Un terzo delle foreste europee degradate negli ultimi dieci anni. E' quanto emerge dal Progetto Life+ ''FutMon'' sul monitoraggio dello stato di salute delle foreste europee, i cui risultati verranno presentati domani nell'Auditorium Internazionale di Bruxelles. ''FutMon'' e' il piu' grande progetto Life+ finanziato dall'Unione Europea, sul monitoraggio dello stato di salute delle foreste europee. Il progetto, della durata di 2 anni e mezzo e' stato co-finanziato con 16 milioni di euro dall'Unione Europea e ha coinvolto 23 Stati Membri e 38 enti, tra cui, per l'Italia, il Corpo forestale dello Stato, il Consiglio Nazionale delle Ricerche e il Consiglio per la Ricerca e la Sperimentazione in Agricoltura. Grazie a questo progetto, la rete di monitoraggio forestale europea esistente e' stata completamente ridisegnata ed e' ora basata su 300 aree di studio intensivo, delle quali 22 in Italia, che coprono tutto il territorio europeo dalla Lapponia alla Sicilia.
La nuova rete di monitoraggio fornisce informazioni sui cambiamenti climatici e la relativa risposta degli ecosistemi forestali. In particolare, grazie al progetto ''FutMon'' e' possibile conoscere dati di particolare rilevanza relativi a questioni ambientali come le deposizioni di azoto, il ciclo del carbonio, la crescita delle foreste e l'estensione dei mercati per le bioenergie, cosi' come la conservazione della biodiversita' e della natura.
Gli ecosistemi forestali europei, infatti, sono anche influenzati da altre attivita' umane, come ad esempio il mercato in crescita delle bioenergie, l'arricchimento in azoto delle deposizioni atmosferiche e l'aumentata richiesta di aree protette e di conservazione della natura.
I risultati del monitoraggio mostrano che gli alberi delle foreste europee hanno risposto all'aumento delle siccita' e delle temperature estive che ha interessato l'Europa centrale negli ultimi dieci anni. I dati raccolti documentano una riduzione della vitalita' degli alberi in queste condizioni e anche se due terzi delle aree forestali non hanno manifestato cambiamenti, in un terzo delle aree la salute degli alberi e' peggiorata.
Inoltre, la deposizione di azoto con la pioggia, dovuta all'inquinamento atmosferico, e' diffusa e supera ancora i valori critici in meta' delle aree di studio. Nel corso del monitoraggio sono stati documentati il rilascio di azoto dai suoli forestali nelle acque sotterranee e i cambiamenti nella vegetazione del sottobosco e nella diversita' dei licheni.
Le foreste europee aiutano a contrastare i cambiamenti climatici, assorbendo approssimativamente il 10 per cento delle emissioni in atmosfera di carbonio prodotto in Europa.
I risultati del monitoraggio hanno mostrato che la deposizione di azoto accelera la crescita degli alberi e quindi l'assorbimento di carbonio. Tuttavia, la crescita degli alberi non puo' aumentare all'infinito e quindi questo effetto positivo e' destinato a ridursi in futuro.
NO AL NUCLEARE ESISTONO LE FONTI RINNOVABILI. AMBIENTE,NATURA,DIFESA DEL PIANETA. SALUTE
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lunedì 20 giugno 2011
giovedì 17 marzo 2011
SICUREZZA CENTRALI NUCLEARI: ALCUNE CENTRALI EUROPEE NON SUPERERANNO TEST
Alcune centrali nucleari presenti nell'Unione Europea non supereranno il test di sicurezza chiesto da Bruxelles dopo la catastrofe in Giappone. Lo ha detto il Commissario Ue all'Energia, Guenther Oettinger, secondo il quale almeno ''uno o piu' reattori'', sui 143 dell'Unione, non rispettano le norme di sicurezza piu' avanzate''.
La dichiarazione ha provocato la reazione del ministro francese per l'Energia, Eric Besson, che si e' detto ''sorpreso'' dalle affermazioni di Oettinger, che ''spargono preoccupazioni fra i cittadini e discredito sull'industria.
La dichiarazione ha provocato la reazione del ministro francese per l'Energia, Eric Besson, che si e' detto ''sorpreso'' dalle affermazioni di Oettinger, che ''spargono preoccupazioni fra i cittadini e discredito sull'industria.
mercoledì 8 settembre 2010
Test su animali, nuove norme in Europa
Critiche da alcuni esponenti italiani, consente piu' esperimenti
Il Parlamento europeo ha dato il via libera alla nuova direttiva Ue sulla protezione degli animali utilizzati a fini scientifici. Un provvedimento sul quale hanno espresso riserve alcuni esponenti del governo italiano e autorevoli rappresentanti della comunita' scientifica e culturale perche' aprirebbe a piu' esperimenti.
LEGGI ANCHE DI SEGUITO

La nuova direttiva Ue deve essere approvata entro l'8 settembre. Ma già infuriano le polemiche degli animalisti su una deriva ancora più violenta. Ogni anno vengono utilizzati 12 milioni di animali per esperimenti scientifici.
Esperimenti su animali randagi e domestici. In poche parole cani e gatti. Utilizzando metodi da tortura come l’isolamento forzato, il nuoto forzato o altri esercizi che portano inevitabilmente all’esaurimento (morte) degli animali. E non è finita, perché se l’intensità è “moderata”, l’esperimento sulla stessa bestiola si può ripetere. Un bell’escamotage per sostenere, come recita la nuova direttiva europea sulla vivisezione, che d’ora in poi gli esperimenti coinvolgeranno meno animali. Il tutto gravato da un singolare paradosso: in Italia la legge sulle vivisezione è più rigida, ma ora le nuove regole dell’Unione non saranno più derogabili dai singoli paesi con buona pace delle multinazionali del farmaco. Certo l’Italia potrebbe chiedere di mantenere le sue regole, ma la domanda è: lo farà?
