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lunedì 1 aprile 2013

arsenali nucleari: Testate nucleari USA in Europa


Sono 12 le basi aeree che, dislocate in 7 Paesi, possono ospitare armamenti atomici sotto il controllo degli Stati Uniti d’America. Nel 2005 le testate nucleari ivi presenti ammontavano a 480 unità.
I dettagli del Programma di Accordi sul dispiegamento nucleare della NATO sono segreti. Le bombe sono gestite attraverso un Sistema di Sicurezza per l’Immagazzinamento degli Armamenti, ideato durante la Guerra Fredda, che prevedeva di collocare le testate nucleari, insieme ad armi convenzionali, in rifugi sotterranei con apertura a tempo. Tali rifugi sono stati costruiti a partire dal 1987 al di sotto della superficie degli hangar che ospitano i velivoli in grado di trasportare le testate stesse. Completati nel giro di una decina di anni, ognuno di essi è in grado di contenere 4 testate. In alcune basi, la loro custodia e manutenzione è affidata ai cosiddetti Munitions Support Squadron (MUNSS), a ciascuno dei quali sono approssimativamente assegnate 150 unità di personale.
Il quadro completo è il seguente:
1. Kleine Brogel Air Base (d’ora in poi, AB) in Belgio – dove operano F-16 dell’aviazione belga – è dotata di 11 rifugi per una capacità di 44 testate. Ne ospita 20, affidate alle cure del 701° MUNSS;
2. Buchel AB in Germania – dove operano Tornado tedeschi – ha anch’essa 11 rifugi e 20 testate, custodite dal 702° MUNSS;
3. Norvenich AB in Germania – con Tornado tedeschi – ha 11 rifugi ma nessuna testata. Le 20 che vi sostavano fino al 1995 sono state trasferite a Ramstein;
4. Ramstein AB in Germania – sede sia di F-16 statunitensi che di Tornado tedeschi – possiede ben 55 rifugi per una capacità totale di 220 testate. Nel 2005 ne erano presenti 130, più avanti diremo cosa è probabilmente accaduto negli anni successivi;
5. Araxos AB in Grecia – dove operano A-7 dell’aviazione greca – ha 6 rifugi ma nessuna testata. Le 20 presenti fino alla primavera del 2001 (quando la Grecia si è ritirata unilateralmente dalla “NATO Nuclear Strike Mission”) sono probabilmente state spostate a Ramstein, in Germania;
6. Aviano AB in Italia – sede di F-16 statunitensi – possiede 18 rifugi e 50 testate nucleari;
7. Ghedi Torre AB in Italia – dove operano Tornado italiani – ha 11 rifugi e detiene 40 testate, sotto la custodia e manutenzione del 704° MUNSS;
8. Volkel AB in Olanda – sede di F-16 dell’aviazione olandese – ha 11 rifugi e 20 testate, lasciate alle cure del 703° MUNSS;
9. Akinci AB in Turchia – dove operano F-16 turchi – ha 6 rifugi ma nessuna testata;
10. Balikesir AB in Turchia – sede di F-16 turchi – ha 6 rifugi. Le 20 testate nucleari presenti sino al 1995 sono state trasferite alla base di Incirlik;
11. Incirlik AB in Turchia – dove operano F-16 statunitensi – ha 25 rifugi e detiene 90 testate;
12. per finire in bellezza, Lakenheath nel Regno Unito che formalmente è una base della RAF (Royal Air Force) ma ospita solo F-15 statunitensi. Essa possiede 33 rifugi e detiene ben 110 testate nucleari, il che la rende molto probabilmente il luogo in Europa che oggi custodisce il maggior numero di armamenti atomici statunitensi.

Va infatti sottolineato che nel gennaio 2007 la United States Air Force (USAF) ha rimosso la base di Ramstein dall’elenco delle installazioni che ricevono periodiche ispezioni agli armamenti nucleari, possibile conseguenza dello spostamento negli Stati Uniti delle testate presenti. Se ciò corrispondesse al vero, il numero delle testate nucleari dispiegate in Europa si ridurrebbe a 350, l’equivalente circa dell’intero arsenale atomico della Francia (ma comunque ancora superiore al totale delle testate cinesi ed a quello dei tre Paesi non firmatari del Trattato di non Proliferazione Nucleare – India, Israele e Pakistan – messi insieme).
Secondo una fonte anonima della Difesa tedesca, citata dalla rivista Der Spiegel, gli Stati Uniti avrebbero temporaneamente (e discretamente) rimosso le testate nucleari da Ramstein a seguito di importanti lavori di ristrutturazione; l’eliminazione della base dall’elenco delle ispezioni periodiche suaccennato pare significare che la decisione sia diventata definitiva.
A dispetto dell’apparente riduzione, il Gruppo di Pianificazione Nucleare (NPG) della NATO ha riaffermato – nel successivo giugno 2007 – l’importanza del dispiegamento di armi nucleari statunitensi in Europa. Lo scopo di esse sarebbe quello “di preservare la pace e prevenire le minacce ed ogni tipo di guerra”, anche se la NATO non individua alcun preciso nemico dal quale ci si dovrebbe difendere usando questi armamenti. Essa sostiene invece che le testate nucleari “rappresentano un legame politico e militare essenziale tra i membri europei e nord-americani dell’Alleanza”.
Capito l’antifona?

fonte: http://byebyeunclesam.wordpress.com/2008/04/14/testate-nucleari-usa-in-europa/

Armi nucleari in Italia: un arsenale nucleare di novanta testate atomiche

Le bombe nelle basi Usa di Ghedi Torre (Brescia) e Aviano (Pordenone). Silenzio assoluto sugli arsenali. Un accordo americano copre tutto


Per ben due volte nell’arco degli ultimi 15 anni milioni di italiani si sono recati alle urne per dire no alla possibilità, per il nostro Paese, di sviluppare e produrre energia nucleare per scopi civili.
Questi stessi italiani però, forse, non sanno che possediamo un verso e proprio arsenale nucleare.
La cosa appare assurda e paradossale considerando che nel 1975 Roma ha sottoscritto il Trattato di non proliferazione nucleare, eppure sul nostro suolo si trovano poco meno di un centinaio di testate atomiche. Per l’esattezza sono 90 le bombe di questo tipo stipate, poco più della metà di queste ovvero 50, nella base Usa di Aviano nei pressi di Pordenone, mentre le restanti si trovano custodite nella base statunitense di Ghedi Torre nel bresciano.
Tecnicamente parlando si tratta di armi tattiche, di potenza e gittata minore rispetto a quelle strategiche quindi, denominate B61; queste sono bombe gravitazionali che per essere utilizzate devono essere lanciate da aerei appositi, o almeno compatibili, attualmente potrebbero essere lanciate solo dagli F16 o dai Tornado; hanno una potenza che varia, a secondo del tipo e della grandezza essendone state costruite almeno tre diversi tipi, da 0,3 a 170 chilotoni che se utilizzate genererebbero una distruzione 900 volte superiore a quella prodotta su Nagasaki o Hiroshima.

Nelle basi per 3 anni
A breve, all’incirca nel 2016, queste testate lasceranno l’Italia, o meglio lasceranno il posto a nuove bombe, più maneggevoli e moderne; in modo molto lento infatti sarà avviato lo smantellamento di questi ordigni e la sostituzione con le nuove testate nucleari, realizzate secondo gli ultimi progetti approvati dal Pentagono, che però non saranno pronte prima del 2019.
Nello specifico questi nuovi ordigni avranno una maggiore precisione e ridurranno il fallout radioattivo conseguente all’esplosione, mentre la carica nucleare verrà riutilizzata, con una potenza massima nell’ordine dei 50 chilotoni.
Nel frattempo inoltre inizieranno gli addestramenti di nuove truppe specializzate capaci di utilizzare questi ordigni, in Italia hanno queste facoltà solamente i militari statunitensi di stanza a Ghedi o Aviano, mentre ai nostri soldati non è concesso l’uso di questi mezzi, anche se la clausola della “doppia chiave” contenuta in alcuni documenti tra le parti prevede la possibilità che queste bombe siano utilizzate anche dalle nostre forze armate, ma solo dopo che gli Usa ne abbiano deciso l’impiego.

Omertà Ovviamente i politici italiani non hanno mai ammesso o confermato la presenza di queste bombe nel BelPaese ma sono stati gli stessi Usa a confermarla in più di una occasione.
Già l’11 luglio 1986, pur nel silenzio generale, alcune agenzie di stampa ribatterono una notizia apparsa sul Washington post in cui si riferiva che il Pentagono aveva appena annunciato il Piano WS3 il quale prevedeva che in 25 diverse basi americane sparse per il mondo, tra cui quelle italiane di Ghedi, Aviano e Rimini, sarebbero stati dislocati bombardieri atomici ed ordigni nucleari non più sotto gli hangar dei bombardieri, bensì all’interno di speciali rifugi.
Una nuova conferma arrivò nel 2005 quando la declassificazione di un rapporto statunitense sulle armi nucleari americane in Europa accertò la presenza nel vecchio continente di circa 400 testate nucleari, 90 delle quali custodite in Italia.
Altra conferma importante quelle giunta alcuni anni fa da parte Robert Norris, uno studioso del Natural resources defense council di Washington, che dopo aver esaminato alcuni documenti ufficiali del Pentagono confermò la presenza di queste bombe in Italia, quantificandole però in una trentina, la maggior parte delle quali custodite ad Aviano.
Inquietante però quanto aggiunto subito dopo dal ricercatore.
Questi infatti disse che quasi tutta la parte riguardante il nostro Paese era stata cancellata; lui e i suoi colleghi avrebbero ricostruito gli “omissis” del documento principale utilizzando altre fonti e analizzando nel minimo dettaglio tutte le tabelle allegate al foglio più importante.
Accordo Italia-Usa
Ma quando, come e perché queste armi sono arrivate in Italia?
I primi ordigni giunsero nel 1957 anche se già dalla fine dell’anno precedente i militari statunitensi di stanza nello Stivale erano equipaggiati con missili Corporal e Honest John su cui vennero montate testate nucleari tattiche da impiegare, in caso di attacco sovietico, contro i carri dell’Armata rossa.
Negli anni ’60 e ’70 vennero dispiegati altri tipi di missili, mortai da otto pollici per il lancio di ordigni nucleari, e bombe atomiche di profondità destinate agli aerei della base di Sigonella per la caccia di sottomarini sovietici nel Mediterraneo.
Successivamente sono arrivate le bombe attualmente stipate tra Ghedi e Aviano.
Gli Usa hanno portato in Italia questo tipo di armamenti grazie all’accordo bilaterale denominato Stone Ax; una prima versione di questo fu siglato negli anni ’50; successivamente tra il 2003 ed il 2004 ne dovrebbe essere stata sottoscritta una nuova versione, figlia del clima post 11 settembre, che tra le principali innovazioni prevedrebbe periodiche revisioni e conseguenti aggiornamenti. Per quanto riguarda l’accordo tra Italia ed Usa purtroppo il condizionale è d’obbligo visto che nessun patto in tal senso è mai stato sottoposto a voto parlamentare e che le uniche informazioni che si hanno le dobbiamo ad alcuni ricercatori statunitensi, come ad esempio William Arkin, un ex analista d’intelligence per l’esercito americano, che hanno diffuso tramite libri e ricerche le informazioni in loro possesso.

http://www.lanotiziagiornale.it/novanta-testate-atomiche-sotto-i-nostri-piedi/

http://www.stampalibera.com/?p=61616

http://www.informarexresistere.fr/2013/03/28/novanta-testate-atomiche-sotto-i-nostri-piedi/#axzz2

venerdì 26 novembre 2010

NUCLEARE : Tracce di un’antichissima era nucleare?


