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lunedì 14 febbraio 2011

microcelle di borano di ammoniaca: Idrogeno, con le nanotecnologie passi avanti per sostituire la benzina


Stoccato a temperatura ambiente e pressione normale in minuscole gocce incapsulate in un polimero poroso

Potrebbe costare solo tre centesimi di euro al litro e, di sicuro, non produrrà nocive emissioni di carbonio ma solo acqua. Dopo quattro anni di studi top-secret nel prestigioso laboratorio di Rutherford Appleton vicino a Oxford, la britannica Cella Energy è pronta a rivelare la sua scoperta che si basa su un rivoluzionario uso della tecnologia dell’idrogeno.

INNOVAZIONE - Finora si poteva stoccare l’idrogeno solo a bassissime temperature o a una pressione molto alta e ciò era costoso e rischioso. Ma grazie agli studi sulle nanotecnologie, Cella è riuscita a stoccare l’idrogeno a temperatura ambiente e a una pressione normale in forma di minuscole gocce incapsulate in una sorta di tessuto di polimero poroso che lo protegge dall’ossigeno presente nell’aria. La nuova «benzina» liquida all’idrogeno è formata da microcelle di borano di ammoniaca (borazano-H3NBH3), circondate da polimeri e potrà essere inserita nei serbatoi degli autoveicoli e degli aeroplani con minime modifiche ai motori e a costi ridottissimi. Quando i borani vengono scaldati a una temperatura di circa 80 gradi, liberano l’idrogeno contenuto in breve tempo.

POLIMERI - Per produrre le microcelle circondate da polimeri porosi, gli scienziati di Cella hanno utilizzato la tecnica dell’elettrospinning coassiale. Il rivestimento di polimeri, inoltre, può filtrare materiali quali l’ammoniaca che potrebbero danneggiare le microcelle di idrogeno. Stephen Voller, amministratore delegato di Cella Energy non ha dubbi: «Il nostro combustibile basato sull’idrogeno potrebbe essere il primo passo verso un sistema di trasporti non più influenzato dalle oscillazioni del prezzo del petrolio. La nostra tecnologia è la benzina sintetica del futuro e sarà chiamata New oil oppure Oil 2.0».

fONTE: http://www.corriere.it/scienze_e_tecnologie/energia_e_ambiente/11_febbraio_07/idrogeno-benzina-rozza_6dd7460e-32a2-11e0-8ce8-00144f486ba6.shtml

lunedì 13 dicembre 2010

energia: IL MISTERO DELL’ENERGIA GRATUITA CHE CI TENGONO NASCOSTA

FONTE: http://www.stampalibera.com/?p=18981

Marconi ideò un raggio che fermava i mezzi a motore. Mussolini lo voleva, il Vaticano lo bloccò. Da quelle ricerche altri scienziati crearono l’alternativa a petrolio e nucleare. Nel 1999 l’invenzione stava per essere messa sul mercato, ma poi tutto fu insabbiato.

L’energia pulita tanto auspicata dal presidente Obama dopo il disastro ambientale del Golfo del Messico forse esiste già da un pezzo, ma qualcuno la tiene nascosta per inconfessabili interessi economici. Ma non solo. Negli anni Settanta, infatti, un gruppo di scienziati italiani ne avrebbe scoperto il segreto, ma questa nuova e stupefacente tecnologia, che di fatto cambierebbe l’economia mondiale archiviando per sempre i rischi del petrolio e del nucleare, sarebbe stata volutamente occultata nella cassaforte di una misteriosa fondazione religiosa con sede nel Liechtenstein, dove si troverebbe tuttora. Sembra davvero la trama di un giallo internazionale l’incredibile storia che si nasconde dietro quella che, senza alcun dubbio, si potrebbe definire la scoperta epocale per eccellenza, e cioè la produzione di energia pulita senza alcuna emissione di radiazioni dannose. In altre parole, la realizzazione di un macchinario in grado di dissolvere la materia, intendendo con questa definizione qualunque tipo di sostanza fisica, producendo solo ed esclusivamente calore.


UNA SCOPERTA PER CASO

Come ogni giallo che si rispetti, l’intricata vicenda che si nasconde dietro la genesi di questa scoperta è stata svelata quasi per caso. Lo ha fatto un imprenditore genovese che una decina d’anni fa si è trovato ad avere rapporti di affari con la fondazione che nasconde e gestisce il segreto di quello che, per semplicità, chiameremo “il raggio della morte”. E sì, perché la storia che stiamo per svelare nasce proprio da quello che, durante il fascismo, fu il mito per eccellenza: l’arma segreta che avrebbe rivoluzionato il corso della seconda guerra mondiale. Sembrava soltanto una fantasia, ma non lo era. In quegli anni si diceva che persino Guglielmo Marconi stesse lavorando alla realizzazione del “raggio della morte”. La cosa era solo parzialmente vera. Secondo quanto Mussolini disse al giornalista Ivanoe Fossati durante una delle sue ultime interviste, Marconi inventò un apparecchio che emetteva un raggio elettromagnetico in grado di bloccare qualunque motore dotato di impianto elettrico. Tale raggio, inoltre, mandava in corto circuito l’impianto stesso, provocandone l’incendio. Lo scienziato dette una dimostrazione, alla presenza del duce del fascismo, ad Acilia, sulla strada di Ostia, quando bloccò auto e camion che transitavano sulla strada. A Orbetello, invece, riuscì a incendiare due aerei che si trovavano ad oltre due chilometri di distanza. Tuttavia, dice sempre Mussolini, Marconi si fece prendere dagli scrupoli religiosi. Non voleva essere ricordato dai posteri come colui che aveva provocato la morte di migliaia di persone, bensì solo come l’inventore della radio. Per cui si confidò con papa Pio XI, il quale gli consigliò di distruggere il progetto della sua invenzione. Cosa che Marconi si affretto a fare, mandando in bestia Mussolini e gerarchi. Poi, forse per il troppo stress che aveva accumulato in quella disputa, nel 1937 improvvisamente venne colpito da un infarto e morì a soli 63 anni.
La fine degli anni Trenta fu comunque molto prolifica da un punto di vista scientifico. Per qualche imperscrutabile gioco del destino, pare che la fantasia e la creatività degli italiani non fu soltanto all’origine della prima bomba nucleare realizzata negli Stati Uniti da Enrico Fermi e da i suoi colleghi di via Panisperna; altri scienziati, continuando gli studi sulla scissione dell’atomo, trovarono infatti il modo di “produrre ed emettere sino a notevoli distanze anti-atomi di qualsiasi elemento esistente sul nostro pianeta che, diretti contro una massa costituita da atomi della stessa natura ma di segno opposto, la disgregano ionizzandola senza provocare alcuna reazione nucleare, ma producendo egualmente una enorme quantità di energia pulita”.
Tanto per fare un esempio concreto, ionizzando un grammo di ferro si sviluppa un calore pari a 24 milioni di KWh, cioè oltre 20 miliardi di calorie, capaci di evaporare 40 milioni di litri d’acqua. Per ottenere un uguale numero di calorie, occorrerebbe bruciare 15mila barili di petrolio. Sembra quasi di leggere un racconto di fantascienza, ma è soltanto la pura e semplice realtà. Almeno quella che i documenti in possesso dell’imprenditore genovese Enrico M. Remondini dimostrano.

LA TESTIMONIANZA

“Tutto è cominciato – racconta Remondini – dal contatto che nel 1999 ho avuto con il dottor Renato Leonardi, direttore della Fondazione Internazionale Pace e Crescita, con sede a Vaduz, capitale del Liechtenstein. Il mio compito era quello di stipulare contratti per lo smaltimento di rifiuti solidi tramite le Centrali Termoeletriche Polivalenti della Fondazione Internazionale Pace e Crescita. Non mi hanno detto dove queste centrali si trovassero, ma so per certo che esistono. Altrimenti non avrebbero fatto un contratto con me. In quel periodo, lavoravo con il mio collega, dottor Claudio Barbarisi. Per ogni contratto stipulato, la nostra percentuale sarebbe stata del 2 per cento. Tuttavia, per una clausola imposta dalla Fondazione stessa, il 10 per cento di questa commissione doveva essere destinata a favore di aiuti umanitari. Considerando che lo smaltimento di questi rifiuti avveniva in un modo pressoché perfetto, cioè con la ionizzazione della materia senza produzione di alcuna scoria, sembrava davvero il modo ottimale per ottenere il risultato voluto. Tuttavia, improvvisamente, e senza comunicarci il perché, la Fondazione ci fece sapere che le loro centrali non sarebbero più state operative. E fu inutile chiedere spiegazioni. Pur avendo un contratto firmato in tasca, non ci fu nulla da fare. Semplicemente chiusero i contatti”.

