Charleroi. L'incidente risale allo scorso fine settimana, ma solo ora le autorità competenti hanno deciso di avvertire la popolazione. Per le vie della cittadina di Fleurus - circa 20 mila abitanti -, per iniziativa del sindaco, auto della polizia con altoparlanti hanno diffuso appelli alla prudenza, raccomandando agli abitanti, che vivono entro un raggio di cinque chilometri dal luogo dove è avvenuta la fuga, di non consumare la frutta e la verdura dei loro giardini, né di bere l'acqua piovana o il latte delle loro fattorie fino ad un nuovo ordine. Mentre gli ambientalisti hanno criticato l'intervento tardivo del governo, le autorità del Belgio si sono affrettate a spiegare che le misure sono state prese soprattutto a scopo precauzionale.

INFORMATA L'UE - Insieme agli avvisi ai cittadini che vivono nell'area, l'Agenzia belga per il controllo nucleare già nella tarda serata di giovedì aveva informato la Commissione europea delle misure prese, così come previsto a livello Ue dal sistema di allerta rapida Ecurie. La fuga radioattiva, avvenuta nel laboratorio dell'Istituto di radio-elementi (Ire) di cui è presidente l'ex commissario europeo Philippe Busquin, era stata segnalata nella notte tra domenica e lunedì. In un primo momento, il 26 agosto scorso, l'incidente era stato classificato al livello 3 (guasto grave) della scala internazionale Ines, che comprende 7 livelli. Solo giovedì sera l'Agenzia belga per il controllo nucleare ha optato però per misure di protezione più stringenti, dopo aver analizzato alcuni campioni di erba. A questo punto è partita la comunicazione anche all'esecutivo Ue e di conseguenza a tutti gli altri Stati membri

GREENPEACE - Ad avviso di Greenpeace, le autorità avrebbero però sottostimato il rischio che lo iodio radioattivo può provocare nei bambini che «sono 22 volte superiori rispetto a quelli a cui sono sottoposti gli adulti in caso di ingestione». Critiche sono arrivate all'indirizzo delle autorità nazionali anche da altri sindaci dei comuni vicini a Flueurus che non sarebbero stati ufficialmente avvertiti, provocando così sorpresa e preoccupazione. L'istituto dove si è verificata la fuga radioattiva è il secondo produttore mondiale di radioisotopi usati anche nella terapia per il trattamento dei tumori.

giovedì 7 agosto 2008

incidente in francia a tricastin 06-08-2008

(ANSA) - PARIGI, 6 AGO 2008 - Ancora la centrale nucleare del Tricastin, nel
sud della Francia, fa parlare di sé quest'estate per un incidente, anzi
un'anomalia: a luglio - ma si è saputo solo oggi - ci sarebbero state
troppe emissioni di scorie di carbonio 14 alla fabbrica Socatri (Areva)
sul sito in cui già quattro volte è scattato l'allarme. Lo ha
annunciato l'ASN, Autorità di sicurezza nucleare. Si tratterebbe, in
realtà, della prima anomalia in ordine temporale, essendo stata
appurata il 4 luglio, durante il trattamento delle scorie. In quella
fase, stando all'ASN, ci sarebbe stato "un superamento, per il mese di
giugno, del limite di rifiuti gassosi mensili di carbonio 14".


L'ASN,
pur classificando l'incidente all'ormai solito livello 1, il più basso
della scala che ne conta 8, ha "vietato alla Socatri qualsiasi attività
che generi scorie di carbonio 14 fino alla fine del 2008". Infatti, il
limite consentito per l'anno intero è già stato superato del 5%.


L'impatto
sull'ambiente e sulla popolazione sarebbe peraltro "molto debole".
Nella stessa fabbrica Socatri, la notte fra il 7 e l'8 luglio, c'era
stata una fuga di 74 chili di sostanze contenenti uranio. L'incidente
rivelato oggi è il quinto in un mese, dopo la lieve contaminazione del
23 luglio di cui hanno fatto le spese un centinaio di dipendenti della
centrale del Tricastin, le fughe radioattive del 7 luglio e quelle di
un'altra fabbrica di combustibili a Romans-sur-Isere, poco lontano ma
più a nord, il 18 luglio. Infine, il 21 luglio, 15 dipendenti su un
cantiere di manutenzione della centrale erano rimasti lievemente
contaminati.

sabato 2 agosto 2008

Nucleare: forse fuga da nave Usa 02-08-2008

(ANSA) - WASHINGTON, 2 AGO - Acqua potenzialmente radioattiva puo' essere fuoriuscita da un sommergibile nucleare americano in navigazione nel Pacifico per mesi.Lo ha reso noto in serata la CNN, riportando fondi ufficiali della Marina. La perdita e' stata scoperta mentre il sommergibile nucleare, il Houston (che aveva navigato tra Guam, le Hawaii ed il Giappone), era in un porto delle Hawaii per la manutenzione.