Alcuni testi sanscriti contengono riferimenti a unità di misura temporali che coprono uno spettro molto ampio. Ad un’estremità, secondo i testi cosmologici indù, c’è il kalpa o “giorno di Brahma”, che equivale a 4, 32 miliardi di anni.

All’altro estremo, come si dice nel Brihath Sathaka, troviamo il kashta, e quando operiamo sui vari rapporti di multipli e sottomultipli ci rendiamo conto che corrisponde a 300 milionesimi di un secondo.

Gli studiosi moderni del Sanscrito non hanno idea del perché nell’antichità si ricorresse a tali suddivisioni del tempo, tanto grandi e tanto minuscole. Tutti loro però sanno che quelle suddivisioni erano in uso e sono obbligati a conservarne la tradizione.

Ogni tipo di divisione del tempo presuppone però che la durata di un’unità potesse essere misurata. La sola cosa che esista in Natura, che possa essere misurata in tempi di miliardi di anni ad un estremo o di qualche centinaio di milionesimi di secondo all’altro estremo, è il dimezzamento di disintegrazione dei radio—isotopi atomici. Questi intervalli spaziano dall’uranio 238, che ha un dimezzamento di 4, 51 miliardi di anni, alle particelle sub—atomiche, come i mesoni K e gli iperioni, il cui dimezzamento si misura in centinaia di milionesimi di secondo.

Lo spettro della divisione del tempo presso gli antichi Indù coincide con i periodi di disintegrazione degli isotopi radioattivi. Se gli antichi Indù, o una civiltà ancor più antica della loro, dalla quale essi poterono ereditare la misura del tempo, possedevano una tecnologia che poteva scoprire e misurare la materia nucleare e sub—atomica, ciò significa che avevano accesso all’energia nucleare.

Ci sono molti indizi che la radioattività fosse non solo misurata, ma usata per fini pratici che possiamo solamente supporre. Robert Charroux scoprì che la collina piramidale di epoca megalitica di Couhard, in Francia, era stata costruita con malta radioattiva. La struttura era alta in origine una trentina di metri ed era composta di grandi blocchi di pietra (fillite). L’intonaco, ortase o argilla e soda caustica, agisce sulla roccia come un elettrolito alcalino, e la reazione causa l’emissione di raggi gamma K41, che possono ancor oggi essere misurati. Un corridoio conduce all’interno della massa piramidale, dove esisteva una camera, come un accumulatore. Forse gli uomini preistorici venivano qui a ricevere le radiazioni per curarsi dalle malattie?

L’uranio radioattivo e il torio esistono in piccole quantità nei giacimenti d’oro, e gli antichi Egizi erano ben familiari con tali elementi nelle loro miniere d’oro in Nubia, il moderno Sudan. Lo scienziato nucleare Professor Luis Bulgani era convinto che gli Egizi utilizzassero i materiali radioattivi come una forma di protezione. Egli scrisse nel 1949:

“Credo che gli antichi Egizi afferrassero le leggi del decadimento atomico. I loro sacerdoti e i loro saggi erano familiarizzati con l’uranio. Infine, è possibile che usassero le radiazioni per proteggere i loro luoghi sacri. I pavimenti delle tombe potevano essere stati rifiniti con roccia radioattiva, capace di uccidere un uomo o almeno di danneggiarne la salute”.

Molti famosi egittologi e archeologi, che esplorarono per primi le antiche tombe lungo la valle del Nilo, morirono di mali misteriosi. Essi furono colti da improvvisi collassi circolatori, con sintomi di affaticamento estremo, difficoltà respiratorie o danni cerebrali e sintomi di follia, tutti sintomi di possibili avvelenamenti da radiazioni.

Gli antichi Egizi possono aver conosciuto ciò che Madame Joliot—Curie riscoprì solamente nel 1934, che il bombardamento di particelle di materiali non—radioattivi può renderli radioattivi. Potrebbe essere stupefacente, ma diversi amuleti e altri gioielli curiosi, avvolti tra le mende delle mummie, fossero più che simbolici, e costituissero invece veri e propri guardiani, che contaminavano in modo fatale coloro che avessero disturbato la quiete delle mummie.

Spesso, leggende criptiche o antichi testi nascondevano possibili allusioni ad armi nucleari e ai loro effetti. In Cina, l’opera letteraria Feng—Shen—I conteneva il racconto d’una guerra dei Quattro Giganti Celesti di Ching—chang con Chiang—Tzu—ya e il Generale Huang—fei—hu di Hsich’I. E. T. C. Werner riferisce come, durante la guerra, uno dei Giganti, Mo—li ch’ing, usasse una lancia magica chiamata “Nuvola Blu”, e quali fossero le conseguenze.

“Generò un vento nero che produsse decine di migliaia di lance che perforarono i corpi degli uomini e li trasformarono in polvere. Il vento fu seguito dalla ruota di fuoco, che riempì l’aria di feroci serpenti. Il denso fumo si chiuse sugli uomini bruciati e nessuno poté sfuggire”.

Non appare questa, in un racconto mitizzato, come la descrizione di un’esplosione nucleare?

I Pangive, una tribù bantu dell’Africa, raccontano questa strana storia:

“Il fulmine della vita è avvolto in un uovo speciale. La prima madre ne ricevette il fuoco. Quando l’uovo si ruppe e si aprì, ne uscirono tutte le cose visibili. La metà superiore si aprì in una grande albero a forma di fungo, che salì alto nel cielo”.

O.E. Gurney riferì un’antica iscrizione degli Hittiti, che diceva:

“Nubi di polvere salgono alla finestra celeste, le case s’incollano come ceneri ardenti d’un cuore. Gli dèi sono soffocati nei loro templi. Le pecore muoiono negli ovili, i buoi nelle stalle. La pecora abortisce l’agnello, la vacca il vitello. L’orzo e il grano non crescono più. Buoi, pecore, uomini cessano di concepire, e le femmine pregnanti abortiscono”.

Si trova una delle testimonianze letterarie più sorprendenti della distruzione compiuta dall’uomo, presso le antiche culture tibetane, nelle Stanze di Dzyan, tradotte alla fine del sec. XIX. Le Stanze raffigurano un olocausto che coinvolge due nazioni in guerra, con l’uso di veicoli volanti e di terribili armi.

“Il Gran Re delle Facce Risplendenti, il capo di tutte le Facce Gialle, si adirò nel comprendere le malvagie intenzioni delle Facce Scure. Mandò i suoi mezzi volanti con persone animate da buone intenzioni a tutti i capi, suoi fratelli, per dire loro: preparatevi e muovetevi, uomini di legge, e scappate prima che la terra non sia travolta dal crescere delle acque”.

“I Signori della Tempesta stavano pure arrivando. I loro veicoli di guerra si avvicinavano alla terra. Entro una notte e due giorni, il Signore delle Facce Scure sarebbe arrivato, ma la terra era stata protetta prima che le acque scendessero a coprirla. I Signori dagli Occhi Oscuri avevano predisposto le loro armi magiche. Erano esperti nell’alta magia Ashtar, e volevano usarla”.

“Che ciascun Signore delle Facce Risplendenti investa l’aereo di ciascun Signore delle Facce Scure e alla fine tutti loro fuggiranno”.

“Il Gran Re cadde sopra la sua Faccia Risplendente e pianse. Quando i re erano riuniti, le acque della terra erano già state disturbate. Le nazioni attraversarono le terre asciutte. Si mossero davanti al fronte d’acqua. I re allora raggiunsero le terre sicure con i loro aerei e arrivarono nella terra del Fuoco e dei Metalli”.

“Missili stellari esplosero sulle terre delle Facce Scure mentre essi dormivano. Le bestie parlanti rimasero silenziose. I Signori aspettavano ordini, che non vennero, perché i loro comandanti dormivano. Le acque crebbero a coprire le vallate. Nelle terre alte si rifugiarono i sopravvissuti, gli uomini dalle facce gialle e dall’occhio diritto”.

Anche se la traduzione di questi testi risale a più d’un secolo fa, essi descrivono forme di distruzione nucleare che ci sono divenute familiari solo negli ultimi cinquant’anni. È significativo anche la distruzione attuata da mani umane qui descritta sia accoppiata a movimenti cataclismici delle acque oceaniche. Le inondazioni massicce possono essere state casualmente coincidenti con l’olocausto, ma appare più probabile che l’inondazione sia stata il risultato di un improvviso cambiamento del livello del mare, causato dall’improvviso sciogliersi dei ghiacciai dell’Età Glaciale. Se i Signori delle Facce Gialle” fossero stati Mongoli preistorici, abitanti della regione del Gobi, il diluvio descritto potrebbe essere stato una grande onda di marea che spazzò l’Asia orientale e la Siberia alla fine del Pleistocene. Se ciò è vero, tuttavia, significa che la dimenticata guerra nucleare e la distruzione causata dall’acqua avvennero oltre dodicimila anni fa.

Si trova un interessante riscontro di un olocausto nucleare nella remota antichità sull’isola di Rapa Nui in mezzo al Pacifico, conosciuta anche come Isola di Pasqua. A parte le sue grandi statue monolitiche e la strana forma di scrittura, questa terra isolata è famosa anche per l’esclusiva forma di sculture in legno chiamate maoi—kavakava. Esse raffigurano sempre uomini menomati, con una cura inusuale per riprodurre raccontarono che gli indigeni consideravano quelle statuette come se non appartenessero alla loro cultura. Anche oggi, gli uomini in miniatura sono considerati dagli isolani come qualcosa di spaventoso e di alieno, un ricordo di qualcosa che non appartiene alla loro esperienza, ma che tuttavia incute orrore.

La leggenda locale attribuisce quelle statuette al Re Tu—ukoiho. Una notte, il re ricevette la visita di due piccoli esseri come sirene, metà uomini e metà pesci, ritenuti gli spiriti degli ultimi membri d’una razza che aveva abitato l’isola in tempi antichi, molto prima dei Polinesiani. Egli li vide solo per un momento e poi scomparvero per sempre, ma fu tanto forte l’effetto che quegli esseri deformi fecero sul re, che immediatamente li volle fare raffigurare in immagini scolpite.

Le moderne statue kavakava sono copie fedeli degli originali di quel Re. Lo stile di queste sculture non è proprio dei Polinesiani, e le fattezze delle immagini (naso adunco, occhi sbarrati e barbette quadrate) li fanno apparire di razza semitica. Le peculiarità più interessanti, però, sono nell’aspetto del corpo, emaciato, con gozzi e tumori, la bocca deformata, vertebre cervicali collassate e una frattura ben evidente tra le vertebre lombari e quelle dorsali. Si tratta in ogni caso di sintomi medici di un’esposizione ad un alto livello di radiazioni.