Intanto, dopo anni di discussioni e rimaneggiamenti, la nuova direttiva europea sulla vivisezione è pronta al varo. Ma nessuno, o quasi, degli europarlamentari italiani eletti nel 2009 è ancora andato a leggersi il testo. Peccato, perché a guardarlo bene ci sono punti che farebbero accapponare la pelle anche al più convinto sostenitore della sperimentazione scientifica con gli animali. Il testo prevede, ad esempio, all’articolo 16: “La possibilità di riutilizzare animali già sottoposti a esperimenti di intensità ‘moderata’”. Un paradosso, si diceva. “In questi ultimi mesi quasi tutti gli articoli chiave sono cambiati in peggio rispetto alla prima stesura del 2008 – dichiara scandalizzata Vanna Brocca della Leal, la Lega antivivisezione – ad esempio la frase la possibilità di riutilizzare animali già sottoposti a esperimenti di intensità moderata è significativamente diversa rispetto alla prima stesura ipotizzata dalla Commissione, dove si parlava invece di esperimenti di intensità lieve“.
“Tra le procedure codificate poi – continua la Brocca – c’è l’isolamento forzato di cani e scimmie o il nuoto forzato o altri esercizi fino all’esaurimento dell’animale”. Un risultato ben diverso, insomma, da quello che si aspettavano le principali associazioni animaliste che auspicavano il graduale superamento della sperimentazione con gli animali grazie all’utilizzo di metodi alternativi, in provetta o tramite modelli computerizzati e, nello stesso tempo, la riduzione degli esperimenti più dolorosi. Ma non è l’unico scivolone del testo. Sempre nella prima stesura del 2008 non vi era di certo: “La possibilità di chiedere delle deroghe a sperimentare su animali randagi delle specie domestiche – aggiunge la Brocca – l’ articolo 11 del testo (compresi cani e gatti ndr), qualora sia impossibile raggiungere lo scopo della procedura” altrimenti e quando sia ritenuto “essenziale” per tutelare l’ambiente o la “salute umana o animale”.
Eppure, la relatrice della normativa, l’eurodeputata Elisabeth Jeggle del Partito popolare europeo, aveva dichiarato alle agenzie di stampa: “Le nuove norme realizzano un compromesso tra i diritti degli animali e le esigenze della ricerca”. Ma il risultato finale non pende certo a favore degli animali. E così, mentre i nostri eurodeputati sonnecchiano, il tam tam di protesta degli animalisti è già partito. La Leal, lega antivivisezionista, sta raccogliendo le firme per una petizione online da portare al Parlamento europeo entro l’8 settembre, giorno della votazione del testo. Sono già oltre le 60mila. Tra questi hanno firmato: l’astrofisica Margherita Hack, l’attrice Lea Massari, la scrittrice Sveva Casati Modignani, il fotografo Gabriele Basilico. In gioco, stando ai dati forniti dall’Ue nel 2005 (gli ultimi disponibili), ci sono i 12 milioni di animali che vengono usati ogni anno in Europa per finalità di ricerca. Una statistica dalla quale vengono generalmente escluse le specie invertebrate e gli animali uccisi per utilizzare tessuti e organi. Ed ecco che cosa si sono inventati a Bruxelles come “compromesso”, per usare le parole della Jeggle.
Il professor Agostino Macrì è stato per anni uno dei massimi ricercatori all’Istituto Superiore di Sanità, oggi scrive per alcune riviste scientifiche: “Io ho fatto quasi sempre sperimentazione sui ratti, non sono contrario alla sperimentazione scientifica con test sugli animali. Ci sono farmaci che possono essere testati sull’uomo se non dopo una prima fase di test fatta sugli animali. Certo, però, se dovesse passare il principio generale a livello europeo che si possono riutilizzare per più esperimenti gli stessi animali, sarei contrario. Mi sembra una inutile tortura. Come sono contrarissimo a usare animali cosiddetti randagi, portatori di per se di altre malattie. Oggi comunque in Italia – continua Macrì – per la sperimentazione su cani e gatti o su altre specie al di fuori dei ratti, bisogna chiedere una deroga, una autorizzazione al ministero della Salute che la sottopone poi al vaglio di una commissione in seno all’I.S.S”. E già la normativa italiana, la n.116/92, è parecchio restrittiva sulla sperimentazione su quasi tutte le specie animali.
“In realtà- dice Brocca – domani potrebbe diventare tutto più difficile o più semplice a guardarlo dalla parte dei vivisettori e dei grandi gruppi che dalla vivisezione traggono profitto. Infatti l’articolo 2 della nuova Direttiva esclude che si possano apportare migliorie alla Direttiva nella fase di recepimento. Tutt’al più l’Italia potrà chiedere di mantenere delle misure più restrittive, se già le possiede. Ma avrà voglia di farlo?”. Il timore è che per competere con gli altri 26 Paesi dell’Unione, il nostro governo non si batta abbastanza e decida di adeguarsi integralmente a questa Direttiva tutta giocata al ribasso.
Bruno Fedi, già docente universitario in medicina a Roma e poi a Terni, è un luminare del cancro dell’urotelio. Fedi è un “pentito” della sperimentazione scientifica sugli animali: “Dopo 15 anni di sperimentazione all’università su cavie, topi, criceti, cani e gatti, un bel giorno mi sono reso conto che i risultati erano o inutili o dannosi e ho deciso così di liberare tutti gli animali del laboratorio. Torturare e uccidere animali, per sperimentare cosmetici, farmaci o altro, è una ingiustificabile crudeltà, a meno che non vi sia una reale utilità per l’uomo. Faccio notare – continua Fedi – che i risultati degli esperimenti su animali, possono essere, sull’uomo, uguali, diversi, o addirittura opposti e per verificarlo bisogna ripetere gli esperimenti sull’uomo. Questo fatto è ormai riconosciuto da prestigiose riviste e organizzazioni di controllo o di ricerca internazionali. Le grandi industrie si ostinano a praticare esperimenti su animali solo perché così facendo “l’iter” di molecole farmacologiche nuove, prima della immissione sul mercato, diventa più complesso e costoso, escludendo le piccole industrie e i paesi poveri dal progresso scientifico. Vogliamo metterci in testa che la struttura genetica di un animale è diversa da quella di un uomo! Non siamo, come ha scritto un mio illustre collega su Nature (si tratta dell’autorevole scienziato Thomas Hartung ndr), topi che pesano 70 kilogrammi. Gli uomini assorbono le sostanze in modo diverso, le metabolizzano in modo diverso. Vi sono metodi alternativi alla sperimentazione sugli animali, come quelli sulle cellule coltivate o quelli sui tessuti umani che si possono prelevare dagli arti amputati, che danno risultati di gran lunga migliori”.
