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mercoledì 7 novembre 2012

ecommissioning : Nucleare, Sogin, accordo con INFN per monitoraggio rifiuti radioattivi

 Il Presidente dell'Istituto Nazionale di Fisica Nucleare, Fernando Ferroni, e l'Amministratore Delegato di Sogin, Giuseppe Nucci, hanno sottoscritto un accordo di collaborazione per lo svolgimento di attivita' nell'ambito del decommissioning e della gestione e messa in sicurezza dei rifiuti radioattivi e per lo sviluppo di attivita' di cooperazione con Enti e Istituzioni internazionali.

Nell'ambito della collaborazione, di durata biennale, spiegano, e' stato definito un primo progetto per la realizzazione di un sistema tecnologico per il monitoraggio in tempo reale dei rifiuti radioattivi, tramite la tecnica DMNR (Detector Mesh for Nuclear Repositories), che consentira' una nuova metodologia nella gestione dei rifiuti radioattivi. In particolare, questo progetto prevede una fase sperimentale che vede coinvolti i Laboratori del Sud dell'INFN e la centrale Garigliano di Sogin, in provincia di Caserta, per la realizzazione di rivelatori di radiazioni ad alta tecnologia.

L'INFN, che conta circa 3500 scienziati tra dipendenti e associati universitari specializzati nel campo della fisica nucleare, ha sviluppato negli ultimi due anni i prototipi di questi rivelatori, nell'ambito del progetto strategico INFN-Energia. Si tratta di una rete di fibre scintillanti in plastica che, colpite da radiazione gamma, producono una luce che viene letta da fotomoltiplicatori al silicio, posti alle due estremita' delle fibre. Il segnale viene digitalizzato e inviato a un calcolatore.

Secondo l'amministratore delegato di Sogin, Giuseppe Nucci, l'accordo ''conferma l'impegno di Sogin nel promuovere e sostenere, sia a livello nazionale che internazionale, l'innovazione tecnologica nel campo del decommissioning e della gestione dei rifiuti radioattivi per migliorare continuamente l'efficienza e l'efficacia delle nostre attivita'. Quest'accordo rientra fra gli strumenti che abbiamo attivato per condividere il nostro know-how e sviluppare collaborazioni con gli stakeholder coinvolti nella piu' grande bonifica ambientale della storia del nostro Paese, con l'obiettivo di garantire la sicurezza dei cittadini e la salvaguardia dell'ambiente''.

''Questa collaborazione - ha affermato il Presidente dell'INFN, Fernando Ferroni - dimostra come attivando nel modo migliore le competenze reciproche di parti diverse si possano raggiungere risultati importanti per migliorare la qualita' della vita a partire dagli sviluppi tecnologici motivati dalla scienza di base''.

martedì 6 novembre 2012

NUCLEARE ITALIA :Un nuovo carico di materiale radioattivo in transito sul territorio del nord Italia

 Un nuovo carico di materiale radioattivo in transito sul territorio del nord Italia. Il carico arriva dal deposito Avogadro di Saluggia, in provincia di Vercelli, dove si trovano ancora stoccate circa 30 tonnellate di rifiuti radioattivi.

Si tratta di 10 lamine di MTR, un combustibile irraggiato proveniente da attività di ricerca condotte nella centrale nucleare sperimentale olandese di Petten, attese a Trieste per poi essere spedite via nave negli USA, per il programma di rimpatrio del materiale nucleare strategico appoggiato dall’amministrazione di Barack Obama.

Ancora sconosciuta la data esatta del transito del convoglio: il trasporto sarebbe dovuto avvenire questa mattina all’alba, ma è stato rinviato a data da destinarsi a causa di alcuni problemi organizzativi. I sindaci dei comuni interessati dal passaggio dell’autotreno saranno avvisatoi solo all’ultimo momento.

Il trasporto, in ogni caso, dovrebbe avvenire in una notte di questa settimana. Il trasporto del materiale radioattivo percorrerà l’A4 di notte su un autotreno che per motivi di sicurezza non potrà interrompere la corsa, seguito da circa una quindicina di mezzi di scorta che lo accompagneranno lungo tutto il percorso.

sabato 10 settembre 2011

RIFIUTI RADIOATTIVI: La galleria radioattiva, Ecco le prove dell'orrore

Nel mare e nel cemento. Per lunghi anni disgraziati la Calabria è stata la pattumiera d’Europa. Fra lo Ionio e l’Aspromonte sono stati smaltiti quintali di rifiuti tossici e radioattivi. È stato il lavoro ordinario di capitani e marinai, operai e geometri. Un affare ben retribuito e conosciuto, almeno in parte, dai nostri servizi segreti. Perché questa è una storia delicatissima e tipicamente italiana, non si chiarisce e neppure si estingue. Dopo lo strano infarto che ha stroncato il capitano Natale De Grazia, mentre stava indagando sulla motonave Jolly Rosso incagliata sulla spiaggia di Amantea (1991). Dopo le dichiarazioni mai riscontrate, eppure molto dettagliate, del pentito di ’drangheta Francesco Fonti (2004). Ora due nuove voci, che la Stampa è in grado di documentare, si aggiungono al coro. E sono voci che fanno paura.