Leggende di grandi battaglie con armi terribili, avvenute in una remota antichità, si trovano attraverso tutto il mondo. I mitologi dell’antica Grecia raccontavano la storia di una guerra durata dieci anni tra i Titani e gli Dèi dell’Olimpo, conclusasi con una gran violenza. Allora Zeus “non trattenne più la propria anima, la sua mente divenne furiosa ed egli mostrò tutta la propria forza”. Egli fece uso delle sue “armi divine”, prese ai Ciclopi e agli Hekatoncheires. Innanzitutto il Re degli Dèi “avvolse nelle proprie mani la sacra fiamma”, e infine “i fulmini scaturirono dalle sue mani”. La terra che dava la vita “si ruppe e si bruciò, e tutte le foreste bruciarono nel fuoco”. Gli oceani bollirono e i vulcani urlarono, eruttando migliaia di massi. I Titani furono presto sconfitti, fatti prigionieri per sempre e confinati nel Tartaro.

L’etnologo R. Baker, in uno studio sul folklore dell’antico popolo canadese dei Piute, raccolse una leggenda dal capo Mezzaluma, che parla d’un tempo “prima che il freddo scendesse dal Nord”, quando la tundra canadese era ricca di vegetazione.

“Nei giorni in cui qui c’erano grandi foreste e verdeggianti paludi, vennero i demoni e resero schiava la nostra gente e mandarono i giovani a morire tra le rocce sotto terra (nelle miniere?). Ma allora arrivò il tuono e la nostra gente fu liberata. Imparammo che esistevano città meravigliose del tuono, sotto i grandi laghi e i fiumi del sud. Molti della nostra gente partirono per andare in quelle scintillanti città e testimoniarono delle grandi case e del mistero degli uomini che stavano lassù nei cieli. Poi però i demoni ritornarono e ci fu una terribile distruzione. Coloro dei nostri che erano andati a sud, ritornarono a dichiarere che tutta la vita nelle città era morta, e non rimaneva altro che silenzio”.

Questo è ciò che sapevano i Piute. Non conoscevano altri dettagli riguardo a tali eventi, sapevano solo questa storia, ripetuta per generazioni. In modo significativo, la citazione di “foreste e paludi” che crescevano sugli attuali territori di tundra del Canada, al tempo in cui questi eventi accaddero, punta ad un’epoca precedente l’ultima Era Glaciale, oltre 50.000 anni fa.

Gli Hopi del sud—ovest degli attuali USA hanno una tradizione molto simile, che offre un altro scorcio di storia non documentata. La storia si chiama Kuskurza, la Terza Era del Mondo degli Anziani Perduti, ed è stata raccolta da Frank Waters:

“Alcuni, nel Terzo Mondo, fecero un potuwvotas, o scudo volante, e con i loro poteri magici lo fecero volare attraverso il cielo. Molti di loro volarono su di esso verso la grande città, l’attaccarono e poi ritornarono con una tale velocità che non si ricordavano neppure dove fossero stati. Presto altri, di altre nazioni, si misero a fare altri potuwvotas, e volarono e si attaccarono gli uni contro gli altri. Così la corruzione e la distruzione colpirono la gente del Terzo Mondo, come era accaduto agli stranieri.

Nell’antica India, il testo del Karna Parva raccontava la storia della “Guerra degli Dèi e degli Asura” con il gran condottiero Sankara Mahadeva che combatté contro i suoi nemici, i Daitya e i Danava. Il condottiero si spostava nel suo “raggiante veicolo celestiale” e attaccò la tripla città di Tripura, distruggendola completamente con la sua “arma divina” e mandando “tutte le razze ribelli a bruciare, in fondo all’Oceano d’Occidente”. Il testo del cap. XXXIV del Karna Parva dice:

“L’illustre divinità partì veloce, e il suo mezzo, che rappresentava il centro dell’intero universo, penetrò nella tripla città. Grandi urla di dolore furono lanciate da tutti quelli colpiti, che cominciavano a cadere. Allora la tripla città fu bruciara e gli Asura furono bruciati, e i Danava sterminati dagli Dèi”.

Altri due antichi testi indiani, il Drona Bhisheka (cap. XI) e lo Harivamsa (cap. LVI), offrono descrizioni di altre terribili distruzioni avvenute durante la stessa guerra, in cui città intere furono “consumate in un inferno che tutto abbracciava” e “mandate giù nelle acque profonde”.

Nei poemi epici indù del Mahabharata e del Ramayana vi sono descrizioni ancor più dettagliate, di migliaia d’anni fa, quando grandi re—dèi si spostavano nei loro Vimana (macchine volanti) e guerreggiavano lanciando armi micidiali contro i loro nemici. Le descrizioni di quelle armi negli antichi versi — la loro forza, le loro caratteristiche distruttive e gli effetti — suonano incredibilmente moderni.

I testi affermano:

*L’arma fulminante di Indra era dotata della forza del tuono di Indra dai mille occhi.

*La mortale arma lancia—saette misurava tre cubiti per sei. Era l’arma sconosciuta, di ferro, di Indra, il messaggero di morte.

*Il proiettile era carico dell’energia di tutto l’Universo.

*All’arma Agneya nessuno poteva resistere, neppure gli stessi dèi.

*Il Brahma—danda o bastone di Brahma era ancor più potente.

*Benché potesse colpire una volta sola, sterminava interi paesi e intere razze, da una generazione all’altra.

*Adwattan perse un missile splendente dal fuoco fumante.

*Il missile bruciava con l’energia d’un fulmine.

*Il missile giunse volando e distrusse intere città con tutte le loro difese.

*Le tre città dei Vrishni e degli Andhaka furono distrutte tutte insieme, in un solo istante.

*Una colonna di fumo e fuoco incandescente, brillante come diecimila soli, si innalzò in tutto il suo splendore.

*Le nubi lassù roteavano facendo piovere polvere e ghiaia.

*Dense frecce di fiamma, come una gran pioggia, generata dalla stessa creazione, circondarono il nemico da ogni parte.

*Il cielo scintillò e i dieci punti dell’orizzonte si riempirono di fumo.

*Meteore esplosero lampeggiando giù dal cielo.

*Venti fortissimi cominciarono a soffiare e disturbarono tutti gli elementi.

*Il sole sembrò vacillare nei cieli.

*La terra e tutte le sue montagne e i mari e le foreste presero a tremare.

*Il vento soffiò come un fiero uragano e la terra s’incendiò.

*Nessuno vide il fuoco, perché era invisibile, ma consumò ogni cosa.

*Cadde una specie di pioggia, che si asciugava a mezz’aria per l’intenso calore.

*Gli uccelli impazzirono e gli animali furono sterminati dalla distruzione.

*Gli animali caddero a terra, con le teste rotte, e morirono tutti su una vasta regione.

*Gli elefanti bruciarono tra le fiamme, correndo impazziti qua e là per cercare una protezione.

*Le acque dei fiumi e dei laghi bollirono e le creature che vivevano in esse perirono.

*Migliaia di macchine da guerra caddero da entrambe le parti.

*Interi eserciti furono abbattuti come alberi in una foresta che brucia, quando furono investiti dal fuoco rabbioso.

*I corpi erano talmente bruciati da non essere più riconoscibili.

*Lo sguardo dell’arma Kapilla era talmente potente da bruciare e ridurre in cenere migliaia di uomini.

*Il fulmine ridusse in venere le intere razze dei Vrishni e degli Ankhaka.

*Per sfuggire al respiro di morte, i guerrieri si gettarono nei fiumi per lavarsi e seppellire le loro armature.

*Capelli e unghie caddero.

*I bambini che dovevano nascere morirono nel ventre della madre.

*Gli uccelli nacquero con piumaggio bianco e zampe rosse, a forma di testuggini.

*La ceramica si ruppe senza causa apparente.

*Tutti i cibi si avvelenarono e rimasero non commestibili.

*La terra fu afflitta da siccità, che durò per dieci lunghi anni.

Ci sono troppi dettagli simili, in modo impressionante, al racconto d’un testimone oculare di un’esplosione nucleare: la brillantezza dell’esplosione, la colonna di fumo e di fuoco che sale, il fallout, calore intenso e onde d’urto, l’aspetto delle vittime e gli effetti velenosi della radiazione. Sino a settant’anni fa queste antiche descrizioni erano considerate mera fantasia, ma con l’avvento dell’era nucleare, nel 1945, improvvisamente i testi dell’antica India poterono essere compresi nel loro pieno significato.

Ci sono tracce che suggeriscono con forza che guerre nucleari possano essere avvenute in un lontano passato. Secondo il Mahabharata, durante la Grande Guerra Bharata i Vimana volanti e terribili armamenti furono usati, coinvolgendo gli abitanti dell’India settentrionale, lungo il fiume Gange, nel periodo preistorico. Nella regione tra il Gange e le montagne di Rajmahal, ci sono numerose rovine carbonizzate, che aspettano ancora d’essere esplorate e scavate.

Le osservazioni svolte nel sec. XIX indicarono che le rovine non erano stata bruciate da un fuoco ordinario. In molti casi apparivano come grandi masse fuse insieme, con superfici profondamente bucherellate, come stagno colpito da acciaio temprato.

Alcuni studiosi sono dell’opinione che l’orribile guerra scoppiasse nel periodo alla caduta dell’impero preistorico Rama, in India, e fosse dapprima combattuta nella regione dell’attuale Kashmir.

Appena fuori di Srinagar ci sono le massicce rovine d’un complesso di templi chiamato Parshaspur, i cui blocchi di pietra, pesanti diverse tonnellate, sono sparsi su una grande superficie. La configurazione dei blocchi suggerisce che una tremenda esplosione abbia distrutto il sito. Non è privo di significato karmico il fatto che oggi le due potenze nucleari dell’Asia meridionale, India e Pakistan, siano accanite rivali, e che uno degli elementi della loro contesa sia proprio la disputa sulla regione del Kashmir.

Più lontano, verso il Sud, le dense foreste del Deccan contengono molte rovine simili che possono anche essere più antiche, e suggeriscono una guerra precedente quella del Mahabharata, e che può aver coinvolto un’area ben più ampia. I muri sono vetrificati, corrosi e sciolti da un tremendo calore. Alcuni edifici rimasti in piedi presentano le pietre dei muri vetrificate, come se la loro superficie si fosse fusa e poi solidificata di nuovo.

Nessuna fiamma d’origine naturale, nessuna eruzione vulcanica avrebbe potuto produrre un calore abbastanza intenso da causare un tale fenomeno. Solo un forte calore radiante potrebbe aver causato un tale danno. Nella stessa regione di questo secondo gruppo di rovine, il ricercatore russo Alexander Gorbovsky riferì nel 1966 di avere scoperto uno scheletro umano contaminato da radiazioni cinquanta volte superiori all’ordinario.

Nel gennaio del 1992 fu pubblicata la notizia della scoperta nel Rajasthan di un’area di tre miglia quadrate di ceneri radioattive, dieci miglia ad ovest di Jodhpur. Un progetto di urbanizzazione in quest’area fu abbandonato a causa dell’alta incidenza di casi di cancro e di malattie alla nascita.