Secondo la Leal, anche in materia di metodi alternativi alla sperimentazione animale il testo che sarà votato a Strasburgo segna un pericoloso passo indietro rispetto a quello di due anni fa: “Infatti vengono resi obbligatori soltanto i metodi alternativi recepiti dalla normativa comunitaria, che al momento sono pochi. Il primo testo proposto della Commissione, invece, era molto più avanzato, includendo tutti i metodi sostitutivi disponibili e scientificamente soddisfacenti”.
fonte: http://www.ilfattoquotidiano.it/2010/08/30/vivisezione-linganno-dellunione-europea-prendi-un-animale-e-lo-torturi-tre-volte/52376/
Il Parlamento europeo ha dato il via libera alla nuova direttiva Ue sulla protezione degli animali utilizzati a fini scientifici. Un provvedimento sul quale hanno espresso riserve alcuni esponenti del governo italiano e autorevoli rappresentanti della comunita' scientifica e culturale perche' aprirebbe a piu' esperimenti.
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Vivisezione : l’inganno dell’Unione europea, prendi un animale e lo torturi tre volte

La nuova direttiva Ue deve essere approvata entro l'8 settembre. Ma già infuriano le polemiche degli animalisti su una deriva ancora più violenta. Ogni anno vengono utilizzati 12 milioni di animali per esperimenti scientifici.
Esperimenti su animali randagi e domestici. In poche parole cani e gatti. Utilizzando metodi da tortura come l’isolamento forzato, il nuoto forzato o altri esercizi che portano inevitabilmente all’esaurimento (morte) degli animali. E non è finita, perché se l’intensità è “moderata”, l’esperimento sulla stessa bestiola si può ripetere. Un bell’escamotage per sostenere, come recita la nuova direttiva europea sulla vivisezione, che d’ora in poi gli esperimenti coinvolgeranno meno animali. Il tutto gravato da un singolare paradosso: in Italia la legge sulle vivisezione è più rigida, ma ora le nuove regole dell’Unione non saranno più derogabili dai singoli paesi con buona pace delle multinazionali del farmaco. Certo l’Italia potrebbe chiedere di mantenere le sue regole, ma la domanda è: lo farà?
Intanto, dopo anni di discussioni e rimaneggiamenti, la nuova direttiva europea sulla vivisezione è pronta al varo. Ma nessuno, o quasi, degli europarlamentari italiani eletti nel 2009 è ancora andato a leggersi il testo. Peccato, perché a guardarlo bene ci sono punti che farebbero accapponare la pelle anche al più convinto sostenitore della sperimentazione scientifica con gli animali. Il testo prevede, ad esempio, all’articolo 16: “La possibilità di riutilizzare animali già sottoposti a esperimenti di intensità ‘moderata’”. Un paradosso, si diceva. “In questi ultimi mesi quasi tutti gli articoli chiave sono cambiati in peggio rispetto alla prima stesura del 2008 – dichiara scandalizzata Vanna Brocca della Leal, la Lega antivivisezione – ad esempio la frase la possibilità di riutilizzare animali già sottoposti a esperimenti di intensità moderata è significativamente diversa rispetto alla prima stesura ipotizzata dalla Commissione, dove si parlava invece di esperimenti di intensità lieve“.
“Tra le procedure codificate poi – continua la Brocca – c’è l’isolamento forzato di cani e scimmie o il nuoto forzato o altri esercizi fino all’esaurimento dell’animale”. Un risultato ben diverso, insomma, da quello che si aspettavano le principali associazioni animaliste che auspicavano il graduale superamento della sperimentazione con gli animali grazie all’utilizzo di metodi alternativi, in provetta o tramite modelli computerizzati e, nello stesso tempo, la riduzione degli esperimenti più dolorosi. Ma non è l’unico scivolone del testo. Sempre nella prima stesura del 2008 non vi era di certo: “La possibilità di chiedere delle deroghe a sperimentare su animali randagi delle specie domestiche – aggiunge la Brocca – l’ articolo 11 del testo (compresi cani e gatti ndr), qualora sia impossibile raggiungere lo scopo della procedura” altrimenti e quando sia ritenuto “essenziale” per tutelare l’ambiente o la “salute umana o animale”.
Eppure, la relatrice della normativa, l’eurodeputata Elisabeth Jeggle del Partito popolare europeo, aveva dichiarato alle agenzie di stampa: “Le nuove norme realizzano un compromesso tra i diritti degli animali e le esigenze della ricerca”. Ma il risultato finale non pende certo a favore degli animali. E così, mentre i nostri eurodeputati sonnecchiano, il tam tam di protesta degli animalisti è già partito. La Leal, lega antivivisezionista, sta raccogliendo le firme per una petizione online da portare al Parlamento europeo entro l’8 settembre, giorno della votazione del testo. Sono già oltre le 60mila. Tra questi hanno firmato: l’astrofisica Margherita Hack, l’attrice Lea Massari, la scrittrice Sveva Casati Modignani, il fotografo Gabriele Basilico. In gioco, stando ai dati forniti dall’Ue nel 2005 (gli ultimi disponibili), ci sono i 12 milioni di animali che vengono usati ogni anno in Europa per finalità di ricerca. Una statistica dalla quale vengono generalmente escluse le specie invertebrate e gli animali uccisi per utilizzare tessuti e organi. Ed ecco che cosa si sono inventati a Bruxelles come “compromesso”, per usare le parole della Jeggle.