Ha parlato del traffico di rifiuti radioattivi, in almeno due verbali, il pentito principe della ’ndrangheta. Principe perché di alto livello gerarchico, a differenza di Fonti. Principe perché Antonino Lo Giudice detto «il nano», solo per un problema di statura, finora si è rivelato estremamente attendibile. Arrestato ad ottobre del 2010. Si è autoaccusato degli attentati intimidatori contro la procura di Reggio Calabria. «Lo Stato non si stava dimostrando abbastanza riconoscente», ha spiegato con calma. Poi ha iniziato a parlare. Di tutto.

Delle cosche. Dei nuovi rapporti di potere legati al clan Condello. Ha svelato omicidi e affari. Ha fatto arrestare un capitano dei carabinieri, Gaspare Spadaro Tracuzzi, per concorso esterno in associazione mafiosa. Ha messo nei guai avvocati. Fatto iscrivere nel registro degli indagati anche un magistrato in carriera come Francesco Mollace, uno dei due vice procuratori nazionali antimafia. Insomma, Antonino Lo Giudice ha dimostrato di avere molte storie da raccontare. E ha iniziato a parlare anche dei veleni che sono stati seminati in Calabria: «Essendo, diciamo, in amicizia con l’avvocato Gatto e sapendo io che si stava interessando di questo fatto ha messo a verbale - mi ricordai che Pasquale Condello mi disse che c’era questo Galimi - che ha un’agenzia automobilistica nel quartiere Pentimele - che era stato fermato nei pressi di Platì o di San Luca. Con lui c’era il comandante di una nave di Reggio Calabria: stavano andando a trattare, diciamo, cose radioattive per buttarle a mare».

Sono le navi a perdere. Sarcofagi immondi. Carrette colate a picco nel mare turchese, che richiama turisti e brutti pensieri. Secondo le nuove rivelazioni, la zona interessata sarebbe quella davanti a Saline Joniche. Particolare non secondario. Perché tre anni fa, su indicazione di Francesco Fonti, gli investigatori erano andati a caccia di un relitto sul versante opposto. Ma la carcassa inabissata di fronte a Cetraro si era rivelata la vecchia nave passeggeri Catania, affondata nel 1917 durante la prima guerra mondiale. Erano tutti presenti, quel giorno, anche il ministro per l’Ambiente Stefania Prestigiacomo. A celebrare lo scampato pericolo.

Ma ora il pentito Lo Giudice indicherebbe altre coordinate. Altri tratti di mare interessati. Diverse le navi affondate piene di scorie. Una pratica quasi banale. Un tipo di lavoro così diffuso e tenuto ben nascosto che solo adesso, dopo sei anni, si scopre un documento firmato da un geometra residente in un piccolo paese della zona. Ha 84 anni, si è ritirato a vivere in montagna. Di quello che ha dichiarato, in un colloquio investigativo reso davanti a un investigatore della Direzione Nazionale Antimafia, non vuole più parlare. Eppure lui era a conoscenza di questo fatto: «Certe volte, quando l’affondamento in mare si rivelava troppo complicato, si usavano le tumulazioni nel cemento». Il geometra ha parlato nello specifico della galleria Limina, 3 chilometri e 700 metri, sulla strada statale 682 che collega i due mari. Da Rosarno a Gioiosa Jonica. L’ultimo tratto, proprio quello della galleria, è stato ultimato nel 1992. Lì, secondo il suo racconto, sarebbero stati tumulati rifiuti radioattivi. Impastati nel cemento e poi inaugurati in pompa magna. Una rivelazione su cui - questo è l’aspetto più straniante - nessuno avrebbe mai fatto accertamenti. Parole che giacevano da sei anni negli archivi investigativi, come lettera morta.

Senza alcuna pretesa di scientificità, possiamo dire questo: all’imbocco della galleria Limina in direzione Tirreno, con un piccolo contatore geiger, si registra una radioattività di 0,41 millisievert ora. Quando il fondo ambientale in Calabria - il livello normale - oscilla fra 0,10 e 0,20. Sul versante opposto le alterazioni sono meno evidenti: 0,31. Altre gallerie della zona non fanno riscontrare lo stesso sbalzo. Va detto subito: 0,41 non è indice di pericolosità. Ma è anche vero che un metro di cemento basta per schermare in massima parte le radiazioni. Resta il dubbio se possa essere un piccolo indizio. Una conferma alle parole del geometra.