Una centrale nucleare, costruita recentemente nella regione, fu ritenuta la causa di tutto ciò, ma una commissione di cinque scienziati, diretta dal presidente del progetto Lee Hundley, inviata a studiare il mistero, identificò una fonte ben diversa. Essi disseppellirono i resti carbonizzati di edifici che risalivano almeno a 12000 anni fa, ed erano stati abitati un tempo da circa mezzo milione di persone.

La città preistorica, oltre alla quantità di radiazioni residue, rivelava nel suo aspetto una distruzione causata dall’esplosione di un’arma nucleare e gli scienziati stimarono che l’ordigno dovesse avere la stessa potenza di quello che distrusse Hiroshima nel 1945.

L’archeologo Francis Taylor, in una prosecuzione di questa iniziale scoperta, trovò muri storici scolpiti, recanti testi iscritti, in un tempio vicino. Essi mostravano la gente del luogo che pregava d’essere risparmiata dalla “gran luce” che veniva a distruggere la città. Sembra che le iscrizioni siano state ricopiate da fonti più antiche, che risalgono a parecchie migliaia d’anni fa. È stata citata questa espressione di Taylor:

“E’ molto sconvolgente immaginare che qualche civiltà possedesse una tecnologia nucleare, tanto prima di noi. La cenere radioattiva aggiunge credibilità agli antichi racconti indiani che descrivono una guerra atomica”.

Per proteggere la popolazione locale, la cenere e le rovine sono stata accuratamente coperte e schermate contro la diffusione delle radiazioni residue, e oggi si può vedere soltanto una lunga striscia di calcestruzzo che attraversa l’area.

Può non essere soltanto una coincidenza il fatto che, al tempo in cui la misteriosa città del Rajasthan fu distrutta, circa 12000 anni fa, ci fosse anche un incremento delle tracce di rame, stagno e piombo nei ghiacciai che circondavano il mondo, indici di una gran massa di prodotti inquinanti liberata di colpo nell’atmosfera e circolati con le alte correnti d’aria intorno al globo, così come un incremento drammatico delle concentrazioni d’uranio nel corallo che cresceva, da 1, 5 parti per milione sino ad oltre 4 parti per milione. I paleo—climatologi non sono mai stati capaci di spiegare questi eventi con eventi di origine naturale.

Se gli Antichi usarono l’energia nucleare a scopi distruttivi, la usarono anche per scopi pacifici, come si usa oggi?

Il 25 settembre del 1972, il Dr. Francis Perrin, ex presidente dell’Alta Commissione francese per l’energia nucleare, presentò un rapporto all’Accademia Francese delle Scienze sulla scoperta di resti di un impianto nucleare preistorico.

Le prime constatazioni di Perrin risalgono a quando i lavoratori del centro francese per l’arricchimento dell’uranio osservarono che il giacimento d’uranio di una miniera ad Oklo, 70 km ad ovest di Franceville nel Gabon, in Africa occidentale, era sensibilmente povero di uranio 235. Tutti i giacimenti d’uranio nel mondo contengono oggi 0, 715 per cento di U235, mentre la miniera di Oklo mostrava livelli notevolmente più bassi: 0, 621 per cento.

L’unica spiegazione possibile poteva essere che esso fosse stato “bruciato” in una reazione a catena. L’evidenza a favore di tale supposizione emerse quando i ricercatori del Centro Atomico di Cadarache trovarono quattro elementi rari—neodimio, samario, europio e cesio—in forme tipiche dei residui di una fissione nucleare dell’uranio.

Il Dr. Perrin concluse il suo rapporto con l’ipotesi che l’uranio di Oklo avesse subito una reazione nucleare, scatenata spontaneamente da cause naturali. Poiché l’antichità dei depositi d’uranio di Oklo è databile a 1, 7 miliardi di anni, il Dr. Perrin suggerì che la reazione fosse avvenuta in quel periodo, e che in quel periodo l’uranio dovesse essere puro.

A seguito della pubblicazione del rapporto del Dr. Perrin, tuttavia, serie questioni sulle conclusioni sono state sollevate da altri esperti. Glenn T. Seaborg, ex capo della United States Atomic Energy Commission e premio Nobel, sottolineò che, perché l’uranio “bruci” in una reazione, occorrono condizioni esattamente dosate. Occorre acqua per rallentare la velocità dei neutroni rilasciati e far proseguire la reazione a catena in modo non esplosivo. L’acqua deve essere estremamente pura. Bastano poche parti per milione di qualsiasi agente contaminante per “avvelenare” la reazione e interromperla. Ebbene, l’acqua pura non esiste in natura da nessuna parte, in tutto il mondo. Una seconda obiezione riguardava l’uranio stesso. Diversi specialisti nell’ingegneria dei reattori notarono che mai, nella storia geologica dei depositi di Oklo, il giacimento era stato abbastanza ricco di U235 per potere scatenare una reazione spontanea.

Anche quanto si suppone che il giacimento si formasse, considerando il basso tasso di disintegrazione radioattiva dell’U235, il materiale disponibile per una fissione avrebbe costituito solamente il 3% del giacimento, ben lontano da un livello di “autoincendio”. Eppure la reazione c’è stata, il che suggerisce che l’uranio fosse in origine ben più ricco di quanto avvenga in una formazione naturale.

Quanto rimane è evidente prova di una reazione nucleare che non può essere spiegata con cause naturali. Se la natura non ne è stata responsabile, la reazione può solo essere stata prodotta in maniera artificiale. È possibile che l’uranio di Oklo sia il residuo di un reattore nucleare preistorico, prodotto da una civiltà sconosciuta, che seppellì in modo deliberato i propri rifiuti nell’Africa occidentale, molto tempo fa?

In modo significativo, l’uranio “bruciato” di Oklo non si trova in nessuna delle tredici diverse “zone” o giacimenti posti alla distanza di un miglio, con una configurazione che suggerisce che qualcuno, in un ignoto passato, abbia seppellito il materiale di scarto con un progetto specifico. Il sito stesso è bene scelto per una discarica di materiale di scarto perché, per quanto possa essere estremamente antico, il sedimento non si è mai mosso ed è stato contenuto saldamente dalla disposizione geologica degli strati circostanti.

Il fisico Frederick Soddy ha fatto questa significativa constatazione nel 1920 sull’uso pacifico della fisica atomica, come può trasparir dagli antichi miti e leggende:

“Si è tentati di chiedersi quanto lontano l’insospettabile attitudine ad alcune scoperte che riteniamo recenti sia il risultato del caso o pura coincidenza, e quanto lontano possa spingersi l’evidenza di un’antica civiltà, del tutto sconosciuta e insospettabile, della quale siano scomparse tutte le testimonianze”.

“E’ curioso per esempio riflettere sulle importanti leggende sulla pietra filosofale, una delle più antiche ed universali credenze, l’origine della quale, tuttavia, è penetrata da molto lontano nei rcocndi del passato, e probabilmente non troveremo mai nessuna testimonianza reale di essa”.

“Alla pietra filosofale si attribuiva il potere non solo di trasmutare i metalli, ma di agire come elisir di vita. Ora, qualunque possa essere stata l’origine di questa leggenda apparentemente insensata, si tratta di una perfetta e solo lievemente allegorica espressione delle attuali opinioni e dei punti di vista della fisica atomica. Non si richiede molto sforzo d’immaginazione per vedere nell’energia la vita dell’universo fisico e la chiave della fonte primaria di tutto l’universo, come la fisica attuale lo conosce, è la trasmutazione. Questa antica associazione del potere di trasmutazione con l’elisir, può allora essere una mera coincidenza? Preferisco credere che possa essere stata un’eco proveniente da una o più epoche antiche, nella storia non scritta del mondo, di un’epoca dell’uomo che già percorse la via che noi siamo percorrendo oggi, in un passato forse talmente remoto che persino i più minuscoli atomi di quella civiltà abbiano letteralmente avuto il tempo di disintegrarsi”.

Ogni scienza ha i suoi aspetti oscuri, e Soddy ha aggiunto queste parole:

“Non possiamo leggere in quelle leggende una certa giustificazione per la credenza che qualche antica dimenticata razza di uomini abbia raggiunto non solo le conoscenze che per noi sono recenti, ma anche la potenza che non è ancora stata raggiunta? Credo che possano esserci state civiltà nel passato che avevano familiarità con l’energia atomica, e che usandola malamente si possano essere totalmente distrutte”.

La differenza fra due tipi di eventi e l’epoca in cui si sono verificati

Una certa confusione fatta da certi ricercatori, che hanno confuso vari siti che sono stati colpiti da distruzioni nucleari in un lontano passato, deriva dal fatto che, in realtà l’evidenza di roccia fusa e rivetrificata può derivare da due tipi diversi di cause, di due nature ben distinte.

La prima, intorno all’undicesimo millennio a.C., corrisponde al conflitto globale nucleare che pose fine a un certo numero di antiche civiltà progredite, e sconosciute, in un terribile olocausto.

La seconda, verso la fine del quarto e l’inizio del terzo millennio a.C., fu quando qualcuno cercò di attivare un accumulatore di energia solare, il che causò un grave incidente elettrico tra la ionosfera e la superficie terrestre, bruciando letteralmente e fondendo parte della griglia energetica del pianeta, in punti geometricamente ben identificabili.

Il solo modo per distinguere tra i due tipi di siti consiste nelle risposte a tre questioni, relative alle sue caratteristiche:

1. Il residuo radioattivo era presente, o no?

2. Può il sito essere datato come preistorico (decimo millennio a.C.) o antico (quarto millennio a.C.)?

3. Come si poneva il sito geografico in coordinazione con la griglia planetaria di Cristallo icosa—dodecaedrica?

Per cominciare con un valido esempio, ricorderemo quei siti dell’India centrale e meridionale che presentano elevati livelli di radioattività. Quei luoghi erano indicati nel Mahabharata come luoghi coinvolti in un grande conflitto, chiamato la Grande Guerra Bharata, in cui era descritto l’uso di armi nucleari, un evento che dovrebbe risalire a 12000 anni fa.

In contrasto, le rovine semifuse nel Nord della cittadella di Mohenjo—Daro, nell’attuale Pakistan, non furono il risultato d’un conflitto nucleare, ma furono causate da violente scariche elettriche, durante la guerra che ebbe luogo settemila anni dopo la Guerra Bharata.

Sappiamo ciò, innanzitutto, perché le rovine fuse della cittadella della città harappana sono datate agli anni compresi tra il 3200 e il 2800 a.C. In secondo luogo, Mohenjo—Daro è un punto nodale fondamentale nella griglia energetica del Cristallo della Terra. Terzo, nonostante ciò che alcuni ricercatori hanno erroneamente riferito, non ci sono tracce di radioattività residue in questo sito. Sembrerebbe che taluni autori abbiano confuso per errore Mohenjo—Daro con le località veramente radioattive dell’India preistorica, che sono ben diverse, visti i millenni che intercorrono tra l’una e le altre.