Il professor Agostino Macrì è stato per anni uno dei massimi ricercatori all’Istituto Superiore di Sanità, oggi scrive per alcune riviste scientifiche: “Io ho fatto quasi sempre sperimentazione sui ratti, non sono contrario alla sperimentazione scientifica con test sugli animali. Ci sono farmaci che possono essere testati sull’uomo se non dopo una prima fase di test fatta sugli animali. Certo, però, se dovesse passare il principio generale a livello europeo che si possono riutilizzare per più esperimenti gli stessi animali, sarei contrario. Mi sembra una inutile tortura. Come sono contrarissimo a usare animali cosiddetti randagi, portatori di per se di altre malattie. Oggi comunque in Italia – continua Macrì – per la sperimentazione su cani e gatti o su altre specie al di fuori dei ratti, bisogna chiedere una deroga, una autorizzazione al ministero della Salute che la sottopone poi al vaglio di una commissione in seno all’I.S.S”. E già la normativa italiana, la n.116/92, è parecchio restrittiva sulla sperimentazione su quasi tutte le specie animali.
“In realtà- dice Brocca – domani potrebbe diventare tutto più difficile o più semplice a guardarlo dalla parte dei vivisettori e dei grandi gruppi che dalla vivisezione traggono profitto. Infatti l’articolo 2 della nuova Direttiva esclude che si possano apportare migliorie alla Direttiva nella fase di recepimento. Tutt’al più l’Italia potrà chiedere di mantenere delle misure più restrittive, se già le possiede. Ma avrà voglia di farlo?”. Il timore è che per competere con gli altri 26 Paesi dell’Unione, il nostro governo non si batta abbastanza e decida di adeguarsi integralmente a questa Direttiva tutta giocata al ribasso.
Bruno Fedi, già docente universitario in medicina a Roma e poi a Terni, è un luminare del cancro dell’urotelio. Fedi è un “pentito” della sperimentazione scientifica sugli animali: “Dopo 15 anni di sperimentazione all’università su cavie, topi, criceti, cani e gatti, un bel giorno mi sono reso conto che i risultati erano o inutili o dannosi e ho deciso così di liberare tutti gli animali del laboratorio. Torturare e uccidere animali, per sperimentare cosmetici, farmaci o altro, è una ingiustificabile crudeltà, a meno che non vi sia una reale utilità per l’uomo. Faccio notare – continua Fedi – che i risultati degli esperimenti su animali, possono essere, sull’uomo, uguali, diversi, o addirittura opposti e per verificarlo bisogna ripetere gli esperimenti sull’uomo. Questo fatto è ormai riconosciuto da prestigiose riviste e organizzazioni di controllo o di ricerca internazionali. Le grandi industrie si ostinano a praticare esperimenti su animali solo perché così facendo “l’iter” di molecole farmacologiche nuove, prima della immissione sul mercato, diventa più complesso e costoso, escludendo le piccole industrie e i paesi poveri dal progresso scientifico. Vogliamo metterci in testa che la struttura genetica di un animale è diversa da quella di un uomo! Non siamo, come ha scritto un mio illustre collega su Nature (si tratta dell’autorevole scienziato Thomas Hartung ndr), topi che pesano 70 kilogrammi. Gli uomini assorbono le sostanze in modo diverso, le metabolizzano in modo diverso. Vi sono metodi alternativi alla sperimentazione sugli animali, come quelli sulle cellule coltivate o quelli sui tessuti umani che si possono prelevare dagli arti amputati, che danno risultati di gran lunga migliori”.
Secondo la Leal, anche in materia di metodi alternativi alla sperimentazione animale il testo che sarà votato a Strasburgo segna un pericoloso passo indietro rispetto a quello di due anni fa: “Infatti vengono resi obbligatori soltanto i metodi alternativi recepiti dalla normativa comunitaria, che al momento sono pochi. Il primo testo proposto della Commissione, invece, era molto più avanzato, includendo tutti i metodi sostitutivi disponibili e scientificamente soddisfacenti”.
fonte: http://www.ilfattoquotidiano.it/2010/08/30/vivisezione-linganno-dellunione-europea-prendi-un-animale-e-lo-torturi-tre-volte/52376/
domenica 22 agosto 2010
misure minime per i pesci : Misure minime per il pescato. Ecco cosa potremo mangiare

Mangiare una frittura di pesce o un sautè di vongole si può. Ma d’ora in poi a tavola bisognerà munirsi di un qualche strumento di misura, perché l’Unione Europea e l’Italia impongono per salvaguardare le specie marine un limite minimo di taglia, al di sotto del quale il prodotto ittico, molluschi compresi, non potrà essere commercializzato.
Disco verde, per esempio, per orate lunghe almeno 20 centimetri, che diventano 11 per triglie e sardine, 18 per sgombri e 20 per sogliole e orate. Di seguito, tutte le indicazioni da seguire per essere in regola con la nuova normativa europea.
PESCI
La lunghezza si calcola dal muso all’estremità della coda:
anguilla, 25 centimetri;
cefali, 20 cm;
ghiozzo “go” o giallo, 12 cm;
palamita, 25 cm;
passera, 15 cm;
pesce spada, 140 cm;
tonnetto o alletterato, 30 cm;
allunga, 40 cm;
spigola, 25 cm;
sparaglione, 12 cm;
sarago pizzuto, 18 cm;
sarago maggiore, 23 cm;
sarago testa nera, 18 cm;
acciuga, 9 cm;
cernia, 45 cm;
mormora, 20 cm;
nasello, 20 cm;
pagello mafrone, 17 cm;
occhialone, 33 cm;
orate, 20 cm;
fragolino, 15 cm;
sogliole, 20 cm;
triglie, 11 cm;
sardine, 11 cm;
sgombro, 18 cm;
pagro mediterraneo, 18 cm;
suri, 15 cm.
MOLLUSCHI BIVALVI
Si prende in considerazione il diametro o la lunghezza più grande:
cannolicchio, cannello o cappalunga, 8 cm;
cozza, 5 cm;
ostrica, 6 cm;
tartufo noce, 2,5 cm;
tellina, 2 cm;
cappasanta, 10 cm;
vongola, 25 mm.