A Mammola nessuno ama parlare della galleria, anche se in molti in paese hanno lavorato per costruirla. È uno di quei posti dove nel giro di due minuti ci si sente degli intrusi. Alla fine un ex operaio in pensione, seduto sulla panchina della piazza, ricorda: «Di scorie e rifiuti tossici qui nessuno sa nulla. Ma posso dire che quella galleria è piena d’acqua e roccia friabile tutta uguale. È costruita solo con cemento, centine e tronchi di pioppo. Non ha impermeabilizzazione». Ecco, nel mare e nel cemento. Il procuratore capo di Reggio Calabria, quello a cui erano destinati i bazooka piazzati da Lo Giudice, non si nasconde. Giuseppe Pignatone è qui da due anni: «Quello dei veleni è un tema su cui abbiamo la massima sensibilità - spiega - saranno fatti tutti gli accertamenti. Lasceremo nulla di intentato. In passato però, mi è parso di capire, spesso il problema è stato trovarsi di fronte a segnalazioni troppo generiche».

Molti sapevano. Come dimostrano i documenti riservati numero 488/1 e 488/3 - consegnati da Giorgio Piccirillo, il direttore dell’Aisi (Agenzia di informazione e sicurezza interna), alla commissione parlamentare di inchiesta sui rifiuti. Era il 12 luglio. Documenti attraverso i quali, finalmente, venivano scoperte alcune carte: «Fin dal 1992 il servizio avrebbe acquisito notizie fiduciarie relative all’interesse del clan Mammoliti, in particolare i fratelli Cordì, per lo smaltimento illegale di rifiuti radioattivi, che sarebbero pervenuti sia dal centro, sia dal nord Italia, ma anche da fonti straniere». La Calabria era il posto giusto per risolvere questo tipo di problemi. Nel senso che la ’ndrangheta avrebbe trattato il tema alla stregua di un qualsiasi altro affare. E infatti: «Informatori del settore non in contatto tra loro - quindi fonti diverse che riportano la stessa informazione - hanno riferito che Morabito Giuseppe, detto Tiradiritto, previo accordo raggiunto nel corso di una riunione tenutasi recentemente con altri boss mafiosi, avrebbe concesso in cambio di una partita di armi, l’autorizzazione a far scaricare nella provincia di Africo un quantitativo di scorie tossiche presumibilmente radioattive».

Quel giorno di luglio, il presidente della commissione, Gaetano Pecorella, ha dichiarato: «Vi è una serie di notizie che ci paiono di specifico e rilevante interesse per indagini in materia di rifiuti radioattivi. Rifiuti che sono stati - secondo notizie sempre molto ricche ma poco verificate fino ad ora - occultati soprattutto in Calabria». È il succo velenoso della storia: notizie molto ricche ma poco verificate. A chi è convenuto?
FONTE: http://www3.lastampa.it/cronache/sezioni/articolo/lstp/419532/

giovedì 13 gennaio 2011

RIFIUTI RADIOATTIVI: SENATORI PD, GOVERNO DINI AUTORIZZO' SMALTIMENTO SEGRETO per lo stoccaggio e lo smaltimento di rifiuti radioattivi e pericolosi

''Da notizie di stampa risulterebbe l'esistenza di un documento datato 11 dicembre 1995 secondo il quale il governo italiano di allora, guidato da Lamberto Dini, avrebbe destinato una somma ingente di denaro ai servizi segreti militari, l'allora Sismi, per lo stoccaggio e lo smaltimento di rifiuti radioattivi e pericolosi. Per dare una immediata risposta all'esigenza di verita' e fare luce sulla inquietante vicenda delle navi dei veleni, le ripetute e misteriose sparizioni al largo delle coste italiane di imbarcazioni che trasportavano rifiuti tossici e che non hanno mai lanciato il may-day mentre gli equipaggi si sono stranamente volatilizzati, chiediamo che venga al piu' presto chiamato in audizione in Commissione parlamentare sul ciclo dei rifiuti il senatore del PdL Lamberto Dini''. Lo dichiarano i senatori del Pd Vincenzo De Luca, vicepresidente della Commissione parlamentare d'inchiesta sulle attivita' illecite connesse al ciclo dei rifiuti, Roberto Della Seta e Francesco Ferrante.

''Se l'esistenza di questo documento e il suo contenuto venissero confermati - proseguono i senatori del Pd - dovranno essere spiegati i motivi che indussero il Governo italiano ad avvalersi dell'operato del Sismi per una vicenda inquietante che da quasi vent'anni, dopo le denunce coraggiose di Legambiente e altre associazioni, ha visto un susseguirsi di connivenze, reticenze a vari livelli e anche morti misteriose.

Occorrera' anche comprendere per quale motivo fu apposto al documento il segreto di stato, ora decaduto perche' trascorso il limite temporale dei 15 anni, e quali erano gli interessi dello Stato che potevano essere danneggiati gravemente se il documento fosse stato reso pubblico''.