Lop Nor e altri siti fusi o ricoperti di vetro, nell’Asia centrale, sono estremamente antichi e mostrano segni di residui radioattivi. Se si dà credito alla guerra devastante e alle conseguenze di distruzione totale di alcune razze, descritte nel Libro di Dzyan, quei siti furono coinvolti nel conflitto nucleare preistorico.

Nella stessa regione vi sono i resti della città di Khora—Khota, circa mille km ad ovest di Hohot, la capitale della Mongolia Interna, presso i margini del Deserto di Gobi, dove si trova un altro nodo energetico maggiore. I muri di questa città sono rimasti vetrificati e di color blu, a causa di qualche forma tremenda di calore radiante, ma non si riscontra nessun livello di radiazione.

Le leggende locali specificano che questo fenomeno fu causato non da un lampo accecante, né da un’esplosione ma piuttosto da “una corrente continua di lampi luminosi, che cadeva dal cielo”.

Questa barriera di lampi fu tanto lunga e tanto intensa che gli effetti vetrificanti si sono diffusi in profondità, con una specie di maglia, nel terreno, su un’area col raggio di diverse centinaia di metri. L’effetto è diverso da quelli di un’esplosione nucleare, il cui calore colpisce la superficie e rimbalza immediatamente su una grande superficie, ma rimane superficiale. Invece, come un singolo fulmine, che colpisce insieme un albero e il suolo, l’antica cascata elettrica è penetrata in profondità ed ha lasciato una traccia creata dall’elettricità, aprendosi il cammino attraverso le masse a più bassa resistenza.

In modo simile, i resti fusi trovati nel Medio Oriente, nell’area dell’Egeo, nella Piramide bruciata di Meidun in Egitto, i forti vetrificati della Scozia, le superfici rocciose fuse scoperte della Valle della More e a Kenko e Sacsayhuaman in Perù, tutti questi possono essere datati intorno al quarto millennio a.C., e sono collegati con punti nodali, disposti geometricamente nella maglia dell’energia planetaria, e sono privi di qualsiasi traccia radioattiva.

Non fu un evento nucleare ma piuttosto una valanga elettrica globale, come si legge nell’Antico Testamento e nella più antica versione sumerica dell’Epica di Gilgamesh, in cui la distruzione è così descritta:

“I cieli ruggivano e scricchiolavano [rumori scricchiolanti e forti schiocchi accompagnavano lo sbarramento di fulmini], la terra era percorsa da sordi boati [il tuono continuo è un effetto conseguente, come avviene nelle tempeste con molti fulmini]. Improvvisi lampi di luce [in catena, gli uni dietro gli altri] come se piovesse una gragnuola di morte. Poi l’esplosione di fuoco celeste si fermò e tutto ciò che era stato ridotto in cenere si trasformò in croste [fuso, vetrificato, e solidificato quando la superficie della pietra di raffreddava].”

Il secondo più famoso racconto babilonese era la storia della Torre di Babele, nel corso della quale, secondo il libro ebraico della Genesi, si ebbe la “confusione delle lingue”. Essa fu il risultato della valanga di fulmini elettrici, che distrusse i centri della parola nei cervelli di tutti i costruttori della Torre, i quali potevano soltanto “balbettare” in modo incoerente e temporaneamente avevano perduto la comunicazione verbale, degli uni con gli altri. Abbiamo qui un’altra evidenza che questo fenomeno avvenne verso il quarto millennio a.C.

In contrasto, altri resti diffusi, come il grande campo di rocce vetrificate nel deserto egiziano occidentale, o le rovine fortemente vetrificate di Sete Cidades in Brasile, sono impregnati di radioattività e indicano riferimenti a distruzioni nucleari avvenute in tempi remoti.

Nel Nord America, scienziati associati al Lawrence Berkeley Nuclear Laboratory in California hanno scoperto evidenze geologiche che molti depositi sedimentari, che coprono l’intera regione dei Grandi Laghi, erano stati sottoposti ad una breve bruciatura derivata da una forte irradiazione nucleare e ad un bombardamento di particelle, correlati con la presenza di quantità anomale di uranio e di plutonio, che si trovano in abbondanza nella zona. Qual era la data di tale improvviso e drammatico evento? Circa 12500 anni fa, quando anche in altre parti del mondo ebbe luogo il conflitto nucleare, lasciando residui simili a questi.

Ci sono casi in cui le poche tracce rimaste possono essere interpretate in entrambi i modi. Per esempio, troviamo tracce di fusione in alcuni luoghi di Rapa Nui, persino tra le superfici di pietra delle piattaforme sacre (ahu) sulle quali sorgono gli enigmatici giganti di pietra. Sappiamo che la data delle statue è piuttosto recente, e inoltre l’Isola di Pasqua è un nodo maggiore nella griglia d’energia del pianeta.

Inoltre, poiché nessuna radioattività si trova associata, l’evidenza della distruzione da parte di radiazioni di calore deve essere attribuita alla valanga elettrica avvenuta 6000 anni fa.

Tuttavia, l’unica anomalia è la presenza delle figurine maoi—kavakava, che ritraggono accuratamente uomini sofferenti degli effetti dell’avvelenamento da radiazioni.

Può trattarsi d’una memoria singolare, rimasta dopo una prima distruzione causata da una guerra nucleare, che abbia coinvolto anche una popolazione molto antica dell’isola?

Occorre considerare un altro aspetto sorprendente. Circa 400 km a nord—est di Mumbai (Bombay) c’è un lago quasi circolare, che riempie un cratere del diametro di 2, 5 km e di 700 m di profondità, chiamato Cratere Lonar. È l’unica traccia conosciuta d’impatto in una formazione basaltica, con eiezione dei frammenti rocciosi sino a 1, 5 km di distanza, e contiene diverse colate di roccia fusa, spesse sino a 30 m. Il fondo del lago contiene noduli vetrificati di basalto, effetto di una pressione che deve aver superato le 600000 atmosfere.

Il vero mistero consiste nell’assenza di ferro meteoritico o di tracce di nickel, in tutta l’area, il che suggerisce che il forte impatto non fosse di origini naturali o celesti, oltre il fatto che diverse fonti indipendenti datano l’evento a 50000 anni fa.

Inoltre, la regione del Lonar presenta differenze stridenti per l’acidità delle acque e per la flora e la fauna che le distinguono, con piccole anomalie genetiche, e tutto ciò indica che un tempo la regione deve essere stata sottoposta ad un breve ma intenso effetto di radioattività.

Stiamo considerando la possibile conseguenza di un ancor più antico conflitto nucleare, che risale a 40 millenni prima di tutte le precedenti tracce?

In modo molto significativo, nella storia esoterica—occulta, il 50000 a.C. corrisponde alla fine della perduta civiltà di Mw nel Pacifico e alla fine della Prima Fase della civiltà di Atlantide nella regione dell’Atlantico. Potrebbero i due antichi popoli progrediti aver combattuto una primitiva guerra mondiale, nella quale entrambi soccombettero alla catastrofe, e tale guerra potrebbe aver coinvolto l’attuale India nel fuoco incrociato nucleare?

È degno di nota il fatto che gli Hopi ed altri Popoli Nativi degli USA e del Canada abbiano conservato leggende sull’esistenza di un’antica Età del mondo, in cui gli antenati costruirono grandi città attraverso l’emisfero occidentale e conoscevano come volare per superare grandi distanze.

Le divisioni e la guerra, però, spinsero quei popoli preistorici ad attaccarsi l’un l’altro nei cieli, distruggendo tutto il loro ambiente e costringendo i sopravvissuti alla schiaviù e all’esilio, senza che mai più potessero ricostruire le loro civiltà.

È notevole il fatto che queste vecchie leggende concordino sul periodo in cui si verificarono gli eventi: “prima che ci fossero le montagne di ghiaccio, quando invece le terre dell’estremo Nord erano coperte da grandi foreste”.

Ora sappiamo, su basi geologiche, che ci furono tra distinti periodi in cui si ebbero tali condizioni di libertà dal ghiaccio alle latitudini boreali, quando le vaste foreste crescevano al di sopra del circolo polare artico: durante il periodo interglaciale Sangamoniano, tra 110000 e 138000 anni fa, nel periodo interglaciale Yarmouth tra 200000 e 380000 anni fa, e nel periodo interglaciale Aftoniano tra 455000 e 620000 anni fa.

Forse i Nativi Americani hanno un ricordo di tempi in cui una civiltà scomparsa si distrusse da sola, centinaia di migliaia d’anni fa, in un’!epoca incredibilmente remota?

Come altri esempi, alcuni ricercatori stanno cominciando a mettere in dubbio l’asserzione che molti estesi giacimenti di tektiti (piccoli noduli vetrosi di silicati terrestri misti) ritrovati in vari luoghi e di diverse epoche, fossero il puro risultato di impatti meteoritici naturali. Essi potrebbero essere l’opera artificiale dell’azione umana, il risultato di mega—guerre combattute da civiltà sconosciute in lontanissime epoche?

Alcuni di questi campi di tektiti sono stati geologicamente a 750.000 anni fa, e anche di più. La loro presenza fornisce forse la testimonianza di diversi cicli di cataclismi nucleari, nel lontano passato?

Quante volte i conflitti totali possono avere imperversato e distrutto l’umanità nel remoto passato? Possiamo noi, oggi, commettere nuovamente lo stesso terribile errore?

Fonte: http://www.forgottenagesresearch.com/lost-knowledge-series/Have-We-Shattered-the-Atom-BeforeSigns-of-a-Former.htm [Copyright 2009, 2010. Joseph Robert Jochmans. All Rights Reserved.]

martedì 23 novembre 2010

Guerra :Lampi di guerra tra le due Coree Artiglieria colpisce isola, Seul risponde


L'isola sudcoreana di Yeonpyeong e' stata severamente danneggiata dal bombardamento di artiglieria della Corea del Nord. Almeno 50 colpi hanno raggiunto i bersagli, ha detto il portavoce dell'Incheon Metropolitan City, distretto cui appartiene l'isola. Un testimone ha raccontato: 'L'intero villaggio era un mare di fuoco'. E intanto il premier giapponese Naoto Kan ha ordinato ai suoi ministri di prepararsi 'a ogni evenienza' dopo il bombardamento dell'isola sudcoreana.

Torna alta la tensione al confine fra le due Coree. L'artiglieria nordcoreana ha colpito un'isola della Corea del Sud, situata ad ovest della penisola, nel Mar Giallo. Due soldati sudcoreani sono morti, più di una decina sono rimasti feriti, alcuni in modo gravissimo. L'esercito di Seul ha subito risposto al fuoco, mentre il governo ha decretato il massimo livello di allerta in tempo di pace, ha riunito il gabinetto di sicurezza e inviato i suoi caccia a sorvolare l'isola. Il presidente sudcoreano Lee Myung-bak ha invitato Pyongyang a evitare un'escalation, ma ha anche avvertito che se le "provocazioni continueranno" la risposta sarà "più forte". Sul caso, il Consiglio di Sicurezza dell'Onu dovrebbe indire una riunione d'emergenza per i prossimi giorni. E Obama ha avvertito: "La Corea del Nord non sta rispettando i suoi obblighi nei confronti della comunità internazionale". Il presidente Usa ha annunciato che parlerà domani con il collega sudcoreano.