CROSTACEI
Due i metodi per calcolare la lunghezza, una esclude le chele e l’altra invece prende in considerazione il carapace, ovvero la testa del crostaceo:
astici, 300 mm di lunghezza totale, 105 di lunghezza carapace;
scampo, 20 mm di lunghezza carapace, 70 mm di lunghezza totale;
aragosta, 90 mm di lunghezza carapace;
gambero rosa del Mediterraneo, 20 mm di lunghezza carapace.
GASTEROPODI
Si prende in considerazione il diametro più grande:
lumachina di mare, 2 cm.
ECHINODERMI
Riccio di mare, 7 centimetri, compresi gli aculei.
venerdì 28 maggio 2010
Fumo : 650.000 morti l'anno in Europa.
Ogni anno in Europa, nonostante l'aumento dei divieti negli Stati membri, il fumo, compreso quello passivo, uccide 650.000 persone. Il dato, pari alla popolazione di Malta o del Lussemburgo e 11 volte superiore alle vittime degli incidenti stradali, e' stato reso noto dal commissario Ue alla salute, John Dalli, in occasione della Giornata mondiale senza tabacco. Secondo un sondaggio di Eurobarometro, un cittadino europeo su tre fuma. Tra questi il 35% dei giovani tra 15 e i 24 anni.
giovedì 4 marzo 2010
OGM: ENTRO 2011 DA BASF COLTIVAZIONE PATATE DESTINATE A USO UMANO
Il gruppo tedesco Basf, dopo aver ricevuto il via libera dalla Commissione Europea per il brevetto della patata OGM Amflora, ha reso noto di voler avviare entro il 2011 la coltivazione di altre due patate geneticamente modificate, una delle quali sara' destinata al consumo umano.
''Stiamo lavorando su altri prodotti, fra cui una patata resistente alla peronospora, una forma di malattia delle piante che nel XIX secolo fu responsabile della grande carestia irlandese'', ha detto il portavoce della societa' all'Afp.
Questa patata, che e' stata battezzata 'Fortuna', sara' destinata all'alimentazione umana ed e' stata creata da una varieta' europea e contiene dei geni della patata sud-americana, che le permetteranno di resistere a questa malattia, ha spiegato il portavoce, precisando che degli esperimenti sulla nuova coltura sono gia' stati fatti in ''Svezia, Germania, Paesi Bassi, Regno Unito e Repubblica Ceca'' e ''che la societa' vuole chiedere l'autorizzazione'' alla Commissione europea per la produzione.
''Stiamo lavorando su altri prodotti, fra cui una patata resistente alla peronospora, una forma di malattia delle piante che nel XIX secolo fu responsabile della grande carestia irlandese'', ha detto il portavoce della societa' all'Afp.
Questa patata, che e' stata battezzata 'Fortuna', sara' destinata all'alimentazione umana ed e' stata creata da una varieta' europea e contiene dei geni della patata sud-americana, che le permetteranno di resistere a questa malattia, ha spiegato il portavoce, precisando che degli esperimenti sulla nuova coltura sono gia' stati fatti in ''Svezia, Germania, Paesi Bassi, Regno Unito e Repubblica Ceca'' e ''che la societa' vuole chiedere l'autorizzazione'' alla Commissione europea per la produzione.
mercoledì 3 marzo 2010
OGM: SCESI A 6 SU 27 I PAESI EUROPEI CHE LI COLTIVANO
Dopo il divieto posto anche in Germania nell'aprile 2009, si sono ridotti a soli sei, su ventisette, i Paesi Europei dove si coltivano organismi geneticamente modificati (ogm) con un drastico crollo del 12 per cento delle semine che ha interessato tutti i paesi interessati (Spagna, Repubblica Ceca, Romania e Slovacchia), tranne la Polonia che ha mantenuto la stessa superficie coltivata, mentre solo per il Portogallo e' aumentata. E' quanto emerge da una analisi della Coldiretti dopo la fine della moratoria Ue con il via libera alla prima patata transgenica e l'annuncio della Commissione Europea di presentare entro l'estate una proposta per far decidere liberamente ai singoli Stati membri se coltivare o meno ogm sul proprio territorio, invertendo l'attuale quadro normativo.
Dall'analisi del rapporto annuale 2009 dell'''International Service for the Acquisition of Agri-biotech Applications'' (ISAAA) emerge che - sottolinea la Coldiretti - la coltivazione ogm in Europa interessa solo sei Paesi e riguarda solo il mais bt geneticamente modificato, la cui la superficie coltivata nel 2009 si e' drasticamente ridotta da 107719 ettari a 94750 ettari, pari a molto meno dello 0,001 per cento della superficie totale di 160 milioni di ettari coltivati in Europa. Questo nonostante siano ormai 35 gli organismi geneticamente modificati autorizzati in Europa (19 di mais, 6 di cotone, 3 di colza, 3 di soia, 1 di barbabietola, 1 di patata, 1 microrganismo), dopo il via libera comunitario alla commercializzazione di altre tre varieta' di mais geneticamente modificato, oltre alla coltivazione e commercializzazione della patata Amflora.
Per quest'ultima, fortemente contrastata a livello internazionale, va registrato per ultimo lo stop dell'ottobre 2009 del Sud Africa che ne ha bloccato l'introduzione in commercio, sostenendo che la tecnologia non mostra vantaggi significativi per i produttori e incontra forti resistenze nei consumatori.
Dall'analisi del rapporto annuale 2009 dell'''International Service for the Acquisition of Agri-biotech Applications'' (ISAAA) emerge che - sottolinea la Coldiretti - la coltivazione ogm in Europa interessa solo sei Paesi e riguarda solo il mais bt geneticamente modificato, la cui la superficie coltivata nel 2009 si e' drasticamente ridotta da 107719 ettari a 94750 ettari, pari a molto meno dello 0,001 per cento della superficie totale di 160 milioni di ettari coltivati in Europa. Questo nonostante siano ormai 35 gli organismi geneticamente modificati autorizzati in Europa (19 di mais, 6 di cotone, 3 di colza, 3 di soia, 1 di barbabietola, 1 di patata, 1 microrganismo), dopo il via libera comunitario alla commercializzazione di altre tre varieta' di mais geneticamente modificato, oltre alla coltivazione e commercializzazione della patata Amflora.