''La sparizione ripetuta di navi al largo delle coste italiane e' a tutti gli effetti un capitolo opaco della recente storia italiana, caratterizzata da misteri e segreti, e che in questo caso coinvolge la salute pubblica e la tutela dell'ambiente perche' ad affondare misteriosamente nei punti piu' profondi del Mediterraneo sono state delle imbarcazioni cariche di fusti inquinanti, che hanno ridotto i mari italiani a discarica degli affari sporchi di organizzazioni criminali e forse addirittura utilizzato dallo stesso Sismi'', concludono i senatori democratici.

mercoledì 8 settembre 2010

INCIDENTI NUCLEARI: Incendio e fuga radioattiva in un cantiere nucleare russo


Secondo il Barents Observer, ci sarebbe un aumento del livello di radiazioni dopo l'incendio che si è sviluppato in un cantiere navale russo nella penisola di Kola implicato nella demolizione di materiale militare nucleare e rifiuti radioattivi. I norvegesi lamentano il fatto di non essere stati avvisati dai russi dell'incidente che è scoppiato il 27 agosto nel cantiere 10 in Aleksandrovsk, precedentemente conosciuto come Polyarny, e che ci sono volute circa due ore per domare l'incendio, almeno a leggere quel che scrive il giornale Novaya Gazeta. Non ci sarebbero feriti, ma nessuno sa quali danni siano stati fatti dal fuoco che ha distrutto terminal di arrivo dei fusti radioattivi destinati allo smaltimento.

Il cantiere navale numero 10, in realtà una vera e propria discarica nucleare, appartiene al ministero della difesa russo e l'impianto è l'unico nel nord della Russia dove si svolge il discusso international program for sorting and scrapping of nuclear waste.

Il livello di radiazione nell'area ha raggiunto i 40 micro Roentgen/ora, tre volte oltre il normale livello di fondo nella zona. Il livello di radiazioni ad Aleksandrovsk, il centro abitato più vicino all'area di smaltimento delle scorie nucleari, sarebbe rimasto immutato. Ma questo non tranquillizza certo Nils Bøhmer, un fisico nucleare della Bellona Foundation di Oslo, che si occupa da più di 20 anni delle problematiche della sicurezza nucleare nel nord-ovest della Russia: «Ci sono pericoli quando si verificano simili incendi e fughe radioattive».

I russi mantengono il più stretto riserbo ma hanno inviato sul luogo un team composto da uomini del ministero della difesa, della Flotta del Nord e del monopolista nucleare Rosatom. Ma l'area, che fa parte dell'immenso cimitero nucleare dell'Artico russo, è strettamente vietata a giornalisti e ad attivisti delle associazioni ambientaliste o antinucleari.

L'area del cantiere navale 10 di Aleksandrovsk è tristemente famosa per i suoi livelli negativi record di sicurezza. Nel maggio scorso una nave per il trasporto di combustibile nucleare in via di demolizione è affondata direttamente in porto e l'informazione è arrivata all'opinione pubblica solo dopo una settimana, quando un blogger di Murmansk ha postato una foto della nave affondata.

Nel 2002, un decrepito sottomarino a propulsione nucleare della classe Echo II è affondato all'interno di bacino di carenaggio galleggiante nelle vicinanze del cantiere. I russi assicurano che non c'è stata nessuna fuga radioattiva.

I russi hanno dovuto probabilmente alla fine rendere noto che effettivamente l'incendio con una fuga radioattiva c'è stato perché proprio in questi giorni la commissione norvegese-russa in materia di sicurezza nucleare tiene il suo incontro annuale a Murmansk, la capitale dello smaltimento delle scorie e dei ferrivecchi della guerra nucleare, e la situazione si andava facendo sempre più imbarazzante.

I norvegesi sono più che irritati: hanno sempre chiesto ai russi di informarli subito in caso di incidente, così come prevede un accordo tra i due Paesi che condividono una piccola frontiera terrestre ma da un immenso territorio marino nell'Artico. In pratica però i russi avvertono i norvegesi solo quando c'è una fuga radioattiva che interessa il territorio di frontiera terrestre.

Il cantiere in Aleksandrovsk si trova circa 120 km dal confine con la Norvegia , il primo settembre il Barents Observer si è rivolto alla Nrpa, l'autorità norvegese che controlla le radiazioni per chiedere cosa fosse successo nel porto russo e quelli sono caduti dalle nuvole: era la prima volta che sentivano parlare dell'incendio nel pericoloso cantiere russo e di fuoriuscite radioattive.

Eppure nel 2004, al cantiere navale di Aleksandrovsk è stato commissionata la realizzazione di un impianto di trattamento dei rifiuti radioattivi finanziato con i dollari della Arctic military environmental cooperation (Amec) e con le corone del governo della Norvegia. Allora si disse che nel cantiere 10 c'erano già 600 metri cubi di rifiuti radioattivi solidi.
FONTE: http://www.greenreport.it/_new//index.php?page=default&id=6522

ELENCO INCIDENTI NUCLEARI DI CUI SI HA NOTIZIA

lunedì 8 febbraio 2010

scorie radiattive: in Europa prodotti ogni anno 40 mila metri cubi di rifiuti radioattivi