WASHINGTON
Il sottomarino a propulsione nucleare ’USS Houston’, appartenente alla ’US Navy’ (la marina militare americana), avrebbe disperso per mesi nel Pacifico un quantitativo imprecisato di acqua radioattiva. Lo rivela la ’Cnn’ che cita fonti della marina militare statunitense. La sospetta fuoriuscita di liquido radioattivo è stata scoperta lo scorso mese, durante un intervento di manutenzione alle isole Hawaii.

Il sommergibile, negli ultimi mesi, ha navigato tra i porti di Guam, Hawaii e Giappone. «È virtualmente impossibile rilevare» l’esatto quantitativo di acqua radioattiva disperso nelle acque del Pacifico, secondo quanto hanno riferito fonti della US Navy alla Cnn. Il governo giapponese è stato informato dell’incidente dalle autorità americane, tenuto conto che il sottomarino è rimasto ancorato per una settimana al largo di un porto nipponico.

La marina militare Usa assicura che il livello di radiazioni è, tuttavia, «estremamente basso» e «irrilevante». Il militare che ha scoperto il malfuzionamento di una valvola dell’USS Houston, responsabile della fuoriuscita, è risultato negativo ai test di radioattività.

venerdì 11 luglio 2008

INCENDIO NELLA CENTRALE NUCLEARE RINGHALS 11-07-2008

STOCCOLMA- Un incendio si è verificato oggi sul tetto di una turbina
nella centrale nucleare di Ringhals, situata a 60 chilometri da
Goteborg, nella Svezia occidentale. Secondo i responsabili
dell'impianto, l'incendio è stato rapidamente spento senza che il
reattore potesse costituire in alcun momento una vera minaccia.

"La
nostra equipe di pompieri è riuscita a spegnere le fiamme in pochi
minuti" ha dichiarato Gosta Larsen, portavoce della centrale.
L'incendio è stato provocato dagli operai che lavoravano con alcune
torce sul tetto dell'edificio e che hanno involontariamente dato fuoco
allo stesso. "Non c'é stato niente di drammatico", ha aggiunto Larsen,
riconoscendo però che una fitta nube di fumo ha invaso il sistema di
ventilazione della turbina, facendo scattare gli allarmi anti-incendio
esterni che hanno provocato l'arrivo immediato di altre squadre di
pompieri locali.

La centrale nucleare di Ringhals possiede quattro reattori e produce il 20% circa dell'elettricità consumata in Svezia.

Tricastin incidente nella centrale nucleare 11-07-2008

PARIGI - L'Autorità per la sicurezza nucleare francese ha chiesto in mattinata a Socatri, società satellite del colosso energetico Areva, di sospendere l'attività del suo sito di trattamento nella centrale nucleare di Tricastin, nel sud della Francia, e di prendere "misure immediate di messa in sicurezza". Dagli impianti di Socatri, a Tricastin, si era verificata lunedì scorso una fuoriuscita di acque contenenti uranio, con parziale riversamento nei fiumi circostanti.

TIMORI ECOLOGISTI MA AUTORITA' RASSICURANO - DOPO INCIDENTE AREVA SOTTO ACCUSA
Mentre l'Autorità per la sicurezza nucleare (Asn) diffondeva messaggi rassicuranti, gia' nei giorni scorsi le associazioni ambientaliste francesi erano sul piede di guerra dopo la fuoriuscita accidentale di acque di scarico contenenti uranio dalla centrale nucleare di Tricastin in due fiumi vicini. L' associazione ecologista 'Uscire dal nucleare' accusa Areva, azienda proprietaria del sito, "di aver trattenuto deliberatamente informazioni e di fatto, aver messo volontariamente in pericolo la popolazione", e ha annunciato una manifestazione sabato prossimo a Parigi. Parla invece di "dimostrazione che il nucleare non è un'energia pulita" Greenpeace, che aggiunge: "Nicolas Sarkozy chiaramente omette di precisare questo genere di 'dettagli' quando annuncia in pompa magna il lancio di una nuova centrale Epr, per cui Tricastin è uno dei siti possibili". Reazioni negative anche dalla Commissione di ricerca e d'informazione indipendente sulla radioattività, che ha annunciato che sporgerà denuncia contro le due società filiali di Areva responsabili del sito di Tricastin, Areva Cn e Socatri, rispettivametne per "la sepoltura di più di 700 tonnellate di scorie" e per "scarichi radioattivi nell'ambiente". Da parte loro, i responsabili istituzionali mandano invece messaggi rassicuranti. L'Asn ha fatto sapere che i rilievi effettuati nella falda acquifera, in tre pozzi di pompaggio appartenenti a privati e nei corsi d'acqua in cui si sono riversate le acque all'uranio non hanno riscontrato "alcun elemento anormale". Anche i tassi di radioattività rilevati nella zona, afferma sempre l'Asn, risultano da una serie di verifiche "in costante diminuzione da ieri sera".