Per quest'ultima, fortemente contrastata a livello internazionale, va registrato per ultimo lo stop dell'ottobre 2009 del Sud Africa che ne ha bloccato l'introduzione in commercio, sostenendo che la tecnologia non mostra vantaggi significativi per i produttori e incontra forti resistenze nei consumatori.
martedì 2 marzo 2010
OGM: CRESCONO NEL MONDO DEL 7% MA AFFAMATI ANCORA +9%

Nel 2009 gli affamati nel mondo sono cresciuti del 9 per cento arrivando alla vetta di 1,02 miliardi, il livello piu' alto dal 1970 secondo la Fao, nonostante l'aumento del 7 per cento dei terreni coltivati con organismi geneticamente modificati (ogm), che hanno raggiunto i 125 milioni di ettari nei 25 soli paesi dove sono coltivati nel mondo. E' quanto emerge da una analisi della Coldiretti sulla base del rapporto annuale 2009 dell' ''International Service for the Acquisition of Agri-biotech Applications'' (Isaaa).
Il record di persone che soffrono la fame e' stato raggiunto proprio nell'anno in cui, sottolinea la Coldiretti, si e' avuta un forte aumento degli ogm nei paesi in via di sviluppo, dove la crescita e' stata superiore alla media mondiale (+13 per cento) e dove oggi si trovano quasi la meta' (46 per cento) dei terreni coltivati a biotech nel mondo.
Il pressing delle multinazionali, che e' fallito in Europa dove le semine sono calate del 12 per cento, ha avuto invece successo nei paesi meno sviluppati dove pero' le coltivazioni ogm non solo non hanno quindi risolto il problema della fame, ma, continua la Coldiretti, hanno anche aggravato la dipendenza economica dall'estero. Una situazione di cui stanno prendendo coscienza numerosi Paesi come dimostra la scelta del governo indiano nel 2010 di respingere al mittente la prima melanzana modificata geneticamente (ogm) pronta ad arrivare sul mercato.
OGM: CORO DI NO ALLA PATATA OGM in Europa

Coro di critiche da parte dei parlamentari europei ecologisti alla decisione della Commissione Ue di autorizzare la coltivazione della patata geneticamente modificata. ''Sono scioccato nel vedere che al commissario alla Sanita' e alla difesa dei consumatori.
'La decisione della Commissione europea di autorizzare la coltivazione della patata Amflora prodotta dalla multinazionale Bayer e' gravissima e inaccettabile. Per questo i Verdi sono pronti a presentare un quesito referendario gia' dalla prossima settimana per evitare che gli Ogm vengano coltivati in Italia''. Lo rende noto un comunicato della Federazione dei Verdi.
La coltura autorizzata, prosegue la nota dei Verdi, ''presenta dei profili di rischio molto alti perche' avrebbe un gene marker che provoca resistenza ad un antibiotico importante per la salute umana. In questo modo non solo e' stato violato il principio di precauzione nei confronti delle colture geneticamente modificate ma anche la direttiva Ue 2001/18 che proibisce espressamente l'autorizzazione per gli Ogm che contengono geni di resistenza ad antibiotici importanti per la salute umana''.
Si tratta, proseguono i Verdi, ''di un vero e proprio assalto alla sicurezza alimentare, alla nostra agricoltura tipica, di qualita' e biologica: insoma a rischio c'e' tuto il made in Italy agrolimentare. I Verdi si mobiliteranno con forza per per difendere la tradizione agroalimentare del nostro paese e la salute dei cittadini dalle colture geneticamente modificate: quella che abbiamo davanti sara' una nuova stagione di referendum, sugli ogm, sul nucleare e sulla privatizazione dell'acqua per salvaguardare l'ambiente, la salute dei cittadini e i loro diritti ai beni comuni''.
sabato 31 ottobre 2009
PESCA: UE CONDANNA ITALIA PER UTILIZZO SPADARE
Italia condannata dalla Corte di giustizia delle Comunita' europee in merito all'uso, da parte dei pescatori, delle reti da pesca derivanti, meglio note come 'spadare', severamente proibite dalla normativa comunitaria allo scopo di garantire la protezione dei fondali, la conservazione delle risorse biologiche marine ed il loro sfruttamento sostenibile in condizioni economiche e sociali appropriate.
Rileva la Corte: ''Non avendo provveduto a controllare, ispezionare e sorvegliare in modo adeguato, sul proprio territorio e nelle acque marittime soggette alla propria sovranita' o giurisdizione, l'esercizio della pesca, segnatamente per quanto riguarda il rispetto delle disposizioni che disciplinano la detenzione a bordo e l'impiego delle reti da posta derivanti, e non avendo provveduto in misura sufficiente a che fossero adottati adeguati provvedimenti nei confronti dei responsabili delle infrazioni alla normativa comunitaria in materia di detenzione a bordo e di utilizzo di reti da posta derivanti, segnatamente con l'applicazione di sanzioni dissuasive contro i soggetti di cui sopra, la Repubblica italiana e' venuta meno agli obblighi che le incombono'' ed '' e' condannata alle spese''.
Inoltre, Lussemburgo ha appurato che il nostro Paese ''non ha avviato azioni amministrative o penali sufficientemente efficaci per sanzionare i responsabili delle violazioni della normativa in materia di pesca mediante reti da posta derivanti e per privarli effettivamente dei benefici economici ricavati dalle infrazioni medesime''.
Rileva la Corte: ''Non avendo provveduto a controllare, ispezionare e sorvegliare in modo adeguato, sul proprio territorio e nelle acque marittime soggette alla propria sovranita' o giurisdizione, l'esercizio della pesca, segnatamente per quanto riguarda il rispetto delle disposizioni che disciplinano la detenzione a bordo e l'impiego delle reti da posta derivanti, e non avendo provveduto in misura sufficiente a che fossero adottati adeguati provvedimenti nei confronti dei responsabili delle infrazioni alla normativa comunitaria in materia di detenzione a bordo e di utilizzo di reti da posta derivanti, segnatamente con l'applicazione di sanzioni dissuasive contro i soggetti di cui sopra, la Repubblica italiana e' venuta meno agli obblighi che le incombono'' ed '' e' condannata alle spese''.