Sono 40mila i metri cubi di rifiuti radioattivi prodotti ogni anno nell'Unione Europea a 25 di cui una parte arriva dalle centrali nucleari e una parte e' prodotta dal settore della ricerca, dal settore medico, tra cui la diagnostica medica o le terapie per curare i tumori, e da alcuni settori industriali. A tracciare il complesso quadro europeo sulla quantita' di rifiuti radioattivi prodotti ogni anno in Ue e' Stefano Monti, ingegnere nucleare, Responsabile della definizione dei programmi di ricerca e sviluppo sul nucleare da fissione dell'Enea e presidente di Siet.
"L'eventuale impatto ambientale prodotto da una centrale nucleare -afferma Monti- deriva principalmente dalla gestione dei rifiuti radioattivi. L'emissione di radioattivita' nell'ambiente circostante, durante il normale funzionamento di un impianto nucleare, e' irrilevante, in quanto inferiore al fondo naturale, cioe' alla radioattivita' naturale, e non esistono emissioni di altra natura che possano avere un impatto ambientale. E per dare la dimensione del problema dei rifiuti radioattivi, ogni anno vengono prodotti circa 40.000 m3 di rifiuti radioattivi, pari a 90 cm3 per persona, nell'Unione Europea a 25, dove l'energia nucleare contribuisce per circa il 31% del fabbisogno complessivo di energia elettrica nel 2009".

"La maggior parte di questi rifiuti, circa 36.000 m3 per anno, -continua Monti- sono rifiuti a bassa e media attivita', la cui radioattivita' decade a valori trascurabili nel giro di qualche secolo. La quantita' rimanente, circa 4.000 m3 per anno, e' invece rappresentata da rifiuti a bassa e alta attivita' ma a lunga vita, la cui radioattivita' cioe' impiega da migliaia a centinaia di migliaia di anni per decadere a valori trascurabili. E come dato di paragone, bisogna ricordare che ogni anno in Europa si producono 1.000 milioni di metri cubi di rifiuti industriali di cui 10 milioni di metri cubi di rifiuti industriali tossici che non sono meno pericolosi di quelli nucleari per la salute dell'uomo e dell'ambiente".

"Se vogliamo paragonare la quantita' di rifiuti prodotti dal nucleare con quella prodotta da altre fonti energetiche, tenendo conto dei rifiuti radioattivi di bassa, media e alta attivita', il nucleare -spiega ancora Monti- produce circa 0,055 cm3 di rifiuti radioattivi per kWh contro, ad esempio, 0,18 kg di rifiuti solidi non radioattivi per kWh prodotto da carbone o lignite, questo pero' e' il valore medio, in alcuni Paesi infatti si arriva anche a 0,25 kg/kWh e oltre".

Ma quale scenario si apre per i rifiuti nucleari ad alta attivita' con le centrali che si dovrebbero realizzare in Italia? "Il programma nucleare italiano prevede la prima centrale nucleare connessa alla rete verso il 2020, se immaginiamo al lavoro 10 reattori Epr, cioe' i reattori previsti dall'accordo siglato tra Enel e Edf, al lavoro al 2030 e per 60 anni, capaci di fornire tra il 25% ed il 30% di energia elettrica rispetto al fabbisogno italiano, la quantita' di rifiuti ad alta radioattivita' che sarebbe prodotta sarebbe pari ad un cubo dal lato di 31 metri".

Riguardo la gestione dei rifiuti alta attivita' radioattiva, l'esperto dell'Enea ricorda che "per isolare, come serve, questi rifiuti per migliaia e centinaia di migliaia di anni, e' necessario ricorrere a barriere naturali, come le formazioni geologiche ad elevata profondita' (600-800 metri e oltre), che devono presentare adeguate caratteristiche di stabilita' e impermeabilita', in grado di assicurare l'isolamento del rifiuto dalla biosfera per periodi paragonabili all'eta' del giacimento, solitamente milioni di anni".

Siti che garantiscono queste caratteristiche "sono i giacimenti salini e argillosi e alcuni tipi di rocce granitiche" afferma ancora Monti, sottolineando che "nell'Unione Europea si discute da tempo della possibilita' di individuare un sito geologico comune, ma il discorso e' ancora a uno stadio preliminare per motivi prevalentemente di consenso pubblico".

"Considerato il volume limitato di rifiuti ad alta attivita' e lunga vita, -continua l'esperto dell'Enea- questa e' la soluzione che molti Paesi europei considerano praticabile".

"Nel 7° Programma Quadro -conclude ancora Monti- la Commissione Europea ha previsto fondi ingenti per i programmi di ricerca comunitari per lo smaltimento geologico e per i programmi su 'Partitioning' e 'Transmutation', che hanno l'obiettivo, tra l'altro, di minimizzare drasticamente la produzione di rifiuti ad alta attivita' nei reattori nucleari di futura generazione, quali la Generation IV e Accelerator Driven System".

giovedì 22 ottobre 2009

rifiuti tossici: OCEANO MARE, ULTIMA SPERANZA PER LA VERITA'


Cinquanta giorni passati senza prendere decisioni. La vicenda della navi dei veleni continua a inanellare annunci, proclami, ma di concreto ancora poco. L'ultima chimera si chiama Oceano Mare, è la nave attrezzata per prospezioni sottomarine di proprietà della Geolab di Napoli che ieri è salpata dal porto di Vibo Valentia per raggiungere Cetraro. La sua missione è accertare se quella posata sul fondo del mare è proprio la Cunsky, che con il suo carico inquinante starebbe là sotto da 17 anni. A raffreddare i già blandi entusiasmi, però, ci ha pensato il direttore commerciale della Geolab che, in un'intervista a Cnr media, ha dichiarato che non è previsto alcun intervento di campionamento del carico.