Remondini ancora oggi non conosce la ragione dell’improvviso voltafaccia. Ha provato a telefonare al direttore Leonardi, che tra l’altro vive a Lugano, ma non ha mai avuto una spiegazione per quello strano comportamento. Inutili anche le ricerche per vie traverse: l’unica cosa che è riuscito a sapere è che la Fondazione è stata messa in liquidazione. Per cui è ipotizzabile che i suoi segreti adesso siano stati trasferiti ad un’altra società di cui, ovviamente, si ignora persino il nome. Ciò significa che da qualche parte sulla terra oggi c’è qualcuno che nasconde il segreto più ambito del mondo: la produzione di energia pulita ad un costo prossimo allo zero.
Nonostante questo imprevisto risvolto, in mano a Remondini sono rimasti diversi documenti strettamente riservati della Fondazione Internazionale Pace e Crescita, per cui alla fine l’imprenditore si è deciso a rendere pubblico ciò che sa su questa misteriosa istituzione. Per capire i retroscena di questa tanto mirabolante quanto scientificamente sconosciuta scoperta, occorre fare un salto indietro nel tempo e cercare di ricostruire, passo dopo passo, la cronologia dell’invenzione. Ad aiutarci è la relazione tecnico-scientifica che il 25 ottobre 1997 la Fondazione Internazionale Pace e Crescita ha fatto avere soltanto agli addetti ai lavori. Ogni foglio, infatti, è chiaramente marcato con la scritta “Riproduzione Vietata”. Ma l’enormità di quanto viene rivelato in quello scritto giustifica ampiamente il non rispetto della riservatezza richiesta.
Il “raggio della morte”, infatti, pur essendo stato concepito teoricamente negli anni Trenta, avrebbe trovato la sua base scientifica soltanto tra il 1958 e il 1960. Il condizionale è d’obbligo in quanto riportiamo delle notizie scritte, ma non confermate dalla scienza ufficiale. Non sappiamo da chi era composto il gruppo di scienziati che diede vita all’esperimento: i nomi non sono elencati. Sappiamo invece che vi furono diversi tentativi di realizzare una macchina che corrispondesse al modello teorico progettato, ma soltanto nel 1973 si arrivò ad avere una strumentazione in grado di “produrre campi magnetici, gravitazionali ed elettrici interagenti, in modo da colpire qualsiasi materia, ionizzandola a distanza ed in quantità predeterminate”.


IL VIA DAL GOVERNO ANDREOTTI

Fu a quel punto che il governo italiano cominciò ad interessarsi ufficialmente a quegli esperimenti. E infatti l’allora governo Andreotti, prima di passare la mano a Mariano Rumor nel luglio del ’73, incaricò il professor Ezio Clementel, allora presidente del Comitato per l’energia nucleare (CNEN), di analizzare gli effetti e la natura di quei campi magnetici a fascio. Clementel, trentino originario di Fai e titolare della cattedra di Fisica nucleare alla facoltà di Scienze dell’Università di Bologna, a quel tempo aveva 55 anni ed era uno dei più noti scienziati del panorama nazionale e internazionale. La sua responsabilità, in quella circostanza, era grande. Doveva infatti verificare se quel diabolico raggio avesse realmente la capacità di distruggere la materia ionizzandola in un’esplosione di calore. Anche perché non ci voleva molto a capire che, qualora l’esperimento fosse riuscito, si poteva fare a meno dell’energia nucleare e inaugurare una nuova stagione energetica non soltanto per l’Italia, ma per il mondo intero. Tanto per fare un esempio, questa tecnologia avrebbe permesso la realizzazione di nuovi e potentissimi motori a razzo che avrebbero letteralmente rivoluzionato la corsa allo spazio, permettendo la costruzione di gigantesche astronavi interplanetarie.
Il professor Clementel ordinò quindi quattro prove di particolare complessità. La prima consisteva nel porre una lastra di plexiglas a 20 metri dall’uscita del fascio di raggi, collocare una lastra di acciaio inox a mezzo metro dietro la lastra di plexiglass e chiedere di perforare la lastra d’acciaio senza danneggiare quella di plexiglass. La seconda prova consisteva nel ripetere il primo esperimento, chiedendo però di perforare la lastra di plexiglass senza alterare la lastra d’acciaio. Il terzo esame era ancora più difficile: bisognava porre una serie di lastre d’acciaio a 10, 20 e 40 metri dall’uscita del fascio di raggi, chiedendo di bucare le lastre a partire dall’ultima, cioè quella posta a 40 metri. Nella quarta e ultima prova si doveva sistemare una pesante lastra di alluminio a 50 metri dall’uscita del fascio di raggi, chiedendo che venisse tagliata parallelamente al lato maggiore.
Ebbene, tutte e quattro le prove ebbero esito positivo e il professor Clementel, considerando che la durata dell’impulso dei raggi era minore di 0,1 secondi, valutò la potenza, ipotizzando la vaporizzazione del metallo, a 40.000 KW e la densità di potenza pari a 4.000 KW per centimetro quadrato. In realtà, venne spiegato a sperimentazione compiuta, l’impulso dei raggi aveva avuto la durata di un nano secondo e poteva ionizzare a distanza “forma e quantità predeterminate di qualsiasi materia”.
Tra l’altro all’esperimento aveva assistito anche il professor Piero Pasolini, illustre fisico e amico di un’altra celebrità scientifica qual è il professor Antonino Zichichi. In una sua relazione, Pasolini parlò di “campi magnetici, gravitazionali ed elettrici interagenti che sviluppano atomi di antimateria proiettati e focalizzati in zone di spazio ben determinate anche al di là di schemi di materiali vari, che essendo fuori fuoco si manifestano perfettamente trasparenti e del tutto indenni”.
In pratica, ma qui entriamo in una spiegazione scientifica un po’ più complessa, gli scienziati italiani che avevano realizzato quel macchinario, sarebbero riusciti ad applicare la teoria di Einstein sul campo unificato, e cioè identificare la matrice profonda ed unica di tutti i campi di interazione, da quello forte (nucleare) a quello gravitazionale. Altri fisici in tutto il mondo ci avevano provato, ma senza alcun risultato. Gli italiani, a quanto pare, c’erano riusciti.


L’INSABBIAMENTO

In un Paese normale (ma tutti sappiamo che il nostro non lo è) una simile scoperta sarebbe stata subito messa a frutto. Non ci vuole molta fantasia per capire le implicazioni industriali ed economiche che avrebbe portato. Anche perché, quella che a prima vista poteva sembrare un’arma di incredibile potenza, nell’uso civile poteva trasformarsi nel motore termico di una centrale che, a costi bassissimi, poteva produrre infinite quantità di energia elettrica.
Perché, dunque, questa scoperta non è stata rivelata e utilizzata? La ragione non viene spiegata. Tutto quello che sappiamo è che i governi dell’epoca imposero il segreto sulla sperimentazione e che nessuno, almeno ufficialmente, ne venne a conoscenza. Del resto nel 1979 il professor Clementel morì prematuramente e si portò nella tomba il segreto dei suoi esperimenti. Ma anche dietro Clementel si nasconde una vicenda piuttosto strana e misteriosa. Pare, infatti, che le sue idee non piacessero ai governanti dell’epoca. Non si sa esattamente quale fosse la materia del contendere, ma alla luce della straordinaria scoperta che aveva verificato, è facile immaginarlo. Forse lo scienziato voleva rendere pubblica la notizia, mentre i politici non ne volevano sapere. Chissà? Ebbene, qualcuno trovò il sistema per togliersi di torno quello scomodo presidente del CNEN. Infatti venne accertato che la firma di Clementel appariva su registri di esame all’Università di Trento, della quale all’epoca era il rettore, in una data in cui egli era in missione altrove. Sembrava quasi un errore, una svista. Ma gli costò il carcere, la carriera e infine la salute. Lo scienziato capì l’antifona, e non disse mai più nulla su quel “raggio della morte” che gli era costato così tanto caro. A Clementel è dedicato il Centro Ricerche Energia dell’ENEA a Bologna.
C’è comunque da dire che già negli anni Ottanta qualcosa venne fuori riguardo un ipotetico “raggio della morte”. Il primo a parlarne fu il giudice Carlo Palermo che dedicò centinaia di pagine al misterioso congegno, affermando che fu alla base di un intricato traffico d’armi. La storia coinvolse un ex colonnello del Sifar e del Sid, Massimo Pugliese, ma anche esponenti del governo americano (allora presieduto da Gerald Ford), i parlamentari Flaminio Piccoli (Dc) e Loris Fortuna (Psi), nonché una misteriosa società con sede proprio nel Liechtenstein, la Traspraesa. La vicenda durò dal 1973 al 1979, quando improvvisamente calò una cortina di silenzio su tutto quanto.