Volano, intanto,
accuse reciproche: per Seul si tratta di un attacco premeditato da parte della Corea del Nord in aperta violazione dell'armistizio del 1953, che mise fine alle ostilità anche se un trattato di pace fra i due paesi non è mai stato firmato. Un'azione disumana, che mette a serio rischio i civili che abitano l'isola, circa 1.500. Ma Pyongyang accusa l'esercito sudcoreano di aver sparato per primo e assicura che il bombardamento dell'isola è avvenuto in risposta a quei colpi. E minaccia nuove azioni se Seul violerà il confine marittimo tra i due Paesi "anche di 0,001 millimetri". Dal Sud arriva poi una precisazione: ammettendo di aver condotto esercitazioni militari nell'area, le autorità affermano di aver sparato in direzione ovest, non nord.

La zona dell'attacco, dove è situato un dispiegamento nordcoreano, è contesa da molti anni tra le due Coree e già in passato è stata teatro di scontri. Almeno 50 colpi d'artiglieria hanno raggiunto il bersaglio: obiettivo principale, secondo le prime informazioni, la base militare sull'isola che ospita almeno 600 marine e altre decine di militari di altri reparti. Il bombardamento ha però colpito anche decine di case, almeno 60 secondo i testimoni: le fiamme che hanno avviluppato gli edifici si sono propagate alle aree circostanti. Alcuni residenti hanno lasciato l'isola a bordo delle barche dei pescatori, altri si sono rifugiati nei bunker.

Le reazioni. Ferma la condanna dell'"azione bellica" nordcoreana da parte della Casa Bianca. Washington chiede che cessi immediatamente e conferma che gli Stati Uniti sono pienamente impegnati a garantire la sicurezza della Corea del Sud, oltreché la stabilità e la pace regionale. Il Pentagono per ora non ritiene necessario un "rafforzamento del deterrente militare" nell'area. Il governo cinese si è già detto molto preoccupato e ha invitato le parti a tornare alla ragionevolezza, invocando allo stesso tempo una rapida ripresa dei colloqui a sei (Corea del Nord, Corea del Sud, Cina, Giappone, Russia e Stati Uniti), partiti nel 2003 per fermare la corsa all'atomica di Pyongyang. La Russia ha invitato a evitare un'escalation e vede un "colossale pericolo" all'orizzonte: la tensione nella regione sta crescendo, dice il ministro degli Esteri Serghei Lavrov ed "è necessario mettere fine agli attacchi immediatamente".

Dura condanna anche da parte della Nato e dell'Unione europea, che, per bocca dell'alto rappresentante per la politica estera Catherine Ashton, ha espresso preoccupazione profonda per gli eventi odierni, mentre il premier giapponese Naoto Kan ha riunito d'urgenza i ministri e ha detto loro di tenersi pronti a tutto per reagire in maniera ferma "qualunque imprevisto accada". Da Gerusalemme, anche il ministro degli Esteri Franco Frattini si aggiunge al coro di critiche internazionali contro Pyongyang e dichiara: "Dobbiamo rispondere duramente perché se questi episodi sono tollerati si dà un esempio pessimo ad altri Paesi del mondo, senza nominare nessuno in particolare".

Seul, situazione tranquilla. Tranquilla la situazione a Seul, riferisce l'ambasciatore italiano Andrea Leggeri. "Non c'è nessuna ragione per allarmare, il Paese ha reagito con calma" al bombardamento, ha detto parlando a Sky Tg24. L'ambasciata italiana sta seguendo l'evolversi della situazione.

Ieri le esercitazioni sudcoreane. Ieri Seul ha dato inizio al "Hoguk Exercise", una delle tre principali esercitazioni annuali di difesa che coinvolgono circa 70.000 militari, mentre oggi a Pechino è arrivato l'inviato speciale americano per la Corea del Nord Stephen Bosworth, nell'ambito dei colloqui sul dossier di Pyongyang in programma in questi giorni. Il bombardamento dell'isola giunge pochi giorni dopo la scoperta dell'esistenza di un sofisticato impianto per l'arricchimento dell'uranio in Corea del Nord, un sito dove i tecnici nordcoreani potrebbero fabbricare armi nucleari. La scoperta, fatta grazie alla visita di uno scienziato statunitense nel Paese, ha scatenato l'allarme internazionale. Washington ha parlato di aperta sfida, Seul si è detta "molto preoccupata" e Tokyo ha definito la situazione "totalmente inaccettabile".
fonte: http://www.repubblica.it/esteri/2010/11/23/news/lampi_di_guerra_tra_le_cree_artiglieria_colpisce_isola_seul_risponde-9397471/?rss

venerdì 6 agosto 2010

ARMI NUCLEARI : 65 anni fa il bombardamento atomico di Hiroshima

Alle 8.15 il tocco della campana ha richiamato nei più anziani il ricordo di un enorme lampo e poi della devastazione, dovunque: il 6 agosto del 1945, su ordine del presidente americano, Harry Truman, venne sganciato dal bombardiere “Enola Gay” il primo ordigno nucleare sulla città giapponese di Hiroshima, seguito, tre giorni dopo, dal lancio della bomba atomica su Nagasaki. Venne scaricata su 350.000 abitanti inermi di Hiroshima -uccidendone quasi la metà - la più potente bomba mai realizzata dall’uomo.

Il 6 agosto del 1945 alle 8.15 il bombardiere americano B-29 ‘Enola Gay’ sgancio’ sulla citta’ giapponese di Hiroshima, centro di 350mila abitanti a 700 chilometri da Tokyo, la bomba atomica ‘Little Boy’. L’esplosione, avvenuta a 580 metri di quota, rase al suolo il 90% degli edifici, uccidendo sul colpo almeno 70mila persone e provocando la morte di altri 80mila che persero la vita nei mesi successivi per le ustioni e per gli effetti delle radiazioni. Tre giorni dopo, il 9 agosto, un’altra bomba fu sganciata su Nagasaki, dove morirono carbonizzate 70mila persone. Il 15 agosto l’Impero giapponese firmo’ la resa incondizionata, ponendo ufficialmente fine alla Seconda Guerra mondiale.

L’utilizzo dell’arma atomica, impiegata per la prima volta durante un conflitto, fu giustificato dagli Stati Uniti con la necessita’ di porre rapidamente fine al conflitto ed evitare un’invasione del Giappone, che avrebbe avuto un costo di vite umane di gran lunga superiore a quello provocato dalle esplosioni nucleari. Ben presto, tuttavia, tra gli stessi americani comincio’ a farsi largo l’idea che il ricorso alle armi atomiche fosse stata una deprecabile brutalita’. I primi statunitensi a raggiungere Hiroshima – uomini dei servizi segreti, scienziati e giornalisti – si trovarono di fronte lo scenario apocalittico di una citta’ fantasma, che descrissero attraverso le immagini di migliaia di persone ammassate in baracche semidistrutte che tossivano, urinavano sangue e perdevano i capelli a ciocche.

Lo scrittore e giornalista John Hersey, tra i primi a raggiungere Hiroshima, realizzo’ un efficace reportage sulle condizioni di vita di sei sopravvissuti, pubblicato a puntate nel 1946 sul ‘New Yorker’ e raccolto l’anno successivo in un unico volume dal titolo ‘Hiroshima’. Contemporaneamente, l’esercito americano pubblicava un’indagine sul Bombardamento Strategico dopo aver intervistato centinaia di militari e civili giapponesi nei mesi successivi alla resa, giungendo alla conclusione che “certamente prima del 31 dicembre 1945, e con tutta probabilita’ prima del primo novembre 1945, il Giappone si sarebbe arreso anche se le bombe atomiche non fossero state sganciate, anche se la Russia non fosse entrata in guerra, e anche se nessuna invasione fosse stata pianificata o contemplata”.Sebbene, a distanza di decenni, gli storici sono ancora discordi sull’effettiva necessita’ di ricorrere alle armi nucleari per porre fine alla guerra, gli Usa non hanno mai ritrattato ufficialmente la loro posizione sulle scelte dell’agosto 1945. La decisione dell’amministrazione Obama di inviare l’ambasciatore americano in Giappone alla cerimonia di commemorazione per le vittime di Hiroshima e’ stata pero’ salutata come un importante segnale di cambiamento.

I superstiti dei bombardamenti atomici continuano tuttavia ad aspettarsi una richiesta di scuse ufficiali da parte del governo americano. “Chiedere scusa e’ la cosa migliore che potrebbero fare, ma dubito che cio’ avverra’”, ha dichiarato Terumi Tanaka, sopravvissuto al bombardamento di Nagasaki quando aveva appena 13 anni e oggi segretario generale della confederazione nipponica delle associazioni dei superstiti. “Accogliamo di buon grado la visita, ma senza una richiesta di scuse e’ difficile per noi”, ha aggiunto Tanaka. “Non chiediamo nessun risarcimento, vogliamo solo che gli Stati Uniti chiedano scusa e si liberino del loro arsenale nucleare”.

La pensa cosi’ anche Yasunari Fujimoto, segretario generale del Congresso giapponese contro le bombe A e H: “Non credo che sia irragionevole aspettarsi delle scuse, ma cio’ che conta ora e’ che gli Stati Uniti siano rappresentati, che le sofferenze delle vittime saranno riconosciute e che il processo di disarmo nucleare ne tragga un impulso”.

sabato 10 aprile 2010

SUMMIT WASHINGTON LANCERA' ALLARME ''BOMBE SPORCHE''

Stock di uranio e plutonio in giro per il mondo che potrebbero finire nelle mani dei terroristi per consentire loro di fabbricare ''bombe sporche''. Sara' questo il tema principale del summit sul nucleare che si terra' a Washington la prossima settimana, una questione che secondo l'amministrazione di Barack Obama rappresenta ''il pericolo piu' grave per l'America''.

''Il focus del summit sara' sui materiali che possono essere utilizzati per costruire armi nucleari, il plutonio e l'uranio arricchito'', ha anticipato Gary Samore, coordinatore della Casa Bianca per il controllo degli armamenti. ''L'ipotesi che i gruppi terroristi possano acquistare o fabbricare armi atomiche e' la piu' catastrofica minaccia possibile''.

Secondo fonti ufficiali di Washington, il comunicato finale del summit, al quale partecipano 47 nazioni, riconoscera' che il terrorismo nucleare rappresenta ''una seria minaccia'', appoggiando il piano di quattro anni proposto da Obama e promettendo di compiere passi a livello nazionale e internazionale per impedire che i gruppi di terroristi, Al-Qaeda su tutti, entrino in possesso di simili materiali.

venerdì 12 febbraio 2010

bomba Atomica: 50 anni fa prima bomba francese

Venne fatta esplodere nell'oasi di Reggane in Algeria

Alle 7h04 del 13 febbraio del 1960 la Francia entro' a far parte del club delle potenze nucleari con la sua prima atomica. L'ordigno esplose nell'oasi di Reggane, a 1000 km a sud di Algeri. Sid Ammar El Hammel, cittadino di Reggane e presidente dell'associazione '13 febbraio 1960', racconta che nella regione non e' cambiato nulla e che i resti radioattivi sono ovunque. 'Le nostre piante nascono diverse, dice, i nostri animali continuano a morire e le persone ad ammalarsi'.

venerdì 25 settembre 2009

ARMI ATOMICHE: il consiglio Onu approva il disarmo

Sotto la presidenza di Barack Obama si è aperta ieri a New York una storica riunione del Consiglio di sicurezza.