L'INCIDENTE

Sono state mantenute per tutta la notte di martedi' le misure di sicurezza precauzionali nei comuni intorno alla centrale nucleare di Tricastin dopo che, durante il lavaggio di una cisterna, parte di 30 metri cubi d'acqua usata, contenente 12 grammi di uranio per litro, era accidentalmente finita in due fiumi vicini. Divieto di attività nautiche, bagno e pesca lungo il Gauffiere e l'Auzon, blocco della distribuzione di acqua potabile e dei prelievi privati dai due fiumi, oltre che dell'irrigazione dei campi nelle aree interessate dalla fuoriuscita. La Commissione di ricerca e d'informazione indipendente sulla radioattività (Criirad) aveva denunciato la "mancanza di affidabilità" della centrale di Tricastin, spiegando che "il rischio sanitario è effettivamente lieve, ma questo incidente, non trascurabile, giunge in seguito a un numero crescente di altri incidenti, che mostrano un degrado della gestione delle scorie su un sito destinato invece a svilupparsi". Criticato anche il modo di dare informazioni sull'accaduto: "l'utilizzo dell'unità di misura della massa (il grammo) - ha aggiunto il Criirad - invece di quella della radioattività (il becquerel) non rende conto dell'ampiezza della fuga". La perdita, conclude la commissione, avrebbe riversato nei fiumi "uno scarico più di 100 volte superiore al limite annuale". Si è fatta sentire anche l'organizzazione 'Uscire dal nucleare', secondo la quale "é impossibile che una tale fuga, contenente uranio, non abbia conseguenze importanti sull'ambiente e sulla salute delle persone".

mercoledì 4 giugno 2008

L'Italia e l'allarme



Nella cartina sono evidenziate tutte le fonti di un possibile inquinamento nucleare per l’Italia. Il nostro Paese è infatti circondato da una serie di centrali nucleari stanziate a pochi centinaia di chilometri dai confini. All’interno della mappa sono evidenziate in rosso i centri di rilevamento di raggi alfa, beta e gamma che dovrebbero dare tempestivamente l’allarme in caso di incidente nucleare.