Erano comunque anni difficili. L’Italia navigava nel caos. Gli attentati delle Brigate Rosse erano all’ordine del giorno, la società civile soffocava nel marasma, i servizi segreti di mezzo mondo operavano sul nostro territorio nazionale come se fosse una loro riserva di caccia. Il 16 marzo 1978 i brigatisti arrivarono al punto di rapire il Presidente del Consiglio Nazionale della Dc, Aldo Moro, uccidendo i cinque poliziotti della scorta in un indimenticabile attentato in via Fani, a Roma. E tutti ci ricordiamo come andò a finire. Tre anni dopo, il 13 maggio 1981, il terrorista turco Mehmet Alì Agca in piazza San Pietro ferì a colpi di pistola Giovanni Paolo II.
E’ in questo contesto, che il “raggio della morte” scomparve dalla scena. Del resto, ammesso che la scoperta avesse avuto una consistenza reale, chi sarebbe stato in grado di gestire e controllare gli effetti di una rivoluzione industriale e finanziaria che di fatto avrebbe cambiato il mondo? Non ci vuole molto, infatti, ad immaginare quanti interessi quell’invenzione avrebbe danneggiato se soltanto fosse stata resa pubblica. In pratica, tutte le multinazionali operanti nel campo del petrolio e dell’energia nucleare avrebbero dovuto chiudere i battenti o trasformare da un giorno all’altro la loro produzione. Sarebbe veramente impossibile ipotizzare una cifra per quantificare il disastro economico che la nuova scoperta italiana avrebbe portato.
Ma queste sono solo ipotesi. Ciò che invece risulta riguarda la decisione presa dagli autori della scoperta. Infatti, dopo anni di traversie e inutili tentativi per far riconoscere ufficialmente la loro invenzione, probabilmente temendo per la loro vita e per il futuro della loro strumentazione, questi scienziati consegnarono il frutto del loro lavoro alla Fondazione Internazionale Pace e Crescita, che l’11 aprile 1996 venne costituita apposta, verosimilmente con il diretto appoggio logistico-finanziario del Vaticano, a Vaduz, ben al di fuori dei confini italiani. In quel momento il capitale sociale era di appena 30mila franchi svizzeri (circa 20mila Euro). “Sembra anche a noi – si legge nella relazione introduttiva alle attività della Fondazione – che sia meglio costruire anziché distruggere, non importa quanto possa essere difficile, anche se per farlo occorrono molto più coraggio e pazienza, assai più fantasia e sacrificio”.
A prescindere dal fatto che non si trova traccia ufficiale di questa fantomatica Fondazione, se non la notizia (in tedesco) che il primo luglio del 2002 è stata messa in liquidazione, parrebbe che a suo tempo l’organizzazione fosse stata costituita in primo luogo per evitare che un’invenzione di quella portata fosse utilizzata solo per fini militari. Del resto anche i missili balistici (con quello che costano) diventerebbero ben poca cosa se gli eserciti potessero disporre di un macchinario che, per distruggere un obiettivo strategico, necessiterebbe soltanto di un sistema di puntamento d’arma.
Secondo voci non confermate, la decisione degli scienziati italiani sarebbe maturata dopo una serie di minacce che avevano ricevuto negli ambienti della capitale. Ad un certo punto si parla pure di un attentato con una bomba, sempre a Roma. Si dice che, per evitare ulteriori brutte sorprese, quegli scienziati si appellarono direttamente a Papa Giovanni Paolo II e la macchina che produce il “raggio della morte” venisse nascosta per qualche tempo in Vaticano. Da qui la decisione di istituire la fondazione e di far emigrare tutti i protagonisti della vicenda nel più tranquillo Liechtenstein. In queste circostanze, forse non fu un caso che proprio il 30 marzo 1979 il Papa ricevette in Vaticano il Consiglio di Presidenza della Società Europea di Fisica, riconoscendo, per la prima volta nella storia della Chiesa, in Galileo Galilei (1564-1642) lo scopritore della Logica del Creato. Comunque sia, da quel momento in poi, la parola d’ordine è stata mantenere il silenzio assoluto.
LE MACCHINE DEL FUTURO

Qualcosa, però, nel tempo è cambiata. Lo prova il fatto che la Fondazione Internazionale Pace e Crescita non si sarebbe limitata a proteggere gli scienziati cristiani in fuga, ma nel periodo tra il 1996 e il 1999 avrebbe proceduto a realizzare per conto suo diverse complesse apparecchiature che sfruttano il principio del “raggio della morte”. Secondo la loro documentazione, infatti, è stata prodotta una serie di macchinari della linea Zavbo pronti ad essere adibiti per più scopi. L’elenco comprende le SRSU/TEP (smaltimento dei rifiuti solidi urbani), SRLO/TEP (smaltimento dei rifiuti liquidi organici), SRTP/TEP (smaltimento dei rifiuti tossici), SRRZ/TEP (smaltimento delle scorie radioattive), RCC (compattazione rocce instabili), RCZ (distruzione rocce pericolose), RCG (scavo gallerie nella roccia), CLS (attuazione leghe speciali), CEN (produzione energia pulita).
A quest’ultimo riguardo, nella documentazione fornita da Remondini si trovano anche i piani per costruire centrali termoelettriche per produrre energia elettrica a bassissimo costo, smaltendo rifiuti. C’è tutto, dalle dimensioni all’ampiezza del terreno necessario, come si costruisce la torre di ionizzazione e quante persone devono lavorare (53 unità) nella struttura. Un’ìntera centrale si può fare in 18 mesi e potrà smaltire fino a 500 metri cubi di rifiuti al giorno, producendo energia elettrica con due turbine Ansaldo . C’è anche un quadro economico (in milioni di dollari americani) per calcolare i costi di costruzione. Nel 1999 si prevedeva che una centrale di questo tipo sarebbe costata 100milioni di dollari. Una peculiarità di queste centrali è che il loro aspetto è assolutamente fuorviante. Infatti, sempre guardando i loro progetti, si nota che all’esterno appaiono soltanto come un paio di basse palazzine per uffici, circondate da un ampio giardino con alberi e fiori. La torre di ionizzazione, dove avviene il processo termico, è infatti completamente interrata per una profondità di 15 metri. In pratica, un pozzo di spesso cemento armato completamente occultato alla vista. In altre parole, queste centrali potrebbero essere ovunque e nessuno ne saprebbe niente.
Da notare che, secondo le ricerche compiute dalla International Company Profile di Londra, una società del Wilmington Group Pic, leader nel mondo per le informazioni sul credito e quotata alla Borsa di Londra, la Fondazione Internazionale Pace e Crescita, fin dal giorno della sua registrazione a Vaduz, non ha mai compiuto alcun tipo di operazione finanziaria nel Liechtenstein, né si conosce alcun dettaglio del suo stato patrimoniale o finanziario, in quanto la legge di quel Paese non prevede che le Fondazioni presentino pubblicamente i propri bilanci o i nomi dei propri fondatori. Si conosce l’indirizzo della sede legale, ma si ignora quale sia stato quello della sede operativa e il tipo di attività che la Fondazione ha svolto al di fuori dei confini del Liechtenstein. Ovviamente mistero assoluto su quanto sia accaduto dopo il primo luglio del 2002 quando, per chissà quali ragioni, ma tutto lascia supporre che la sicurezza non sia stata estranea alla decisione, la Fondazione ufficialmente ha chiuso i battenti.
Ancora più strabiliante è l’elenco dei clienti, o presunti tali, fornito a Remondini. In tutto 24 nomi tra i quali spiccano i maggiori gruppi siderurgici europei, le amministrazioni di due Regioni italiane e persino due governi: uno europeo e uno africano. Da notare che, in una lettera inviata dalla Fondazione a Remondini, si parla di proseguire con i contatti all’estero, ma non sul territorio nazionale “a causa delle problematiche in Italia”. Ma di quali “problematiche” si parla? E, soprattutto, com’è che una scoperta di questo tipo viene utilizzata quasi sottobanco per realizzare cose egregie (pensiamo soltanto alla produzione di energia elettrica e allo smaltimento di scorie radioattive), mentre ufficialmente non se ne sa niente di niente?

Interpellato sul futuro della scoperta da Remondini, il professor Nereo Bolognani, eminenza grigia della Fondazione Internazionale Pace e Crescita, ha detto che “verrà resa nota quando Dio vorrà”. Sarà pure, ma di solito non è poi così facile conoscere in anticipo le decisioni del Padreterno. Neppure con la santa e illustre mediazione del Vaticano.



Quale giornalista professionista che si è occupato di questa incredibile storia, mi sento in dovere di pubblicare alcuni documenti che possano provare al lettore l’attendibilità delle notizie che ho esposto. Si tratta della relazione tecnica di cui sono venuto in possesso. Una relazione, sia ben chiaro, che non dimostra affatto la realtà di quanto la Fondazione Internazionale Pace e Crescita asserisce nella sua documentazione, ma soltanto l’esistenza dei contenuti citati nell’articolo. E’ chiaro, infatti, che la reale consistenza dei fatti dovrebbe essere verificata dai fisici e certamente non da un giornalista la cui responsabilità resta quella di informare nel modo più serio e professionale possibile.

RELAZIONE TECNICO-SCIENTIFICA DELLA FONDAZIONE INTERNAZIONALE PACE E CRESCITA [PDF, 4,62 MB]

RELAZIONE ILLUSTRATIVA DELLA FONDAZIONE INTERNAZIONALE PACE E CRESCITA [PDF, 13,5 MB]

IL CONTRATTO DI E. M. REMONDINI [PDF, 1,24 MB]

FONTE: http://www.stampalibera.com/?p=18981

martedì 14 settembre 2010

IDROGENO : Grandi speranze suscita in tutto il mondo la cosiddetta “economia dell’idrogeno”.