Al giornalista che gli chiedeva se per la seconda volta il relitto verrà solo fotografato, Carlo Pinto ha risposto che verranno fatti anche dei rilievi indiretti, come vengono chiamati in gergo, «fra cui anche rilievi sulla radioattività ». Quello dell'Oceano Mare non sarà un intervento che si potrà protrarre per lungo tempo. E questo per esigenze di bilancio. Rispondendo ai 50 sindaci che martedì hanno manifestato a Roma, il sottosegretario all'Ambiente Roberto Menia ha rivelato che il ministero ha solo 200 milioni di euro a disposizione.

Considerando che un giorno di attività dell'imbarcazione costa una cifra molto vicina ai 40mila euro, non è difficile ipotizzare che le attività al largo del mare di Cetraro si fermeranno presto. Ieri, a Cetraro, Menia ha assicurato la massima trasparenza sulla vicenda e ha spiegato che «si procederà innanzitutto all'identificazione del relitto, saranno raccolti i dati e verranno comparati per effettuare le verifiche opportune. Tutto il resto viene dopo».

L'Arpacal (l'Agenzia regionale per l'ambiente) promette che lunedì prossimo, dopo 19 anni, cominceranno seriamente le operazioni di terra, a caccia dei veleni seppelliti, qua e là, nel territorio calabrese. Troppo poco, secondo la stragrande maggioranza. «L'atteggiamento del governo Berlusconi continua a essere irresponsabilmente disinteressato nei confronti dei cittadini calabresi, del mare e dell'ambiente - ha dichiarato il presidente nazionale dei Verdi Angelo Bonelli -. A oggi non è stata assunta alcuna iniziativa concreta nemmeno per accertare la natura del carico del relitto. Viene da chiedersi se il governo non stia coprendo qualcuno», ha concluso Bonelli che ha anche annunciato l'adesione dei Verdi e la sua presenza alla manifestazione nazionale del 24 ottobre ad Amantea "Basta veleni".

Provocatoria la presa di posizione di Nuccio Barillà, di Legambiente Calabria, che ha citato l'iniziativa del governo delle Maldive che ha tenuto la riunione del Consiglio dei ministri sott'acqua per sensibilizzare l'opinione mondiale sui rischi del fallimento del vertice di Copenaghen. L'arcipelago corallino, infatti, rischia di scomparire entro il 2100 a causa dell'innalzamento del livello dell'acqua causato dai cambiamenti climatici. «Noi non pretendiamo tanto - ha dichiarato Barillà - ma almeno ci degnino della loro presenza».

La commissione parlamentare sulle Ecomafie da ieri sera è in Calabria per effettuare una serie di sopralluoghi sulle aree che risulterebbero inquinate probabilmente da rifiuti tossici e nocivi. La delegazione della commissione questa mattina visiterà la zona del torrente Oliva, nel comune di Aiello (Cs), e successivamente una cava nella stessa zona, dove si ipotizza siano stati interrati rifiuti radioattivi.
fonte:verdi.it

martedì 28 luglio 2009

Energia nucleare e sicurezza degli impianti: L'UNIONE EUROPEA fornisce nuovi strumenti di regolamentazione

Con la presenza di Stati che già utilizzano regolarmente gli impianti nucleari per la produzione di energia e con l'aumento degli Stati che intendono avviare nei prossimi anni programmi di riavvio o costruzione di nuove centrali, l'Europa è chiamata ad assumere un ruolo di decisiva importanza, finalizzato, tra l'altro, ad assicurare elevati standard tecnici e un alto livello di sicurezza.

In questo quadro programmatico si inserisce la Direttiva 2009/71/Euratom del Consiglio del 25 giugno 2009 (GUUE L172 del 02/07/2009), che istituisce un quadro comunitario per la sicurezza nucleare degli impianti nucleari.
Il provvedimento trae spunto da una considerazione di fondo, contenuta nel nono considerando, secondo cui "Ogni Stato membro può stabilire il proprio mix energetico in base alle politiche nazionali in materia".

Considerata dunque tale possibilità, diventa necessario predisporre strumenti finalizzati a migliorare la sicurezza dei territori interessati, non solo con riferimento alla fase di utilizzo del combustibile, ma anche alla fase di stoccaggio e smaltimento: "Benché la presente direttiva riguardi principalmente la sicurezza nucleare degli impianti nucleari, è importante altresì garantire la gestione sicura del combustibile irraggiato e dei rifiuti radioattivi, anche nelle strutture per lo stoccaggio e lo smaltimento" (Cfr., considerando n. 12).

Tali ragioni, insieme a specifiche ed imprescindibili esigenza di coordinamento tra gli Stati aderenti, hanno dunque portato all'emanazione della segnalata direttiva che, sotto il profilo giuridico, istituisce un "quadro legislativo, normativo e organizzativo nazionale («quadro nazionale») per la sicurezza nucleare degli impianti nucleari che attribuisce le responsabilità e prevede il coordinamento tra gli organismi statali competenti" (art. 4).