martedì 4 marzo 2008

EFFETTI DI ESPLOSIONI NUCLEARI


L?ESPLOSIONE DI UN ORDIGNO NUCLEARE
L'esplosione di un ordigno nucleare, sviluppando temperature di decine di milioni di gradi, produce nell'aria una sfera di fuoco che, come un piccolo Sole, emette radiazioni luminose e termiche che viaggiano alla velocità della luce. La sfera di fuoco della bomba di 1 megatone (1 Mton), alla quale mi riferirò, che esplodesse in aria, apparirebbe a 100 Km molte volta più luminosa del sole medesimo.
L'enorme aumento di pressione prodotto dall'esplosione genera un'onda d'urto che viaggia a velocità un poco superiore a quella del suono (circa 500 m/s).
Se l'esplosione avviene in aria a piccola quota (ad esempio: 600 m), l'onda d'urto viene riflessa dal suolo dopo aver provocato un cratere profondo 80 m e largo 700 m.
Qualche secondo dopo l'esplosione, il gas caldissimo contenuto nella sfera o palla di fuoco acquista una velocità ascensionale risucchiando violentemente verso l'alto l'aria ed i detriti circostanti (provocati dall'esplosione appena avvenuta) assumendo la caratteristica forma a fungo.
La differenza con un esplosivo tradizionale è presto detta:
ESPLOSIVO CONVENZIONALE, dopo la deflagrazione:
si ha a che fare solo con l'onda d'urto o onda di pressione e, in misura ridotta, con l'onda di calore
ESPLOSIVO NUCLEARE, dopo la deflagrazione:
si ha a che fare con l'onda d'urto o onda di pressione che impiega circa il 50% dell'energia
si ha a che fare con la radiazione termica o onda di calore che impiega circa il 35% dell'energia
si ha a che fare con la radioattività o onda radioattiva (fall out) che impiega circa il 15% dell'energia
si ha a che fare con il fall out, la ricaduta dopo tempi differenti di materiale radioattivo sollevato in quota
ONDA DI PRESSIONE
Gli effetti distruttivi di quest'onda sono strategicamente importanti soprattutto per il cratere che producono. Questa onda può essere utilmente usata, ad esempio, per distruggere istallazioni e/o basi missilistiche situate in silos sotterranei. La distruzione di edifici dipende dalla loro struttura costruttiva, dalla distanza a cui si trovano e dall'altezza a cui avviene l'esplosione. In definitiva un'onda di pressione origina una sovrapressione che si aggiunge alla ordinaria che è di 1Kg su ogni cm2 di superficie. Una sovrapressione di 0,35 Kg/cm2 è considerata sufficiente a distruggere la maggior parte degli edifici e gli ordigni nucleari generano una sovrapressione di 0,35 Kg/cm2 ad una distanza in Km proporzionale alla radice cubica della loro potenza esplosiva in chilotoni (1 chilotone = 1000 tonnellate equivalenti di tritolo). Vediamo degli esempi:
se la bomba è da 1 chilotone (1 Kton) segue che la radice cubica di 1 è 1 e cioè la distanza di distruzione è di 1 Km.
se la bomba è da 8 Kton segue che la radice cubica di 8 è 2 e cioè la distanza di distruzione è di 2 Km
se la bomba è da 27 Kton segue che la radice cubica di 27 è 3 e cioè la distanza di distruzione è di 3 Km
Si può da questi facili conti trarre subito una importante conclusione: le bombe più grandi distribuiscono la loro potenza distruttiva in modo molto meno efficace delle più piccole.
L'uomo sopporta sovrapressioni maggiori. Hiroshima e Nagasaki, i due laboratori da cui si sono apprese molte cose (oltre a quelli in cui gli USA e l'URSS sperimentavano sulle loro popolazioni), indicano che per una bomba di circa 20 Kton l'area letale per l'uomo si estende grosso modo alla zona in cui vi è una sovrapressione di 1 Kg/cm2 . Si deve comunque tener grandissimo conto che le morti da sovrapressione sono da addebitarsi all'effetto indiretto: le persone sono scagliate contro ostacoli fissi oppure sono investite da oggetti in volo.
ONDA DI CALORE
Riferendoci sempre ad un ordigno da 1 Mton nell'atmosfera, l'onda di calore provoca ustioni di primo grado (eritemi) a distanze di 20 ÷ 25 Km, e di secondo grado (bolle con siero e flittene) a 15 ÷ 20 Km (ciò nel caso in cui non vi siano schermi tra la sfera di fuoco ed il corpo). Se la bomba fosse da 20 Mton le ustioni di primo grado si avrebbero fino a 100 Km e quelle di secondo grado fino a 50 Km. Si deve dire che ustioni di secondo grado estese a circa il 50% del corpo umano, nelle circostanze associate ad una esplosione nucleare (che vedremo), sono mortali. La radiazione termica (nel caso di 1 Mton) è in grado di provocare incendi per un raggio di 15 Km che diventano 30 se la bomba è da 20 Mton. Possono quindi scoppiare incendi in una zona compresa tra 700 e 2800 Km2 e questi incendi scoppierebbero simultaneamente. Si salverebbero solo coloro che avessero rifugi profondi sottoterra ed una scorta di ossigeno per parecchi giorni poiché la combustione lo consumerebbe praticamente tutto.