Il consiglio di sicurezza dell’Onu ha approvato all’unanimità una risoluzione presentata dagli Stati Uniti riguardante il disarmo e la non proliferazione nucleare. La riunione, a livello di leader, è presieduta dal presidente americano Barack Obama: è la prima volta che un presidente Usa presiede una riunione del consiglio di sicurezza. Gli Stati Uniti hanno la presidenza di turno, nel mese di settembre, del consiglio dei quindici.

La risoluzione approvata oggi all’unanimità dal consiglio di sicurezza dell’Onu indica come obiettivo un pianeta senza armi nucleari. La risoluzione chiede la fine della proliferazione delle armi atomiche e chiede ai Paesi firmatari del Trattato di Non Proliferazione nucleare (Tnp) di mantenere il loro impegno a non sviluppare armi atomiche. Il documento esorta gli stati che non hanno firmato in Tnp a partecipare allo sforzo per giungere al disarmo. La risoluzione non menziona Paesi specifici, ma è un riferimento a India e Pakistan (mentre Israele non ha mai ammesso ufficialmente di avere ordigni atomici). La risoluzione, senza nominare direttamente Iran e Corea del Nord, menziona anche le «grandi sfide esistenti al regime di non proliferazione nucleare».

Il presidente americano Barack Obama ha detto oggi a New York che i prossimi mesi “saranno critici” per quanto riguarda i tentativi di combattere la proliferazione nucleare. “I prossimi dodici mesi saranno assolutamente critici nel determinare il successo di questa risoluzione e dei nostri sforzi per combattere la diffusione delle armi nucleari”, ha detto il presidente americano nel suo intervento di apertura della riunione dei leader dei 15 membri del consiglio di sicurezza. Obama ha espresso soddisfazione per l’approvazione da parte del consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite di una risoluzione che prefigura un pianeta senza armi nucleari.

martedì 25 agosto 2009

bomba atomica: rischio esplosione nucleare al Circolo Polare Artico


Una “bomba sporca” giace nei pressi del Circolo Polare Artico. Si tratta di materiale radioattivo che, se esplodesse, potrebbe eguagliare se non superare il disastro nucleare di Chernobyl. Nel sito di stoccaggio russo della baia di Andreeva, nella Penisola di Kola, vicino Murmansk, giacciono infatti oltre 20 mila barre di materiale nucleare scartato dai sommergibili russi, relitti della Guerra Fredda contenuti lì da decenni. Il freddo e l’acqua salata stanno ora corrodendo l’edificio di Andreeva, e se una delle barre dovesse prendere fuoco, l’esplosione potrebbe proiettare materiale radioattivo ovunque, rendendo inabitabili zone della Norvegia, Russia e Finlandia e contaminando anche la Gran Bretagna.
Lo denuncia il gruppo ambientalista norvegese Bellona, che dice di aver ottenuto un dossier segreto dell’agenzia nucleare russa Rosatom, che parla di «esplosione incontrollabile» nel sito di Andreeva. «Le barre di materiale radioattivo sono fissate al suolo e protette da metallo, per evitare che si originino delle reazioni. Tuttavia, il metallo si sta corrodendo, e le barre cadono sul fondo dei contenitori che vengono corrosi dall’acqua marina», ha detto all’Indipendent John Large, consulente nucleare indipendente. «Questa corrosione - ha aggiunto - rilascia idrogeno, un materiale altamente infiammabile. Se per qualche motivo si dovesse originare una scintilla, l’esplosione potrebbe proiettare materiale radioattivo per centinaia di chilometri». Non si tratterebbe di una vera bomba nucleare, ma di una «bomba sporca» capace di contaminare una grande area per lunghissimo tempo.
«Poche persone morirebbero nell’esplosione», ha detto Large, che ha aiutato le operazioni di recupero del materiale radioattivo del sottomarino russo Krusk, affondato nel 2000. «Tuttavia, le condizioni metereologiche - ha continuato - potrebbero creare una nuvola di materiale radioattivo estesa per migliaia di chilometri. Proprio come è successo a Chernobyl». Per gli esperti, un’esplosione nel sito di Andreeva potrebbe cancellare la vita nel raggio di 50 chilometri, e rendere inabitabili per almeno 20 anni zone di Russia, Finlandia e Norvegia. «Ci sono fughe di radioattività dal 1982. Inoltre la sicurezza nel sito è ai minimi livelli», hanno detto gli attivisti di Bellona.
«C’è solo un pugno di guardie - hanno proseguito - e un po’ di filo spinato. Un sito del genere è molto appetibile per i terroristi in cerca di materiale per bombe sporche. E’ solo questione di tempo prima che accada qualcosa». Intanto, l’amministrazione Putin e la Rosatom hanno negato che il sito di Andreeva costituisca un pericolo per l’ambiente. «La possibilità che si verifichi un evento nucleare pericoloso è da escludere», ha detto Andrei Malyshev, vice capo della Rosatom.

sabato 13 giugno 2009

TEST NUCLEARI:Corea del Nord "Useremo il plutonio"


La Corea del Nord comincera' un programma per arricchire l'uranio e usera' a scopi militari tutto il plutonio che estrarra'. Lo afferma l'agenzia nordcoreana Kcna, aggiungendo che Pyingyang intraprendera' azioni militari se gli Usa e i loro alleati cercheranno di isolarla.



Pyongyang - Prosegue la minaccia della Corea del Nord, tesa a impaurire il mondo. Questa volta fa la voce grossa per rispondere al voto all’unanimità con il quale il Consiglio di sicurezza dell'Onu ha rafforzato le sanzioni contro Pyongyang a seguito dei test missilistici e nucleari condotti nelle scorse settimane. "L’opzione che consiste nell’abbandono delle armi nucleari è diventata cosa impossibile, e poco ci importa che alcuni ci autorizzano o no a disporre di armi nucleari", ha reso noto il ministero degli Esteri in un comunicato. "In primo luogo, tutto il plutonio estratto sarà utilizzato a fini militari. Un terzo delle barre di combustibili è già stato ritrattato", è stato spiegato.

Tecnologia disponibile "In secondo luogo, cominceremo l’arricchimento dell’uranio", ha aggiunto il ministero in un comunicato, affermando che il paese dispone della tecnologia necessaria grazie alla costruzione di reattori ad acqua leggera. Pyongyang ha informato, inoltre, che Pyongyang. Si tratta della prima reazione ufficiale nordcoreana alla decisione del Consiglio di sicurezza dell’Onu di inasprire le sanzioni contro Pyongyang in risposta al suo test del 25 maggio.

lunedì 20 aprile 2009

TEST NUCLEARI : Cina, i sopravvissuti ai test nucleari presentano il conto al governo


Quasi un milione e mezzo di persone è stato esposto alle radiazioni dei test nucleari cinesi nel deserto del Gobi ( Xinjiang ) dal 1964 al 1996 (190mila morti). Ora i sopravvissuti chiedono i risarcimenti.


Quasi un milione e mezzo di persone è stato esposto alle radiazioni dei test nucleari effettuati dal governo cinese nel deserto del Gobi dal 1964 al 1996. Di questi, oltre 190 mila sono morti per malattie legate alle radiazioni, ma i sopravvissuti, scrive The Times, dopo anni di silenzio e di malattie che si trascinano ormai di generazione in generazione hanno chiesto risarcimenti a Pechino. Sono soprattutto gli uomini e le donne dell’Unità 8023, che si occupavano dei sopralluoghi nelle zone in cui avvenivano le esplosioni - subito dopo i test - protetti solo da una mascherina, che galoppavano a dorso di cavallo nei ’funghì di fumo atomici o erano addetti alla pulizia degli aerei usati per gli esperimenti a chiedere ora di essere risarciti. In parte, il governo cinese ha già risposto alle richieste di questo gruppo di veterani: l’anno scorso Li Xueju, ministro degli affari civili, aveva annunciato che lo Stato aveva iniziato a pagare dei sussidi alle persone coinvolte nei test nucleari ma non aveva dato dettagli sulle cifre. Nel sito di Lop Nur, oltre duemila chilometri a ovest di Pechino, sono stati condotti fino a 46 test. Di questi, 23 sono stati effettuati nell’atmosfera, 22 sottoterra e uno è fallito. Una bomba, sganciata da un aereo il 17 novembre del 1976 ha prodotto un’esplosione che è stata 320 volet più potente di quella della bomba che ha distrutto Hiroshima. L’ultima esplosione nell’atmosfera risale al 1980, mentre l’ultimo test sotterraneo è del 1996. Alla fine dello stesso anno la Cina firmò il Trattato di Non-Proliferazione. www.timesonline.co.uk/

mercoledì 25 marzo 2009

NUCLEARE: FRANCIA: VERRANNO COMPENSATE VITTIME TEST NUCLEARI DEGLI ANNI '60


La Francia, una delle cinque nazioni che dichiara il possesso di armi nucleari, ha condotto un totale di 210 test in Algeria e nel Pacifico fra il 1960 e il 1966. Oltre 193 test furono effettuati presso le isole di Mururoa e Fangataufa fino al 1996, quando il presidente Jacques Chirac pose fine al programma.

PARIGI - Il governo francese dà il via libera ai risarcimenti delle vittime dei test nucleari. Parigi ha già stanziato un fondo iniziale di 10 milioni di euro. A rendere nota la svolta nella politica francese è stato il ministro della Difesa francese, Herve Morin, in una intervista rilasciata al quotidiano Le Figaro.

DISTURBI E MENOMAZIONI FISICHE - La Francia ha a lungo rifiutato di riconoscere ufficialmente un legame tra i suoi test di ordigni nucleari, terminati nel 1996, e disturbi e menomazioni fisiche riportate da militari e civili coinvolti nei test. «I governi francesi hanno creduto per molto tempo che aprire la porta ai risarcimenti avrebbe costituito una minaccia per i significativi sforzi compiuti dalla Francia per avere un deterrente nucleare credibile, ma è giunto il momento per il Paese di essere onesto con se stesso», afferma Morin.