A vigilare sul sistema di controllo è preposta un'Autorità, rispetto alla quale la direttiva si preoccupa di garantirne autonomia e indipendenza. Infatti, ai sensi dell'art. 5 "Gli Stati membri istituiscono e forniscono i mezzi a un'autorità di regolamentazione competente in materia di sicurezza nucleare degli impianti nucleari. Gli Stati membri garantiscono che l'autorità di regolamentazione competente sia funzionalmente separata da ogni altro organismo organizzazione coinvolto nella promozione o nell'utilizzazione dell'energia nucleare, compresa la produzione di energia elettrica, al fine di assicurare l'effettiva indipendenza da ogni influenza indebita sul suo processo decisionale regolatorio."

Disposizioni rilevanti sono dettate anche dall'art. 8, in tema di informazione al pubblico, attraverso cui viene assicurato che le informazioni riguardanti la regolamentazione della sicurezza nucleare siano rese accessibili ai lavoratori e al pubblico.
La direttiva prevede termine fino al 22 luglio 2011 per il recepimento delle disposizioni della direttiva.

Il testo integrale della legge è disponibile, per gli abbonati, nella banca dati Codice di Ambiente e Sicurezza
FONTE:.ilsole24ore

giovedì 23 aprile 2009

NUCLEARE: CENTRALI NUCLEARI IN ITALIA ? I futuri impianti atomici italiani sorgeranno accanto a quelli storici?


In Italia il cammino del nucleare sembra procedere a rilento. Eppure, mentre il dibattito pubblico periodicamente si accende e si spegne, l'iter per l'apertura di quattro centrali nel paese prosegue sottotraccia. Con grande soddisfazione dell'Enel e del suo partner francese Edf. La joint venture al 50 per cento costituita pochi mesi fa a Roma tra i due colossi europei dell'energia per eseguire gli studi di fattibilità per le centrali da costruire in Italia ha già prodotto i primi risultati. E, dopo aver stilato una lista di possibili siti, Enel e Edf hanno iniziato i sopralluoghi congiunti in quelli più interessanti. Come Montalto di Castro, dove si è recato il presidente di Edf Pierre Gadonneix in persona. L'accordo tra le due società prevede che in Italia deterranno insieme il 51 per cento delle nuove centrali, mentre già in Francia Enel (dopo aver acquisito il 12,5 della centrale nucleare di Flamanville in costruzione), ha opzionato un altro 12,5 della futura centrale di Penly e già dal 2008 ottiene anticipatamente l'energia che le spetta per il suo investimento, con la quale sta costituendo oltralpe un suo portafoglio di clienti. Dal canto suo, la società guidata da Fulvio Conti (che oggi produce il quadruplo dell'energia nucleare che produceva prima del referendum del 1987) si è impegnata a fornire analogo accesso in proprie centrali nucleari in costruzione in Europa. Le due società, insomma, si intendono benissimo a fare affari insieme, nell'attesa che si apra il mercato italiano del nucleare.

I futuri impianti atomici italiani sorgeranno accanto a quelli storici, come Montalto. Parla Pierre Gadonneix, capo di Edf, partner dell'Enel
INTERVISTA DI Alessandra Viola DA espresso.repubblica.it

Presidente, come sta procedendo il ritorno al nucleare dell'Italia?
"L'Italia, che è stato il primo paese europeo a sviluppare il nucleare, ha dovuto rinunciarvi per l'incidente di Chernobyl e il successivo referendum. In questi anni il Paese ha costruito la sua forza sul gas e sul carbone, ma come tutti i paesi del mondo in questo periodo sta prendendo coscienza di due grandi problemi: la sicurezza degli approvvigionamenti di materie prime e la necessità di ridurre le emissioni di CO2. Entrambi conducono alla riconsiderazione del nucleare".

Che cosa prevedono gli accordi di Edf con il governo italiano?
"I negoziati sono iniziati 4-5 anni fa. Il governo ci propose un partenariato con l'Enel per preparare un eventuale ritorno del nucleare in Italia. Nel 2007 l'accordo è stato confermato da Prodi e un mese fa è stato ulteriormente rilanciato in un summit franco-italiano che ha definito le condizioni di questa collaborazione".

Quali sono queste condizioni?
"Enel detiene il 12,5 per cento della centrale di Flamanville, in costruzione nel Nord della Francia. E l'accordo prevede che possa mantenere questa quota non per questa sola centrale, ma per cinque. Per le prossime, Enel potrà avere accesso alla governance, se lo vorrà, e ha già opzionato la centrale di Penly, sulla Manica. È previsto che per la sua partecipazione Enel possa disporre di una quantità di energia pari al 12,5 per cento della produzione della centrale, che dovrebbe entrare in funzione nel 2017. Ma intanto stiamo anticipando alla società la fornitura elettrica, per permetterle di costituirsi un portafoglio di clienti in Francia. In cambio Enel dovrà consentire a noi di entrare in progetti europei o italiani di pari livello. Che vuol dire progetti nucleari, ma non solo. Anche perché sappiamo che il rilancio del nucleare in Italia non sarà veloce".
Ma secondo lei ci sarà?
"Diciamo che sarebbe logico che ci fosse, e che noi ce lo auguriamo. Ma è una decisione esclusivamente politica nella quale non possiamo entrare".