Ma vi sono anche effetti indiretti. Ad Hiroshima il 70% delle attrezzature antincendio andò distrutto nel crollo delle caserme dei pompieri e l'80% di questi ultimi non si presentò all'appello. Gli incendi quindi si propagherebbero indisturbati anche perché le strade, piene di macerie, non sarebbero percorribili. Ad Hiroshima la tempesta di fuoco durò 6 ore. Si raggiunsero temperature superiori ai 1 000 °C, in grado di fondere vetri e metalli e di incendiare materiali normalmente indistruttibili.
La tempesta di fuoco, oltre ad incendiare tutto, a scaldare violentemente tutto e a consumare ossigeno, libera anche gas nocivi. A Dresda, nel 1945, il bombardamento di tipo convenzionale (altro crimine contro l'umanità) uccise, per effetto dei gas nocivi dovuti alla tempesta di fuoco, più di 100.000 persone; si salvarono solo coloro che avevano lasciato i loro rifugi prima della tempesta di fuoco.
ONDA RADIOATTIVA
La radiazione nucleare a, b, g, che si libera immediatamente uccide in tempi brevi proprorzionalmente all'esposizione alla radiazione. La morte avviene per tumori e leucemie.
I primi sintomi di irradiazione nucleare sono nausea, vomito e diarrea. Insorgono poi, nei casi più gravi: emorragie, febbre e stato generale di collasso. Inoltre, le persone irradiate sono soggette ad infezioni nel caso di ferite (circostanza molto importante perché, nel caso di esplosioni nucleari, molte persone sono simultaneamente irradiate e ferite).
Una dose di radiazione sufficiente ad uccidere fino al 95% della popolazione si ha in un raggio di poco più di 3 Km se la bomba è da 1 Mton (10 Km per bomba da 20 Mton). A 5 Km (bomba da 1 Mton) e a 15 Km (bomba da 20 Mton) si hanno scarsi effetti radioattivi somatici ma c'è possibilità che insorgano effetti genetici.
IL FALL OUT
Questo particolare fenomeno radioattivo si fa sentire vario tempo dopo l'esplosione.
Supponiamo che la bomba esploda al suolo. Una gran massa di terreno e detriti viene risucchiata dall'esplosione e portata in quota (all'incirca a 10 Km). I pezzi più grossi ricadono a terra nelle ore o giorni successivi, l'estensione della zona interessata dipendendo dalle condizioni meteorologiche. La polvere più minuta sale nella stratosfera ricadendo solo dopo mesi od anni ed interessando tutta la Terra.
Tutte queste particelle di terreno e detriti sono mescolati a materiali fortemente radioattivi (gli svariati isotopi) prodotti dall'esplosione. Inoltre il terreno stesso è diventato radioattivo a seguito della radiazione neutronica prodotta dall'esplosione.
Se l'esplosione avviene ad alta quota, non si ha praticamente fall out locale ma solo mondiale. La quantità di fall out locale e mondiale dipende dalla quota a cui avviene l'esplosione e dalle condizioni meteorologiche. L'esplosione di 20 Mton, dovuti per metà a fissione, al suolo potrebbe contaminare una zona di 10.000 Km2, provocando la morte di ogni umano che non disponga di rifugio schermato.
EFFETTI DELLE RADIAZIONI
Le morti a seguito di esposizione a radiazione dipendono dal tipo di sorgente radioattiva, dall'intensità della sorgente e dal tempo di esposizione. Una delle unità in uso è il rem (vedi A scadenza di poche settimane una dose di 600 rem subita durante 6 ÷ 7 giorni, porta nel 90% dei casi alla morte. Una dose di 450 rem produce lo stesso effetto nel 50% dei casi. Una dose di 300 rem nel 10% dei casi. Sempre alla scadenza suddetta, dosi inferiori a 300 rem producono nausea e vomito oltre ad una forte debilitazione del sistema immunitario. Alla scadenza di alcuni anni, invece, anche dosi di soli 50 rem sono in grado di produrre tumori tra lo 0,5% ed il 2,5% della popolazione esposta.
Per quel che riguarda gli effetti biologici delle radiazioni, occorre subito dire che la radiologia non è una scienza molto sviluppata e molte cose ancora non si conoscono bene e, di conseguenza, sono solo possibili conclusioni di ordine generale. Tali effetti si distinguono in somatici e genetici. Gli effetti somatici si osservano nell'individuo esposto e si esauriscono con lui. Gli effetti genetici si osservano nelle generazioni future a seguito di alterazioni delle cellule germinali (o genetiche).
Il danno somatico sembra dovuto ad una rottura del cromosoma che si trova vicino alla zona d'impatto della radiazione. Una volta divisi i due monconi del cromosoma, essi hanno le seguenti possibilità: saldarsi insieme nuovamente (restituzione); attaccarsi a monconi di altri cromosomi (aberrazione a due rotture); rimanere separati (aberrazione ad una rottura). Quest'ultima possibilità fa perdere al nucleo cellulare tutte le informazioni in esso contenute. Gli effetti possono essere immediati o ritardati. Altro possibile effetto è il rallentamento o l'arresto della crescita della cellula ad un particolare stadio del suo ciclo.
Sul danno genetico si sa molto poco. Esso è conseguente ad alterazioni delle cellule germinali e consiste nella produzione di mutanti, cioè di individui con alcune informazioni genetiche variate rispetto a quelle dei genitori. In caso di esplosione tali effetti si farebbero sentire per svariate generazioni.

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