ENERGIA. Grandi speranze suscita in tutto il mondo la cosiddetta “economia dell’idrogeno”. Ma solo attraverso la destinazione di rilevanti risorse da destinare alla ricerca sarà possibile l’uso dell’idrogeno in tutti i settori che utilizzano l’energia.

Il settore della ricerca nel campo dell’energia ha fruito d’investimenti pari a 33 miliardi di dollari, tra risorse pubbliche e private. Il settore del nucleare civile assorbe circa 14 miliardi di dollari, tra ricerca nel campo della fusione (progetto ITER e RFX) e nei reattori di cosiddetta quarta generazione. Nel campo delle energie rinnovabili il totale degli investimenti a livello mondiale è pari a 1,7 miliardi di dollari. Grandi speranze suscita in tutto il mondo la cosiddetta “economia dell’idrogeno”. Ma solo attraverso la destinazione di rilevanti risorse da destinare alla ricerca sarà possibile l’uso dell’idrogeno in tutti i settori che utilizzano l’energia.

Ora la produzione di idrogeno si basa sul processi che usano tecnologie già oggi disponibili. La metà dell’idrogeno sfrutta il procedimento denominato di “reforming del metano” (per convertire il metano in una miscela gassosa) e circa il 10% attraverso il passaggio della corrente elettrica nell’acqua (elettrolisi).

Quest’ultimo processo permette di ricavare direttamente idrogeno dall’acqua.Appare evidente che questi processi non risolvono i problemi di approvvigionamento energetico, ma li trasferiscono semplicemente sotto un’altra forma, poiché si basano su combustibili fossili, e liberano tanta CO2 quanto gli attuali sistemi di produzione energetica. Se la corrente elettrica proviene da fonti rinnovabili (sole, vento) il processo è in un accumulo di energia solare ma si scontra con l’elevata richiesta energetica, che si traduce in una bassa resa In questo quadro ampio e desideroso di nuove proposte, si collocano le numerose e poco esplorate prospettive di produzione biologica dell’idrogeno.

Le principali possibilità sono: 1) la biofotolisi dell’acqua, che permette di ottenere idrogeno dalla scissione dell’acqua utilizzando direttamente la radiazione solare , 2) la fermentazione di rifiuti e materiali di scarto, che avrebbe il duplice beneficio di trattare i rifiuti e produrre idrogeno 3) sistemi biomimetici basati su meccanismi o componenti biologici 4) sistemi integrati che utilizzano più microrganismi La biofotolisi dell’acqua è probabilmente il processo più interessante per la produzione di idrogeno, poiché prevede (teoricamente) la scissione dell’acqua, con liberazione di idrogeno gassoso e ossigeno gassoso. I microrganismi che utilizzano queste reazioni per la loro sopravvivenza sono anche capaci di catturare la radiazione solare e di indirizzarla più o meno direttamente verso questo processo.

L’interesse nasce quindi dal fatto di poter utilizzare un sistema compatto che è contemporaneamente capace di assorbire la luce solare e trasformarla in un composto chimico ad alta energia che può essere recuperato facilmente: l’idrogeno molecolare. I microrganismi che sono stati studiati per questo particolare metabolismo appartengono ai gruppi delle Alghe verdi e dei Cianobatteri. Rimangono tuttavia alcuni problemi tecnici da risolvere, fra cui quelli riguardanti lo stoccaggio, il trasporto e la distribuzione dell’idrogeno. L’alternativa solida diventa l’accumulo dell’idrogeno in particolari strutture.

Oggi la soluzione che appare più promettente è quella dei nanotubi di carbonio. La soluzione di problemi dell’idrogeno dipende unicamente dalle risorse destinate alla ricerca. Solo una miope Politica prigioniera della lobby industriale nucleare può destinare ogni 100 $ investiti, quaranta al nucleare civile e 4 alle rinnovabili e all’idrogeno.
FONTE: http://www.terranews.it/news/2010/09/verso-leconomia-dellidrogeno

giovedì 22 aprile 2010

Energia pulita: ENERGIA dall'acqua: grazie a un virus

L’idrogeno ricavato dall’acqua grazie all’utilizzo di energia solare è probabilmente il carburante più pulito che si possa immaginare e nel giro di un paio d'anni potrebbe essere realtà. Secondo quanto pubblicato sull’ultimo numero della rivista Nature Nanotecnology un gruppo d ricercatori del MIT di Boston avrebbe messo a punto una nuova tecnica che consentirebbe di raggiungere questo straordinario risultato a bassissimo costo e con un impatto ambientale pari a zero.

Supertecnologia preistorica Il team di scienziati guidato da Angela Belcher si è ispirato alle piante, che da miliardi di anni, grazie alla fotosintesi clorofilliana ricavano dall’acqua e dal Sole il glucosio, cioè il carburante che serve al vegetale per vivere. Il pigmento verde presente nella clorofilla cattura l’energia della luce solare e la utilizza per scomporre l’acqua in idrogeno e ossigeno "staccandone" gli elettroni e ricombinandoli con l’anidride carbonica.

Virus ricaricabiliLa Belcher e il suo team hanno modificato alcuni virus chiamati M13 che solitamente infettano i batteri ma sono totalmente innocui per l’uomo e li hanno modificati legandoli a un catalizzatore e a un colorante biologico a base di zinco. Quest’ultimo cattura la luce solare come la clorofilla delle piante e la trasferisce al virus che, grazie al catalizzatore, si trasforma in una sorta di elettrodo vivente in grado di staccare gli atomi di ossigeno dalle molecole di acqua. Ciò che resta dopo questa reazione elettro-biochimica è idrogeno. Una speciale matrice di gel mantiene i virus "elettrificati" nella giusta posizione evitando che i campi magnetici li attirino l’uno verso l’altro rendendoli così inservibili.
Due anni di attesa
Per ora gli scienziati sono riusciti a eliminare l’ossigeno dall’acqua, ma non sono ancora in grado di stabilizzare l’idrogeno che tende a scomporsi in protoni ed elettroni. Ma al MIT regna l’ottimismo: la Belcher è convita di riuscire a mettere a punto un prototipo di impianto di dissociazione funzionante entro due anni.Quando le molecole di acqua entrano in contatto con il virus (in giallo) caricato di energia dal pigmento (in rosa) e dal catalizzatore (le sferette marroni) si scindono in ossigeno e idrogeno
FONTE:focus.it

Batterie a batteri e pile con virus

Batteri e virus non sono solo portatori di malattie e infezioni: secondo recenti ricerche potrebbero essere una preziosa fonte energetica rinnovabile e a impatto ambientale nullo.
Scoperte elettrizzanti. Bruce Logan della Penn State University sta studiando il sistema utilizzato da alcuni microbi per produrre metano nelle paludi e nelle acque morte. Il ricercatore ha scoperto che alcuni microorganismi utilizzano corrente elettrica per scindere la CO2 in acqua e metano: si tratta di un processo elettrolitico particolarmente efficiente, visto che l’80% dell’energia elettrica immessa nel processo viene convertita in energia chimica immagazzinata nel gas. Uno dei punti di forza di questo sistema è che non aumenta la quantità di CO2 complessiva: il metano, bruciando, rilascerà infatti lo stesso volume di anidride carbonica che si aveva in partenza. Se oltretutto l'elettricità utilizzata provenisse da fonti rinnovabili come il Sole, l’intero ciclo avrebbe un impatto ambientale pari a zero.
Il virus ingegnere. Gli scienziati del MIT si sono invece alleati con alcuni virus: li hanno modificati geneticamente e gli hanno "insegnato" ad assemblare delle reti di microfilamenti che possono essere utilizzati in batterie agli ioni di litio di nuova generazione. Obiettivo dello studio è quello di mettere a punto batterie ricaricabili dalle prestazioni molto più elevate di quelle attuali, da impiegare non solo in piccoli dispositivi elettronici, ma anche su auto ibride o elettriche.
Metti una bionda media nel motore. Anche Craig Venter, il ricercatore americano che per primo ha sequenziato il genoma umano, sta lavorando a una ricerca simile: il suo obiettivo è quello di realizzare in laboratorio dei microorganismi che convertano la CO2 in biocarburanti come il gasolio o la benzina. Venter si serve di batteri del tutto simili a quelli che fanno fermentare il vino e la birra, ed è convinto che nel giro di qualche anno le grandi raffinerie saranno sostituite da piccoli allevamenti di batteri nei quali ognuno di noi potrà farsi in casa il proprio carburante preferito.

mercoledì 24 marzo 2010

ENERGIA RINNOVABILE: BEN 6993 COMUNI ITALIANI ALIMENTATI DA FONTI PULITE


Nell'86% di comuni italiani sono presenti fonti di energia rinnovabile. Le amministrazioni locali che hanno scelto di investire nell'energia pulita sono ormai salite a quota 6.993, praticamente più del doppio delle 3.190, registrate nel 2008. A tirare più di tutti si conferma il solare, con impianti presenti in 6.801 comuni, seguito dall'idro-elettrico (799 comuni), dall'eolico (297) e dalla geotermia (181). Le biomasse si trovano invece in 788 municipi, dei quali 286 utilizzano biomasse di origine organica animale o vegetale. A scattare la fotografia dell'Italia sostenibile, è l'annuale rapporto di Legambiente, "Comuni rinnovabili 2010", presentato, a Roma, assieme a Gse e Sorgenia.