E se alla fine il nucleare in Italia non si dovesse fare? Che fine farà l'accordo con Enel?
"Attualmente il nucleare in Italia non c'è, ma la nostra partnership procede in modo molto soddisfacente. Enel ha inviato 50 ingegneri a lavorare a Flamanville, tutti di altissimo livello. Siamo estremamente soddisfatti. Per noi l'Italia è un mercato potenziale estremamente interessante, nel quale operiamo del resto già da tre anni attraverso la nostra partecipazione in Edison. Se non si aprirà, potremo comunque collaborare con Enel in altri paesi".

In ogni caso, gli ingegneri dell'Enel intanto fanno esperienza.
"Direi che si formano, è più preciso. Non necessariamente e non solo per lavorare in Italia. Il vostro Paese aveva un enorme patrimonio di competenze sul nucleare, ma l'ha parzialmente perso e ora è costretto a imparare di nuovo da chi invece è andato avanti".

Che altro prevede l'accordo per l'Italia?
"Abbiamo costituito una joint venture con Enel al 50 per cento, con la missione di studiare i progetti per la costruzione di quattro centrali nelle quali noi avremmo una partecipazione e anzi saremmo insieme ad Enel i due principali partner dell'operazione, che sarebbe comunque aperta anche ad altri investitori".

Anche allo Stato?
"Non ho sentito parlare dell'ipotesi che lo Stato italiano sia partner economico della costruzione delle centrali".
Chi le costruirà?
"Nella prima centrale, sarà Edf il leader delle operazioni di costruzione. Per le seguenti, trasferiremo tutta la competenza a Enel. Il nostro partenariato prevede che noi apporteremo le competenze per la costruzione, ma Enel ne apporterà altre, per esempio quella per la scelta dei siti".

In Italia abbiamo diverse centrali nucleari chiuse, da Trino a Caorso, fino a Montalto di Castro. Le nuove centrali si faranno dove già esistono quelle vecchie?
"Probabilmente. Il sito nucleare deve avere solo due caratteristiche: essere vicino a una fonte d'acqua, che può essere un fiume o anche il mare (ne abbiamo fatte diverse sul mare ultimamente) ed essere allacciato alle linee di alta tensione. Quindi è perfettamente possibile che una nuova centrale sia costruita a fianco di altre esistenti, anche termiche. Ma meglio ancora e più veloce sarebbe mettere le nuove centrali a fianco di quelle vecchie, per le quali i siti erano già stati scelti con cura molti anni fa".
Come per esempio Montalto di Castro?
"L'Enel non ha ancora scelto i siti, ma ha al vaglio un elenco e stiamo visitando alcuni tra quelli ritenuti più interessanti".

Siete stati anche a Montalto?
"Sì. Mi ha molto colpito vedere una centrale pronta per essere accesa, e mai messa in funzione".
Si potrebbe rimetterla in funzione?
"No, andrà completamente smantellata, e ci vorrà del tempo. Il nucleare è comunque sempre una scelta di lungo periodo. Dovranno trascorrere ancora dei mesi per capire che piega prenderà il tutto e quali saranno le scelte definitive del governo, perché prima si dovranno creare un sistema legislativo e una regolamentazione in proposito".
Alcuni dicono che non servirà una legge ad hoc.
"In ogni caso ci sarà bisogno di un quadro di regolamentazione che istituisca un'Autorità di sicurezza, indipendente e capace di definire le condizioni per l'approvazione dei diversi progetti".
Sembra una pratica lunga.
"Il governo ha detto che per guadagnare tempo l'Italia si potrebbe ispirare al modello francese. Da noi l'Autorità per la sicurezza del nucleare funziona da anni, si potrebbe semplicemente copiarne la struttura legislativa e regolamentare. È solo un'idea, perché questa chiaramente è una competenza del governo, in cui noi non possiamo entrare. Certo, alcune cose andrebbero modificate in funzione della legislazione nazionale, ma la parte principale della regolamentazione potrebbe rimanere quella, perché l'Autorità italiana sarebbe chiamata a valutare la sicurezza del reattore Epr, che è lo stesso che l'Autorità francese ha già autorizzato in Francia. Questo farebbe risparmiare tempo. Ma anche questa è una scelta politica, in cui noi non possiamo entrare. Da voi il nucleare è un argomento molto sensibile e il governo ne è ben consapevole. Sarà necessario in prima istanza ottenere il parere favorevole dell'opinione pubblica, poi avviare il dialogo con le collettività locali quando si tratterà della scelta dei siti. Ma nucleare vuol dire energia elettrica più a buon mercato, e questo è un buon argomento".

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