ALGERIA, POLINESIA E PACIFICO - La Francia ha condotto sperimentazioni nucleari in Algeria dal 1960 al 1966 e nella Polinesia francese e nell'Oceano pacifico tra il 1966 al 1996, per un totale di 210 test. «Circa 150.000 tra civili e militari sono teoricamente ammalate», secondo il ministro della Difesa. Una commissione indipendente di dottori guidata da un magistrato, come spiega Morin, esaminerà caso per caso: se fossero trovate patologie connesse ai test nucleari lo Stato risarcirà completamente ogni ammalato. «Un iniziale fondo da 10 milioni di euro è già stato stanziato per il primo anno del progetto di risarcimento nel budget del ministero della Difesa».

mercoledì 4 giugno 2008

LA BOMBA ATOMICA (a fissione)

La bomba atomica a fissione si basa sul fatto che se un neutrone colpisce un atomo di un materiale pesante quest'ultimo di fraziona in due parti e in più libera due neutroni che mantengono la reazione a catena e soprattutto libera un'energia enorme. Nel uranio che si trova in natura questa reazione avviene naturalmente ma viene frenata del fatto che, essendo l'uranio non completamente puro, la reazione si ferma immediatamente e solo pochi atomi si trasformano in energia. Poi c'è da considerare il fatto che molti neutroni riescono a sfuggire dalla pezzo di uranio (questa reazione dà la radioattività).
Nelle bombe nucleari si ha uranio purissimo e parzialmente modificato da precedenti reazioni nucleari, c'è anche da contare il fatto che quest'uranio deve avere un volume abbastanza grosso da tamponare la dispersione di neutroni e, anche se dopo ripetuti interventi, l'uranio mantiene sempre un po' di scorie che impedisco la reazione. Quando la massa del nostro materiale radioattivo sale abbastanza da assicurare un equilibrio tra le reazioni avvenute e quelle fallite si dice che la massa è critica, cioè che può provocare una reazione a catena capace di far esplodere l'oggetto. Nelle bombe nucleari i due pezzi dello stesso oggetto si trovano distanti tra loro e solo nel momento in cui viene innescata le due parti si uniscono dando luogo a un'esplosione nucleare.Ci sono due modi di trasformare una massa subcritica in una critica o anche ipercritica:
Il metodo "balistico": le due metà del materiale esplosivo sono ai capi di un cilindro in mezzo a loro c'è il vuoto. Quando la bomba viene innescata esplodono due cariche di esplosivo convenzionale che scagliano le due metà una contro l'altra. Di colpo le due meta compongono una massa ipercritica compressa che automaticamente esplode. Questo metodo si può utilizzare solo se si utilizza uranio-235. Questo tipo di bomba è stata usata nella seconda guerra mondiale Hiroshima e Nagasaki.
Il secondo metodo si basa sul fatto che una massa subcritica, se fortemente compressa, può trasformarsi in una massa critica o ipercritica. Questo tipo di bomba è di forma sferica, nel centro di essa c'è il materiale fissile (uranio-235 o plutonio), nello strato sotto la corazza c'è invece dell'esplosivo chimico. Quando viene innescata l'esplosivo esplode creando una onda d'urto verso il centro della bomba che comprime molto rapidamente il materiale fissile finché non raggiunge una massa ipercritica e quindi esplode.Le armi nucleari differiscono dalle armi da fuoco convenzionale per i seguenti motivi:
l'energia liberata varia da migliaia a milioni di volte di quella emessa dalle bombe a esplosivo chimico;
all'atto della detonazione emettono radiazioni luminose, termiche e radioattive, capaci di provocare danni alle persone e alle cose a distanze molto rilevanti;
le sostanze che restano dopo l'esplosione insieme con quelle che vengono eventualmente strappate al terreno o all'acqua sono fortemente radioattive, e quindi, ricadendo sulla terra, possono produrre contaminazioni su zone la cui ampiezza può raggiungere le decine di migliaia di kmq. Si possono distinguere quattro tipi di esplosioni: aerea, superficiale, subacquea, sotterranea.Nelle esplosioni aeree i prodotti di reazione, l'involucro della bomba, le altre parti dell'arma e l'aria circostante sono riscaldate fino a raggiungere temperature estremamente elevate, dell'ordine di parecchi milioni di gradi (le temperature delle normali bombe al tritolo non superano i 5000°C).Le grandi quantità di calore prodotte dall'esplosione trasformano tutti i materiali presenti nella bomba in gas, con conseguente sviluppo di pressioni molto elevate dell'ordine delle centinaia di migliaia di atm.Pochi milionesimi di secondo dopo l'esplosione della bomba atomica , i gas estremamente caldi e compressi appaiono come una massa di forma pressoché sferica, dotata di una straordinaria luminosità, che viene comunemente chiamata sfera di fuoco.Subito dopo la formazione, la sfera di fuoco comincia a espandersi; tale sviluppo è accompagnato da una diminuzione della temperatura e della pressione e, quindi, anche della luminosità.Quando la sfera di fuoco è ancora luminosa, la temperatura che regna nel suo interno è ancora così elevata, che i materiali componenti la bomba sono allo stato di vapore. Tali vapori sono composti da prodotti di fissione (estremamente radioattivi), dall'uranio (o plutonio o altri composti esplosivi), che non hanno partecipato all'esplosione, dall'involucro e dagli altri materiali componenti la bomba. Quando la temperatura scende a valori più bassi, detti vapori si condensano e formano una nube, contenente particelle solide (detriti) e piccole gocce d'acqua, provenienti dall'aria succhiata durante l'ascensione della sfera di fuoco. In relazione all'altezza di scoppio e alla natura del terreno sottostante, all'atto dell'esplosione si genera un forte risucchio nelle immediate vicinanze; questo fenomeno provoca l'aspirazione di vari quantitativi di polvere e macerie, che vengono così inglobati nella nube atomica.
In una prima fase i residui materiali della bomba atomica trasportano queste particelle verso l'alto, ma dopo un certo tempo esse cominciano cadere lentamente a causa della forza di gravità, con velocità dipendente dallo loro grandezza. Quando la nube atomica ha raggiunto una quota in cui la sua densità è uguale a quella dell'aria circostante, oppure quando essa raggiunge la base della stratosfera, una parte della nube cessa d'innalzarsi e incomincia ad espandersi orizzontalmente, dando così luogo alla formazione della nuvola a forma di fungo, che è la caratteristica delle esplosioni nucleari.Nel caso di esplosioni superficiali, la sfera di fuoco, nel corso della sua espansione, viene rapidamente a contatto con la superficie terreste; in conseguenza di ciò, un considerevole quantitativo di terreno e altri materiali, situati nella zona di contatto, vengono vaporizzati e inclusi nella sfera di fuoco.La differenza tra l'esplosione aerea e quella superficiale consiste, pertanto, principalmente nel fatto che in questo secondo caso la nube atomica è molto più carica di detriti solidi.L'aspetto più importante dell'esplosione superficiale è la genesi del cosiddetto fall-out (pioggia radioattiva). Tale pioggia è dovuta al fatto che il numero di particelle solide, presenti nella nube atomica, è talmente elevato che una fortissima percentuale dei prodotti di fissione viene incorporata, nel corso del raffreddamento, nelle particelle fuse di terra e di altri materiali solidi. La pressione esercitata sull'aria circostante dai materiali gassosi che formano la sfera di fuoco, genera un'onda esplosiva che è la causa degli effetti meccanici della bomba atomica.Il contorno esterno dell'onda esplosiva si chiamo fronte d'urto. All'inizio la superficie della sfera di fuoco e del fronte d'urto coincidono; poi. quando la velocità di espansione della sfera di fuoco diminuisce (alcuni decimilionesimi di secondo dopo l'esplosione), il fronte d'urto si stacca dalla sfera di fuoco e prosegue con una velocità superiore a quella del suono nell'aria.Quando un'onda esplosiva tocca la superficie terrestre, essa viene riflessa in modo analogo a ciò che accade quando un'onda sonora produce un'eco; l'onda riflessa, come quella diretta, può causare danni materiali.In una certa regione dello spazio, la cui posizione dipende principalmente dall'altezza di scoppio e dall'energia liberata dalla bomba, l'onda diretta e quella riflessa si fondono; questo fenomeno di fusione è chiamato effetto Mach.
Nelle esplosioni subacquee si ha pure la formazione di una sfera di fuoco, l'acqua circostante viene fortemente illuminata dalla sfera di fuoco per un periodo di pochi millesimi di secondo; la luminosità scompare quando la sfera di fuoco raggiunge la superficie dell'acqua. La bolla di gas caldissima, che costituisce la sfera di fuoco nell'acqua, nel corso della sua espansione, genera un'onda d'urto. In caso di esplosione con acqua calma, la traccia di detta onda è visibile in superficie, sotto forma di cerchi che si espandono rapidamente, apparentemente più chiari dell'acqua circostante. Subito dopo l'apparizione di tali tracce, una colonna d'acqua e di schiuma emerge sopra la zona dove è avvenuta l'esplosione.La velocità iniziale con cui l'acqua si innalza è proporzionale alla pressione dell'onda d'urto diretta e, perciò, è più grande nella direzione perpendicolare al punto di scoppio. Di conseguenza l'acqua situata attorno alla superficie verticale passante per il punto di scoppio si innalza più rapidamente.L'ascensione della colonna d'acqua termina quando la spinta è equilibrata dall'effetto congiunto della gravità e della resistenza dell'aria.La durata e l'altezza dell'ascesa dipendono dalla potenza della bomba e dalla profondità di scoppio. L'enorme quantità d'acqua che viene lanciata in aria comincia a ricadere molto presto, e, essendo già minutamente suddivisa, finisce per essere completamente polverizzata; pertanto, durante la caduta si forma, alla base della colonna, un densissimo banco di nebbia a forma di ciambella, che si mette in moto allargandosi radialmente come una grande ondata.La formazione di questo banco di nebbia è importante perché, con ogni probabilità, esso è fortemente radioattivo a causa dei prodotti di fissione condensati in seno alle singole gocce d'acqua.La radioattività diffusa del banco di nebbia si somma alla pioggia radioattiva (rainout), dovuta alla nube atomica e insieme costituiscono la radiazione nucleare residua susseguente a un'esplosione subacquea. La quasi totalità della radiazione termica emessa dalla sfera di fuoco viene assorbita dall'acqua circostante.Nelle esplosioni sotterranee, se lo scoppio si manifesta a piccole profondità, si può verificare fuoriuscita della sfera di fuoco, in questo caso la bomba provoca lo strappamento di grandi quantità di terreno, così da formare una colonna analoga a quella che si forma nell'esplosione subacquea.A causa dei materiali asportati dall'esplosione, si forma un cratere di considerevole ampiezza. Il volume del cratere e la massa di materiali strappati dal suolo aumentano in modo pressoché proporzionale all'energia liberata dalla bomba.Le particelle di terreno incominciano a ricadere sul terreno pochi secondi dopo l'esplosione e formano una nuvola di polvere alla base della colonna, che si sposta verso l'alto. La rapida espansione della sfera di fuoco nel terreno provoca la formazione di onde sismiche, simili a quelle dei terremoti. Una parte dell'energia liberata viene trasmessa all'aria circostante sotto forma di onda esplosiva; l'intensità del fronte d'onda dipende essenzialmente dalla profondità a cui avviene l'esplosione e della potenza della bomba.L'esplosione sotterranea, strappando un volume di terreno maggiore che non quella superficiale, provoca l'immissione di un grandissimo quantitativo di pulviscolo nella nube atomica e di conseguenza le esplosioni di questo tipo sono sempre accompagnate da un'abbondante pioggia di polvere radioattiva (fallout).Le particelle più pesanti ricadono subito in zone vicino al cratere, Quelle più leggere rimangono più a lungo in aria e possono essere trasportate a grande distanza dai venti.

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