Sono ben 6.993 i Comuni italiani dove e' installato almeno un impianto di produzione energetica da fonti rinnovabili. Erano 5.580 lo scorso anno, 3.190 nel 2008. Le fonti pulite che fino a dieci anni fa interessavano, con il grande idroelettrico e la geotermia le aree piu' interne e comunque una porzione limitata del territorio italiano, oggi sono presenti nell'86% dei Comuni. E per quanto riguarda la diffusione, sono 6.801 i Comuni del solare, 297 quelli dell'eolico, 799 quelli del mini idroeletttrico e 181 quelli della geotermia. Le biomasse si trovano invece in 788 municipi dei quali 286 utilizzano biomasse di origine organica animale o vegetale.

E' questo, in sintesi, il quadro dell'Italia sostenibile, rilevato dal rapporto Comuni Rinnovabili 2010 di Legambiente, realizzato in collaborazione con GSE e Sorgenia, presentato oggi a Roma nella sede del GSE, alla presenza di Emilio Cremona (presidente GSE), Nando Pasquali (AD di GSE), Vittorio Cogliati Dezza (Presidente nazionale Legambiente), Francesco Ferrante (Vicepresidente Kyoto Club), Massimo Orlandi (AD Sorgenia), Alessandro Ortis (Presidente Autorita' energia elettrica e gas), Sara Romano (Direttore Generale per l'Energia del Ministero dello Sviluppo Economico), Edoardo Zanchini, responsabile Energia Legambiente, Simone Togni (Segretario generale Anev).

Il rapporto racconta con numeri, tabelle, cartine il salto impressionante che si e' verificato in Italia nel numero degli impianti installati. Attraverso nuovi impianti solari, eolici, geotermici, idroelettrici, da biomasse gia' oggi sono centinaia i Comuni in Italia che producono piu' energia elettrica di quanta ne consumino. Grazie a questi impianti sono stati creati nuovi posti di lavoro, portati nuovi servizi e create nuove prospettive di ricerca applicata oltre, naturalmente, ad aver ottenuto un maggiore benessere e qualita' della vita. Queste esperienze - evidenzia il Rapporto - sono oggi la migliore dimostrazione del fatto che investire nelle rinnovabili e' una scelta lungimirante e conveniente, che puo' innescare uno scenario virtuoso di innovazione e qualita' nel territorio.

''Nel 2009 la crescita delle fonti rinnovabili e' stata fortissima (+13% di produzione), e dimostra quanto oggi queste tecnologie siano affidabili e competitive - ha dichiarato Vittorio Cogliati Dezza, Presidente nazionale di Legambiente -. Ora occorre puntare con forza in questa direzione, capire quanto sia nell'interesse del Paese raggiungere gli obiettivi fissati dall'Unione Europea al 2020 per la riduzione delle emissioni di CO2 e la crescita delle rinnovabili. Per questo siamo preoccupati di fronte all'assordante silenzio che ci sta accompagnando alla scadenza del prossimo giugno, quando l'Italia dovra' comunicare all'UE il piano nazionale per rientrare nell'obiettivo al 2020 del 17% di rinnovabili''.

I Comuni del Solare sono 6.801 (erano 5.580 lo scorso anno), cioe' l'83,9 % del totale. Per il solare fotovoltaico e' il Comune di Craco (Mt) in testa alla classifica di diffusione con una media di oltre 542 kW ogni 1.000 abitanti (la classifica premia la diffusione per numero dei residenti proprio per evidenziare le potenzialita' delle rinnovabili nel soddisfare i fabbisogni delle famiglie).

Nel solare termico a vincere e' il piccolo Comune di Fie' allo Sciliar (Bz), con una media di 1.152 mq/1.000 abitanti che riesce a soddisfare larga parte dei fabbisogni di acqua calda sanitaria e riscaldamento delle famiglie. Con il solare sono 51 i Comuni che hanno gia' raggiunto l'obiettivo fissato dall'Unione Europea di 264 mq/1.000 abitanti, 15 in piu' rispetto allo scorso anno.

martedì 15 settembre 2009

ENERGIE RINNOVABILI E LAVORO: puntare sui lavori verdi e crescita occupazionale oppure su disoccupazione e collasso sociale e ambientale

I posti di lavoro verdi nel settore dell'energia possono diventare 8 milioni a livello globale entro il 2030. Basta puntare su fonti rinnovabili ed efficienza energetica. E' quanto rivela il nuovo rapporto di Greenpeace ''Working for the Climate: Green Job [R]evolution'', realizzato in collaborazione con il Consiglio europeo per l'energia rinnovabile (EREC). I risultati del rapporto sono stati valutati positivamente dall'International Trade Union Confederation e, in Italia, da Guglielmo Epifani, Segretario Generale della Confederazione Generale Italiana del Lavoro (CGIL).

Oggi in Europa ci sono gia' 450 mila lavoratori nel settore delle energie rinnovabili, che ha un fatturato di oltre 40 miliardi di euro. Ma si tratta solo dell'inizio. Il rapporto Greenpeace/EREC, infatti, presenta un modello di sviluppo che mira a tagliare le emissioni nel settore energetico, raggiungendo maggiore occupazione rispetto a quella garantita dall'attuale dipendenza dal carbone, e senza ricorrere allo sviluppo del nucleare. Si dimostra cosi' che, scegliendo la Rivoluzione Energetica, l'industria delle rinnovabili potra' raggiungere 6,9 milioni di posti di lavoro entro il 2030, mentre 1,1 milioni di posti di lavoro potranno essere creati grazie all'efficienza energetica.

Piu' lavoratori e meno emissioni: e' questo l'uovo di Colombo presentato oggi dal rapporto ''Working for the Climate''. Passando da carbone e combustibili fossili a fonti rinnovabili, infatti, la Rivoluzione Energetica eviterebbe 10 miliardi di tonnellate di emissioni di CO2, mitigando cosi' i cambiamenti climatici. Inoltre, porterebbe alla creazione di 2,7 milioni di posti di lavoro in piu' rispetto allo scenario di riferimento dell'International Energy Agency, che - al contrario - prevede una perdita netta di mezzo milione di occupati da qui al 2030 per le innovazioni in campo minerario.

''I capi di governo hanno l'opportunita' e il dovere di affrontare la crisi climatica insieme a quella economica, investendo nelle rinnovabili e in efficienza energetica'', ha dichiarato Giuseppe Onufrio, Direttore Esecutivo di Greenpeace Italia. ''Per ogni attuale posto di lavoro nel settore del carbone la Rivoluzione Energetica creerebbe tre posti di lavoro nel settore delle rinnovabili. Abbiamo quindi davanti a noi una scelta: puntare sui lavori verdi e crescita occupazionale oppure su disoccupazione e collasso sociale e ambientale''.

giovedì 9 luglio 2009

RISCALDAMENTO GLOBALE : Carlo Rubbia:" C'e' il rischio che il patto sul clima del G8 resti un'utopia."


C'e' il rischio che il patto sul clima del G8 resti un'utopia.

Ad affermarlo, intervistato dal 'Corriere della Sera' e' il premio Nobel per la fisica Carlo Rubbia che a proposito dell'obiettivo del taglio dell'80% dei gas serra entro il 2050 dice: ''L'obiettivo suggerito e' da vedere solo come un'indicazione simbolica, potrebbe essere maggiore o minore, ma non e' questo l'importante. Determinante e' invece che si cominci subito a fare qualcosa. E' sotto gli occhi di tutti la necessita' di cambiare l'atteggiamento finora seguito: dobbiamo rimettere in sesto questo pianeta''.

E su che cosa si debba fare, ha aggiunto: ''Sono indispensabili delle scelte tecnologiche, altrimenti tutto rimane un'utopia. Si devono sviluppare nuove tecnologie e utilizzare quelle esistenti gia' efficaci''.

''Le scelte ambientali -spiega Rubbia- sono scelte economiche, cioe' destinare risorse allo sviluppo delle tecnologie senza le quali non si producono cambiamenti. Ora siamo in una fase di transizione, ci sono incertezze, ma tutti in realta' vogliono le stesse cose''.

Quali sono? ''Controllare il mercato che ne deriva. Oggi -spiega ancora Rubbia- sul fronte tecnologico-ambientale c'e' una forte competizione fra i Paesi e tutti puntano ad avere la supremazia perche' significa conquistare nuove aziende, nuovi posti di lavoro. Ma per emergere bisogna investire in campi nuovi''.

C'e' una via unica da seguire? ''Non c'e' un asso pigliatutto. Ogni paese -sottolinea Rubbia- deve partire dalla propria realta'. In Brasile possono coltivare canna da zucchero in quantita' per produrre biocombustibili perche' hanno grandi distese di terreno. In Europa e' improponibile''.