Inoltre, Lussemburgo ha appurato che il nostro Paese ''non ha avviato azioni amministrative o penali sufficientemente efficaci per sanzionare i responsabili delle violazioni della normativa in materia di pesca mediante reti da posta derivanti e per privarli effettivamente dei benefici economici ricavati dalle infrazioni medesime''.
martedì 28 luglio 2009
Energia nucleare e sicurezza degli impianti: L'UNIONE EUROPEA fornisce nuovi strumenti di regolamentazione
Con la presenza di Stati che già utilizzano regolarmente gli impianti nucleari per la produzione di energia e con l'aumento degli Stati che intendono avviare nei prossimi anni programmi di riavvio o costruzione di nuove centrali, l'Europa è chiamata ad assumere un ruolo di decisiva importanza, finalizzato, tra l'altro, ad assicurare elevati standard tecnici e un alto livello di sicurezza.
In questo quadro programmatico si inserisce la Direttiva 2009/71/Euratom del Consiglio del 25 giugno 2009 (GUUE L172 del 02/07/2009), che istituisce un quadro comunitario per la sicurezza nucleare degli impianti nucleari.
Il provvedimento trae spunto da una considerazione di fondo, contenuta nel nono considerando, secondo cui "Ogni Stato membro può stabilire il proprio mix energetico in base alle politiche nazionali in materia".
Considerata dunque tale possibilità, diventa necessario predisporre strumenti finalizzati a migliorare la sicurezza dei territori interessati, non solo con riferimento alla fase di utilizzo del combustibile, ma anche alla fase di stoccaggio e smaltimento: "Benché la presente direttiva riguardi principalmente la sicurezza nucleare degli impianti nucleari, è importante altresì garantire la gestione sicura del combustibile irraggiato e dei rifiuti radioattivi, anche nelle strutture per lo stoccaggio e lo smaltimento" (Cfr., considerando n. 12).
Tali ragioni, insieme a specifiche ed imprescindibili esigenza di coordinamento tra gli Stati aderenti, hanno dunque portato all'emanazione della segnalata direttiva che, sotto il profilo giuridico, istituisce un "quadro legislativo, normativo e organizzativo nazionale («quadro nazionale») per la sicurezza nucleare degli impianti nucleari che attribuisce le responsabilità e prevede il coordinamento tra gli organismi statali competenti" (art. 4).
A vigilare sul sistema di controllo è preposta un'Autorità, rispetto alla quale la direttiva si preoccupa di garantirne autonomia e indipendenza. Infatti, ai sensi dell'art. 5 "Gli Stati membri istituiscono e forniscono i mezzi a un'autorità di regolamentazione competente in materia di sicurezza nucleare degli impianti nucleari. Gli Stati membri garantiscono che l'autorità di regolamentazione competente sia funzionalmente separata da ogni altro organismo organizzazione coinvolto nella promozione o nell'utilizzazione dell'energia nucleare, compresa la produzione di energia elettrica, al fine di assicurare l'effettiva indipendenza da ogni influenza indebita sul suo processo decisionale regolatorio."
Disposizioni rilevanti sono dettate anche dall'art. 8, in tema di informazione al pubblico, attraverso cui viene assicurato che le informazioni riguardanti la regolamentazione della sicurezza nucleare siano rese accessibili ai lavoratori e al pubblico.
La direttiva prevede termine fino al 22 luglio 2011 per il recepimento delle disposizioni della direttiva.
Il testo integrale della legge è disponibile, per gli abbonati, nella banca dati Codice di Ambiente e Sicurezza
FONTE:.ilsole24ore
In questo quadro programmatico si inserisce la Direttiva 2009/71/Euratom del Consiglio del 25 giugno 2009 (GUUE L172 del 02/07/2009), che istituisce un quadro comunitario per la sicurezza nucleare degli impianti nucleari.
Il provvedimento trae spunto da una considerazione di fondo, contenuta nel nono considerando, secondo cui "Ogni Stato membro può stabilire il proprio mix energetico in base alle politiche nazionali in materia".
Considerata dunque tale possibilità, diventa necessario predisporre strumenti finalizzati a migliorare la sicurezza dei territori interessati, non solo con riferimento alla fase di utilizzo del combustibile, ma anche alla fase di stoccaggio e smaltimento: "Benché la presente direttiva riguardi principalmente la sicurezza nucleare degli impianti nucleari, è importante altresì garantire la gestione sicura del combustibile irraggiato e dei rifiuti radioattivi, anche nelle strutture per lo stoccaggio e lo smaltimento" (Cfr., considerando n. 12).
Tali ragioni, insieme a specifiche ed imprescindibili esigenza di coordinamento tra gli Stati aderenti, hanno dunque portato all'emanazione della segnalata direttiva che, sotto il profilo giuridico, istituisce un "quadro legislativo, normativo e organizzativo nazionale («quadro nazionale») per la sicurezza nucleare degli impianti nucleari che attribuisce le responsabilità e prevede il coordinamento tra gli organismi statali competenti" (art. 4).
A vigilare sul sistema di controllo è preposta un'Autorità, rispetto alla quale la direttiva si preoccupa di garantirne autonomia e indipendenza. Infatti, ai sensi dell'art. 5 "Gli Stati membri istituiscono e forniscono i mezzi a un'autorità di regolamentazione competente in materia di sicurezza nucleare degli impianti nucleari. Gli Stati membri garantiscono che l'autorità di regolamentazione competente sia funzionalmente separata da ogni altro organismo organizzazione coinvolto nella promozione o nell'utilizzazione dell'energia nucleare, compresa la produzione di energia elettrica, al fine di assicurare l'effettiva indipendenza da ogni influenza indebita sul suo processo decisionale regolatorio."
Disposizioni rilevanti sono dettate anche dall'art. 8, in tema di informazione al pubblico, attraverso cui viene assicurato che le informazioni riguardanti la regolamentazione della sicurezza nucleare siano rese accessibili ai lavoratori e al pubblico.