Per gli europei cosa e' meglio? ''Le tecnologie solari, eoliche e il nucleare. Ma -fa osservare Rubbia- dovranno essere un solare e un nucleare nuovo. Per questo, prima di tutto, bisogna investire in ricerca per innovare. Ad esempio l'impiego del torio invece dell'uranio. Ne serve meno nel reattore ed e' abbondante in natura, si trova facilmente persino sugli Appennini''.

sabato 27 giugno 2009

CLIMA: Barack Obama E LA lotta ai cambiamenti climatici


Primo importante successo per la politica di Barack Obama sulla lotta ai cambiamenti climatici. La Camera dei Rappresentanti Usa ha approvato con 219 voti e 212 contrari una legge che pone severi limiti ai gas inquinanti e prevede una riduzione delle emissioni dell'83% entro il 2050. Il provvedimento, che ora passa all'esame del Senato per l'approvazione definitiva prevista in autunno, ha avuto il sostegno di solo otto deputati repubblicani e anche tra i democratici in 44 hanno votato contro. Il presidente americano ha parlato di "azione storica" e di "passo coraggioso e necessario che getta le premesse per la creazione di nuove industrie e milioni di posti di lavoro, riducendo la pericolosa dipendenza dal petrolio straniero". La legge impone alle compagnie americane - incluse le raffinerie e le centrali di energia - di ridurre le emissioni di gas inquinanti in una percentuale del 17% entro il 2020 e dell'83% entro il 2050, prendendo come punto di riferimento i livelli del 2005. Il pacchetto di 1.200 pagine prevede anche un passaggio graduale alle energia pulite. I critici sostengono che obiettivi cosi' drastici porteranno alla perdita di milioni di posti di lavoro nei prossimi anni.

martedì 23 giugno 2009

ENERGIA PULITA: USA, OBAMA, NUOVA LEGGE SU ENERGIA PULITA UN PASSO STORICO


Un passaggio ''storico'' che portera' ad una profonda trasformazione e alla creazione di ''un'economia dell'energia pulita''. Il presidente degli Stati Uniti, Barack Obama, ha presentato cosi', nel corso di una conferenza stampa alla Casa Bianca, la legge sull'efficienza energetica chiedendo al Congresso di approvarla rapidamente.

''Sappiamo tutti perche' questo e' molto importante - ha spiegato -, la nazione che guidera' la creazione dell'economia dell'energia pulita sara' la nazione che guidera' l'economia globale nel 21esimo secolo''.

''Questo e' cio' che questa legge cerca di ottenere'' ha aggiunto, ''e' un provvedimento che aprira' le porte ad un futuro migliore per la nostra nazione. E questo e' il motivo per cui chiedo ai membri del Camera di approvarla''.

Gli incentivi previsti dalla legge, ha concluso Obama, ''renderanno finalmente l'energia pulita una fonte di energia profittevole. E questo portera' allo sviluppo di nuove tecnologie che porteranno a loro volta alla creazione di nuove industrie e a milioni di nuovi posti di lavoro in America. Posti che non possono essere portati all'estero''.

martedì 12 maggio 2009

ENERGIA NUCLEARE :Nucleare, cala il consenso tra gli italiani: il 43% è favorevole contro il 51% dello scorso anno

I risultati dell'indagine Ipsos sono stati aggiornati in occasione del Festival dell'Energia che si svolgerà a Lecce, dal 14 al 17 maggio. Per il futuro, solo l'8% degli intervistati rietiene che "avranno successo" i Paesi che avranno investito nella tecnologia dell'atomo .

Si raffredda il consenso degli italiani verso il ritorno al nucleare, un consenso che passa oggi al 43% rispetto al 51% registrato a giugno 2008. A riferirlo è l'ultima rilevazione demoscopica effettuata da Ipsos, l'istituto di ricerca guidato da Nando Pagnoncelli, che presenterà l'intero sondaggio in occasione del Festival dell'Energia al via giovedì a Lecce, dove si svolgerà fino a domenica 17.

Le elaborazioni Ipsos, aggiornate specificamente in occasione del Festival dell'Energia con un'indagine campione su tutto il territorio nazionale, condotta mediante interviste telefoniche, "presenta - sottolineano gli organizzatori del Festival dell'Energia - interessanti scostamenti rispetto alle stesse rilevazioni condotte nel giugno del 2008". Dai dati si registra, dunque, un calo considerevole d
el consenso verso il nucleare: i favorevoli al nucleare sono il 43% degli intervistati, contro il 51% del giugno 2008.

L'istituto di ricerca ha posto al campione anche un'altra domanda che riprende il tema dominante del Festival dell'Energia: "Quale energia tra 20 anni?". La domanda, proposta richiedendo una previsione rispetto a quali Paesi potrebbero avere maggior "successo" rispetto alle proprie scelte energetiche, metteva gli intervistati nelle condizioni di considerare la politica energetica futura dei singoli Stati. A questo quesito, certamente impegnativo, solo l'8% ha risposto che "avranno successo" i Paesi che hanno investito sul nucleare, contro il 25% della precedente indagine del 2008.

Inoltre, il campione ritiene invece che i Paesi che investiranno sulle fonti rinnovabili potranno meglio contemperare sviluppo e protezione dell'ambiente, e quindi "avranno successo".

"Si tratta di dati che fanno riflettere - commenta Alessandro Beulcke, Presidente di Aris, l'agenzia che organizza il Festival dell'Energia - e che certamente sono influenzati sia dalle nettissime scelte di politica energetica di Barack Obama sia dal consistente calo del prezzo del petrolio". "Sarà stimolante discuterne a Lecce con i maggiori esperti nazionali e internazionali di energia, oltre che - conclude Beulcke - con gli ambientalisti e le imprese".

mercoledì 6 maggio 2009

Energie rinnovabili, posti di lavoro "verdi". Le opportunità in Italia


Da un installatore dell'elettronica se ne farà uno di pannelli fotovoltaici, da uno della meccanica se ne farà uno di impianti eolici. La riconversione che un tempo riguardava soprattutto i siti industriali oggi è diventato un tema che interessa anche, o forse soprattutto, i lavoratori. Per trovare un'occupazione il cartello da seguire, secondo gli intermediari privati, è quello che porta alle energie rinnovabili e così Adecco per quest'anno ha già lanciato un'iniziativa «per formare tecnici per l'industria fotovoltaica e per l'eolico – spiega Diego Biolo, direttore sviluppo specializzazioni industriali dell'agenzia in Italia –. I corsi finanziati attraverso i fondi interprofessionali saranno orientati a fornire delle competenze molto pratiche ai partecipanti, per esempio come si monta un pannello fotovoltaico per gli installatori o la legge italiana in materia per gli esperti normativi, in modo tale che possano poi essere candidati a lavorare nelle aziende da cui nelle ultime settimane stanno arrivando centinaia di richieste. Così, chi fino a ieri si occupava di cablaggio nella metalmeccanica o di assemblaggio di componenti elettronici diventerà un operaio che installa pannelli fotovoltaici».

La gemmazione di nuove imprese a cui si sta assistendo ha generato soprattutto la richiesta di tecnici commerciali di energie rinnovabili, ossia i professionisti che devono andare alla ricerca di nuove opportunità sul territorio per la costruzione di impianti solari, eolici o biomasse. È a loro che è affidato lo sviluppo e il mantenimento delle relazioni commerciali con tutte le istituzioni e gli enti locali per consolidare le opportunità esistenti e le potenzialità. A loro si affiancano gli esperti che monitorano e analizzano l'evoluzione normativa e la regolazione del settore, seguendo le dinamiche del mercato e le prospettive future per individuare i corretti strumenti di investimento e le fonti di finanziamento. «In questo caso serve un laureato in giurisprudenza che però abbia una conoscenza specifica della normativa esistente in Italia nel settore delle rinnovabili – aggiunge Biolo – ed è per questo che stiamo pensando anche a corsi di formazione sulle norme». Senza tralasciare l'energy manger ossia la figura che «in azienda si occupa della gestione e pianificazione dei consumi energetici, applicando strategie di efficienza energetica e limitando gli sprechi in una logica di tutela dell'inquinamento – continua Biolo –. A lui spetta la responsabiltià di progettare impianti di energia alternativa che consentano un effettivo risparmio energetico e pianifica le azioni necessarie a promuovere un uso razionale dell'energia all'interno dell'azienda».

Per orientare meglio chi cerca lavoro l'agenzia ha anche istituito un servizio di candidate caring attraverso cui orienta le persone in cerca di lavoro verso le professioni più richieste e imposta la loro formazione in modo da aiutarle a riconvertirsi nel settore delle rinnovabili, nel solare o nell'eolico. Del resto «gli incentivi hanno trascinato la produzione delle aziende delle nuove energie che oggi stanno vivendo un momento di grande dinamismo – spiega Arturo Lorenzoni che insegna Economia dell'energia all'Università di Padova –. Non è un caso che stiano fiorendo molti corsi universitari specializzati in questo settore». A Padova dalla collaborazione tra università e studenti «è stato fatto uno spin off per creare una società di consulenza che oggi dà supporto alle decisioni in campo energetico», continua Lorenzoni. Del resto una delle maggiori difficoltà delle imprese, degli enti, ma anche dei privati che vogliono fare un investimento verde riguarda «l'effettiva redditività – spiega Sara Quotti Tubi, direttore di SolarExpo, la mostra convegno internazionale sulle energie rinnovabili che inizia domani alla fiera di Verona –. Servono profili con competenze giuridiche ed economiche in grado di capire quanto siano vantaggiosi i progetti presentati e per avviare l'iter autorizzativo per accedere agli incentivi e ai finanziamenti».

La vivacità del settore è testimoniata anche dalla crescita di Solarexpo che «in soli quattro anni è più che decuplicato. Questa edizione saranno oltre mille le imprese che parteciperanno. Sono la quasi totalità dei grandi player del mercato italiano, ma c'è anche una buona presenza internazionale con industrie tedesche, spagnole, cinesi, coreane, in tutto sono 31 i paesi rappresentati». Oltre ad essere una vetrina per le imprese, Solarexpo ha anche «un approccio molto formativo – sottolinea Quotti Tubi –. Nei tre giorni dell'evento vengono organizzati oltre 50 convegni dalle associazioni che rappresentano i diversi settori e quindi è un momento di aggiornamento in cui è possibile cogliere tutte le ultime novità normative e tecnologiche».
Proprio dagli operatori è arrivata la richiesta di sfruttare questo momento di incontro per creare una piattaforma in grado di fare incontrare domanda e offerta di lavoro nelle rinnovabili, vista la difficoltà nel reperire risorse umane adeguate. «Il progetto è stato avviato lo scorso anno e ha portato alla creazione del job center Solarexpo-Adecco – spiega Quotti Tubi –. In un momento in cui il mercato del lavoro non brilla le rinnovabili costituiscono una grande opportunità e Solarexpo per i giovani interessati a lavorare in questo settore è un'occasione molto ricca per poter avere una mappa completa delle attività che svolgono». Dato il grande successo delle fiere del lavoro virtuali, per dare continuità all'iniziativa è stata creata anche una piattaforma online che si può consultare sul sito www.solarexpo.com e che sarà attiva sia prima che dopo la fiera.

lunedì 20 aprile 2009

BIOCARBUARANTE: BIOMETANO derivato dai rifiuti solidi umani


Un nuovo tipo di biocombustibile inesauribile, a basso costo e basso impatto ambientale sta per essere adottato in Norvegia: deriva dai rifiuti solidi umani. E non puzza!
Un nuovo progetto sviluppato in Norvegia rivoluzionerà il mondo dei biocarburanti: dal 2010 inizieranno a circolare per le strade di Oslo degli autobus alimentati a biometano di produzione… umana. Ole Jakob Johansen, responsabile del progetto ha recentemente messo a punto un procedimento grazie al quale è possibile ottenere metano dalla fermentazione dei detriti solidi recuperati dalle fognature.
Giacimenti umani. Ciascuno di noi, andando in bagno, produce ogni anno l’equivalente di otto litri di diesel. Per una città come Milano, che ospita 1.300.000 abitanti, significa una produzione annua di 10,4 milioni di litri di carburante, sufficienti a far lavorare 300 autobus per 100.000 km l’uno, ma con un impatto ambientale molto più contenuto: il biometano infatti è neutrale dal punto di vista delle emissioni di CO2, rilascia il 78% in meno di nitrati e il 98% in meno di polveri sottili rispetto al gasolio fossile. Per non parlare del prezzo, che compresi i costi di produzione potrebbe essere del 30-40% più basso rispetto a quello del diesel.
Mangiare per fare il pieno. A differenza dei comuni biocarburanti ottenuti dalla fermentazione dei cereali, il biometano non impatta sulla produzione mondiale di cibo, risolvendo non pochi problemi di natura economica ed etica. La città di Oslo conta di mettere in servizio circa 350 autobus alimentati a biometano entro la fine del 2010. E per la puzza? Gli esperti affermano che non si sente assolutamente niente. Sarà vero? Non resta che attendere… naso al vento.

ENERGIA PULITA DAI MOTI ONDOSI NEL GALLES


Si potra' produrre energia pulita dallo sfruttamento dei moti ondosi con lo sbarramento del fiume Severn, in Galles. Il progetto di sbarramento del Severn e' supportato da uno Studio di Fattibilita', lanciato nel 2008 e tutt'ora in corso, che analizza il progetto dell'opera non solo dal punto di vista ingegneristico ma, soprattutto, dal punto di vista dell'impatto ambientale. Le consultazioni, lanciate da Ed Miliband, Segretario di Stato inglese per l'Energia e la prevenzione dei Cambiamenti Climatici, sono finalizzate alla raccolta di pareri sul progetto di sbarramento del fiume Severn. Le consultazioni su questa prima fase del progetto termineranno il prossimo 23 aprile. Nel 2010, al termine dello studio di fattibilita', e' prevista una seconda tornata di consultazioni pubbliche per decidere in merito alla costruzione dello sbarramento, una volta che saranno state raccolte tutte le valutazioni sui costi effettivi dell'opera, i benefici e gli effetti che la produzione di energia dallo sfruttamento dei moti ondosi del Severn avranno sull'ambiente. Miliband ha, inoltre, annunciato un ulteriore finanziamento governativo di 500.000 sterline per accelerare lo sviluppo di possibili tecnologie innovative e alternative allo sbarramento. Il progetto di sbarramento del fiume Severn, il fiume piu' lungo del Regno Unito, si inserisce in un piu' ampio contesto di iniziative nel settore delle tecnologie sostenibili che hanno reso il Galles una location d'eccellenza per lo sviluppo di progetti all'avanguardia per il sostegno dell'ambiente. Grazie al suo progresso nel comparto, infatti, la Regione e' pronta a raggiungere gli obiettivi fissati dall'Unione Europea con il protocollo Energy 2020 per lo sviluppo della produzione di energie rinnovabili e a diventarne esportatore su scala internazionale entro il 2025. Recenti stime indicano che la Regione del Regno Unito sara' in grado di produrre il 15% del suo fabbisogno energetico complessivo da fonti interamente rinnovabili con un investimento totale di 100 milioni di sterline entro il 2020 e di generare l'intero fabbisogno energetico da fonti pulite diventandone esportatore su scala mondiale entro il 2025. In Galles, infine, il settore delle tecnologie sostenibili ed energie rinnovabili occupa 150.000 persone e rappresenta il 3% dell'intero prodotto interno lordo del Regno Unito e il 9% delle esportazioni totali del Paese.

sabato 28 marzo 2009

le case a «bolletta zero»


In Toscana realizzate 20 abitazioni riscaldate e raffreddate con l’energia della terra

FOLLONICA (Grosseto) – Venti appartamenti di 85 metri quadrati con giardino e box auto. Saranno inaugurati martedì 31 marzo a Follonica, in provincia di Grosseto, e avranno un record: saranno i primi in Italia a funzionare con l’energia della terra e chi li abiterà non pagherà neppure una lira di bolletta e avrà il riscaldamento gratuito durante tutta la stagione fredda e l’aria condizionata, anch’essa a costo zero, in estate. Le case «a bolletta zero» utilizzano infatti la così detta «geotermia a bassa entalpia», ovvero l’energia che viene sprigionata naturalmente dalla terra e può essere canalizzata nel riscaldamento della casa utilizzando particolari sonde. Il progetto è stato realizzato dallo studio Ecogeo di Siena e dalla Cooperativa edile l’Avvenire di Follonica. Gli appartamenti sono costati 255 mila euro l’uno, un prezzo perfettamente in linea con il mercato.

LA TECNOLOGIA - Il calore naturale della terra viene catturato grazie a una tecnica particolare. «Si trivella il terreno per un centinaio di metri – spiega Giacomo Biserni, geologo dello studio Ecogeo - e poi si utilizzano sonde dal diametro massimo di 15 centimetri collegate alla centrale termica. Infine il calore viene spinto nelle serpentine collocate sotto il pavimento. Queste ultime riscaldano l’ambiente senza spendere una lira di bolletta energetica». La cosa più interessante dell’impianto è la doppia funzione. In estate, infatti, si trasforma in un ottimo refrigeratore per raffreddare la temperatura di ogni stanza. Insieme all’uso della geotermia a bassa entropia, i tecnici hanno utilizzato anche impianti fotovoltaici. Per rendere però fattibile una totale autarchia energetica i costruttori hanno impiegato materiali particolari. Come speciali mattoni ad alta efficienza energetica, isolanti naturali per il tetto e le pareti. Costi elevati, dunque? Macché, l’appartamento è stato venduto a un prezzo assolutamente in linea a quello del tradizionale mercato. La costruzione di appartamenti «a bolletta zero» non è solo una scommessa ecologica, ma puree un modo per rilanciare il mercato edilizio contratto anch’esso dalla crisi internazionale.

martedì 17 marzo 2009

Collasso energetico entro il 2050


Gli ambientalisti: per non soccombere entro il 2030 si dovrebbe fare a meno del 50% dei combustibili fossili

Il bilancio energetico globale non lascia speranze: per alimentare l’economia mondiale fino al 2050, mantenendo i parametri attuali, con i combustibili fossili che coprono l’80,9% dell’energia primaria, servono 856 mila miliardi di tonnellate equivalenti di petrolio. Ma, tra carbone, petrolio, gas naturale e uranio, il mondo ne ha a disposizione 800 mila. Amara conclusione: se si continua con la crescita dei consumi degli ultimi 30 anni, prima del 2050 tutte le risorse energetiche non rinnovabili attualmente accertate saranno esaurite. Queste le disarmanti premesse del dossier «Cambiamenti climatici, ambiente ed energia: linee guida per una strategia nazionale di mitigazione e adattamento», presentato oggi a Roma dal comitato scientifico del WWF Italia. Un’analisi globale che rappresenta un punto partenza per fare riflettere sull’estrema vulnerabilità del caso Italia e sulla necessità di costruire una efficace strategia energetica nazionale.