La direttiva prevede termine fino al 22 luglio 2011 per il recepimento delle disposizioni della direttiva.
Il testo integrale della legge è disponibile, per gli abbonati, nella banca dati Codice di Ambiente e Sicurezza
FONTE:.ilsole24ore
mercoledì 6 maggio 2009
CUCCIOLI FOCA : DA UE PRIMO CONCRETO STOP A MATTANZA

''Il voto odierno del Parlamento europeo rappresenta una storica vittoria della associazioni animaliste che da 30 anni si battono in tutta Europa contro la mattanza delle foche a fini commerciali, - commenta Roberto Bennati, vicepresidente della LAV - ma e' un'importante risultato anche per la LAV, che ha fatto sua questa battaglia in Italia portando, nel 2006, all'emanazione di un Decreto interministeriale di bando all'importazione delle pelli e derivati di foca nel nostro Paese; all'approvazione all'unanimita', nel dicembre scorso, del disegno di legge proposto dalla LAV, in Commissione Territorio e ambiente del Senato; e alla ricalendarizzazione, a febbraio, del DDL 740, per trasformare in legge, rafforzare e sanzionare il Decreto ministeriale''.
Stamattina, infatti, il Parlamento europeo ha approvato con 550 voti a favore, 49 contrari e 41 astenuti, l'adozione di un bando a tutti gli scambi commerciali di prodotti derivati da foche, all'interno del territorio dell'Unione europea, ad eccezione di quelli frutto della caccia tradizionale degli Inuit, o svolta ai fini della gestione sostenibile delle risorse marine. Gli Stati membri dell'Unione europea dovranno definire le sanzioni per chi viola tale divieto.
''Questo voto e' una testimonianza della forte volonta' politica e della determinazione delle Istituzioni politiche europee che sono state in grado di giungere ad un accordo in prima lettura. - prosegue Bennati - Il Parlamento UE ha messo virtualmente la parola fine al mercato dei prodotti di foca in Europa, e quella in atto in Canada puo' considerarsi di fatto l'ultima stagione di caccia i cui prodotti potranno essere venduti nell'Unione europea''.
Gia' nel 2009 i prezzi per ogni pelle sono scesi a 9 Euro, inferiori alla meta' del prezzo dello scorso anno, e questo grazie anche al divieto di vendita di prodotti di foca espresso da 30 Paesi nel Mondo, sette dei quali fanno parte dei 10 principali mercati di esportazione del Canada.
''Nell'applicazione di questo Regolamento gli Stati membri dovranno predisporre adeguati controlli affinche' le due deroghe non siano sfruttate illegalmente come scappatoie al divieto'', aggiunge Roberto Bennati, vicepresidente della LAV.
Il bando del Parlamento europeo arriva poche settimane dopo un altro importante risultato della campagna contro la caccia commerciale alle foche. A marzo, infatti, la Russia ha annunciato il divieto di caccia delle foche, nel Mar Bianco, per gli animali di eta' inferiore a un anno di eta', mettendo fine, in pratica, alla caccia alle foche in territorio russo.
Nei prossimi mesi, inoltre, arrivera' l'approvazione del Consiglio d'Europa al divieto, per la quale c'e' gia' accordo politico, voluto con grande determinazione anche dal Governo italiano.
Il Canada e' pronta a ricorrere all'Organizzazione Mondiale per il Commercio contro il bando nei confronti dei prodotti derivati dalle foche deciso oggi dal Parlamento europeo. Secondo il ministro del Commercio canadese, Stockwell Day, il provvedimento di messa al bando dovrebbe prevedere delle ''esenzioni per i paesi come il Canada, che hanno regole molto severe nella gestione della caccia alle foche''. In mancanza di tale esenzione, il Canada si rivolgera' al Wto.
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ANIMALI: UE, LIMITARE TEST SU ANIMALI PER LA RICERCA

Il Parlamento UE si e' pronunciato su una proposta di direttiva volta a rafforzare l'armonizzazione delle legislazioni nazionali in materia di sperimentazioni sugli animali. L'obiettivo e' di ridurre questo tipo di test e di promuovere metodi alternativi. Numerosi emendamenti tendono a trovare un equilibrio tra l'esigenza di garantire il benessere degli animali e quella di non penalizzare la ricerca.
Nell'UE a 27 ogni anno vengono impiegati circa 12 milioni di animali nelle procedure scientifiche. Approvando con 540 voti favorevoli, 66 contrari e 34 astensioni la relazione di Neil Parish (PPE/DE, UK), il Parlamento accoglie con favore la proposta della Commissione volta a rafforzare l'armonizzazione delle misure relative alla protezione degli animali utilizzati o destinati a essere utilizzati a fini scientifici. Anche perche' le numerose lacune della direttiva 86/609/CEE sulla protezione degli animali utilizzati a fini sperimentali o ad altri fini scientifici hanno fatto si' che alcuni Stati membri si siano dotati di misure di portata molto piu' ampia nella legislazione nazionale di attuazione, mentre altri applicano solo le norme minime. Non essendoci un accordo con il Consiglio la procedura legislativa dovra' proseguire con il nuovo Parlamento.
Il Parlamento sostiene la richiesta agli Stati membri di assicurare che il numero di animali usati nei progetti sia ridotto al minimo senza compromettere gli obiettivi del progetto. Facendo proprio un emendamento avanzato dal PPE/DE, precisa poi che laddove esistono metodi di prova, sperimentazioni o altre attivita' scientifiche che, pur non prevedendo l'uso di animali vivi, risultano soddisfacenti per ottenere gli esiti auspicati e possono quindi essere utilizzati in sostituzione di una procedura, gli Stati membri dovrebbero assicurare il ricorso a tali metodi alternativi. A condizione, tuttavia, che non siano vietati nello Stato membro interessato. Specifica inoltre che ''non sono considerati alternativi i metodi di prova che comportano il ricorso a cellule umane embrionali e fetali'' e che, per quanto concerne l'utilizzo di questi metodi di prova, ''gli Stati membri possono prendere le proprie decisioni etiche''.
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