BUONE POTENZIALITÀ IN ITALIA - «Nell’anno in cui il mondo si appresta ad approvare un nuovo patto globale per il clima, è più che mai urgente che il governo doti il Paese di un Piano nazionale per l’energia e di un altro per l’adattamento ai cambiamenti climatici che sono già in atto», ha dichiarato Gianfranco Bologna, direttore scientifico del WWF Italia. L’Italia basa le proprie forniture di energia quasi esclusivamente su fonti fossili, hanno ricordato gli esperti del WWF. Proseguendo su questa strada, i consumi energetici cresceranno e, tranne che per una modesta quota di rinnovabili, continueranno a basarsi su fonti importate che, per il progressivo esaurimento e il costante aumento della domanda, saranno sempre più costose. «Al contrario, siamo particolarmente avvantaggiati quanto a fonti rinnovabili, che sono invece sempre più economiche: abbiamo un buon potenziale idroelettrico, foreste e produttività agricola che garantirebbero biomasse di scarto, e siamo tra i Paesi europei più soleggiati».

IL TRICOLORE ENERGETICO - Di qui la ricetta del WWF da attuare entro il 2030: - 50% dei consumi e -50% delle fonti fossili. In compenso, triplicare le fonti rinnovabili, con investimenti iniziali ampiamente ricompensati dalla convenienza a medio termine, per uno scenario complessivo in cui il fabbisogno energetico nazionale sia assicurato per metà da fonti rinnovabili e per l’altra metà dai combustibili fossili. Scenario definito dagli esperti del WWF: «Un vero e proprio "tricolore" energetico per l’Italia: rosso per le fonti convenzionali, verde per le rinnovabili e bianco per l’efficienza da sviluppare». Particolarmente rischiosa, anche sul piano economico, viene giudicata dal WWF la scelta di un ritorno all’energia nucleare: «Fonte che, se si comprendessero anche i futuri costi di smantellamento delle centrali e di gestione finale delle scorie, nonché gli elevati investimenti pubblici già ricevuti (per la ricerca, la gestione della sicurezza esterna e lo sviluppo di infrastrutture), sarebbe già oggi non competitiva. Gli analisti internazionali, per esempio Moody’s, prevedono, infatti, che il costo del kWh prodotto sia destinato a raddoppiare entro il 2022, data in cui dovrebbero entrare in funzione le prime centrali italiane ipotizzate dal governo».

CAMBIAMENTO CLIMATICO - Sul fronte del cambiamento climatico gli esperti del WWF hanno ricordato che il 90% dei disastri naturali in Europa dal 1980 sono attribuibili a eventi metereologici o climatici, i cui costi di riparazione hanno raggiunto circa 15 miliardi di euro l’anno. Mentre la Commissione Europea ha ormai definito un libro bianco per le strategie di adattamento, in Italia il tema è ancora agli albori, lamentano gli esperti del WWF, i quali chiedono al governo di attuare con urgenza il monitoraggio degli ambienti più delicati: foreste, sistemi agricoli, ecosistemi marini e di acqua dolce; e di avviare le opere di ripristino del territorio per renderlo meno vulnerabile ai cambiamenti climatici. «Purtroppo oggi si continuano a proporre infrastrutture considerando poco i conseguenti effetti negativi sui sistemi naturali». Alla stesura del dossier WWF hanno collaborato i professori Vincenzo Balzani, chimico dell'università di Bologna; Sergio Castellari, Focal Point IPCC Italia e ricercatore dell’Istituto Nazionale Geofisica e Vulcanologia; Marino Gatto, ecologo del Politecnico di Milano; Sergio Ulgiati, del dipartimento di Scienze per l’Ambiente dell’università Parthenope di Napoli.

martedì 3 marzo 2009

Energie alternative e pareti multimediali: ecco il nuovo simbolo della finanza cinese


Il progetto del palazzo che, a Shenzhen, ospiterà gli uffici del China Insurance Group

Duecento metri per 49 piani, 1.600 metri quadrati di area calpestabile, alimentazione ad energia solare e una parete in grado di proiettare immagini multimediali: sono queste le peculiarità del nuovo palazzo che, a Shenzhen, ospiterà il China Insurance Group. Presentato dagli austriaci di Coop Himmelb(l)au (letteralmente, cielo blu: anche questo un buon auspicio per una delle megalopoli più inquinate della Repubblica popolare cinese), il progetto è stato votato all’unanimità dalla giuria del concorso “4 torri in 1″. Bandito dall’autorità urbanistica di Shenzhen, il piano “4 torri in 1″ ha selezionato quattro progetti per il nuovo distretto finanziario cittadino cui sono stati destinati gli uffici di Shenzhen Media Group, China Construction Bank, China Insurance Group, e Southern & Bosera Funds.

Il palazzo degli austriaci è stato studiato in maniera tale da ridurre gli effetti della pressione del vento, garantire una ventilazione naturale nei corridoi all’interno oltre che ripari d’ombra nelle stanze particolarmente esposte alla luce del sole. L’energia solare è invece garantita dal posizionamento di cellule fotovoltaiche sulle pareti esterne dell’edificio, e, nonostante al momento sia difficile stimare quanta energia sarà possibile produrre grazie a questo sistema, è evidente che il consumo complessivo della struttura sarà nettamente più basso rispetto ai palazzi meno ecologici circostanti. Ancora, sulle pareti esterne potranno essere riprodotte insegne multimediali controllando con dei computer dei grandi led luminosi distribuiti in maniera irregolare su muri e vetrate.

All’interno, l’edificio è suddiviso in strati. Ai piani alti gli uffici, a quelli bassi le aree accessibili al pubblico. Quelli centrali verranno invece sfruttati per coltivare giardini o per allestire sale riunioni e conferenze.

domenica 1 marzo 2009

ENERGIA PULITA DALLE ONDE E DALLE MAREE


I mari della Terra sono in perenne movimento: onde, maree, correnti oceaniche... se si riuscisse a rubare un po' di energia a questi fluidi in movimento, si potrebbero alimentare molte città. Nelle isole Orkney, a nord della Scozia, l'Emec (European Marine Energy Centre) sta sperimentando nuove tecnologie di questo tipo, con l'obiettivo di arrivare nei prossimi anni a coprire il 20% del fabbisogno energetico.

ONDE E MAREE
Finora sono stati sperimentati due sistemi innovativi: Pelamis, un serpentone metallico capace di trarre energia dai movimenti delle onde (vedi Focus 187) in superficie, e una turbina istallata nel fondo del mare dalla società dublinese OpenHydro per sfruttare i flussi d'acqua generati dalle maree.
Collegata in rete. Quest'ultima è stata inaugurata nel maggio 2007, dopo 18 mesi di test, e produce 250 KW, che immette nella rete elettrica britannica. OpenHydro sta ora preparando turbine da 1 MW da installare nella baia di Fundy (Canada) e nel canale della Manica.

corrente elettrica a bassissimo costo dalle onde del mare


Un fisico americano ha ideato un curioso e originale sistema per ottenere corrente elettrica a bassissimo costo dalle onde del mare.
La geniale trovata di un fisico in pensione potrebbe contribuire, almeno in parte, a risolvere i problemi energetici, producendo quantità non trascurabili di corrente elettrica dalle onde del mare. Francis Farley e il suo ex collega Rod Rainey hanno riempito un lungo cilindro di gomma con acqua di mare e hanno chiuso le due estremità così da formare un enorme salsiccione. Hanno poi legato il cilindro a circa 100 metri di profondità e lo hanno lasciato il balia delle correnti. Il moto ondoso e la forza delle acque hanno inziato ad agitare Anaconda, questo il nome del serpentone , comprimendo l'acqua contenuta al suo interno e mettendo in moto, grazie all'aumento di pressione, le turbine installate a una delle estremità del cilindro. Anaconda è lungo circa 200 metri e ha un diametro di 7: secondo gli esperti, dimensionandolo opportunamente e ottimizzando l'elasticità dell'involucro, è possibile realizzare impianti della potenza di circa un megawatt, sufficienti a dare corrente a 2.000 abitazioni. L'idea di Farley e Rainey è ora quella di perfezionare il progetto e commercializzarlo entro 5 anni.

Le polveri metalliche sono usate come combustibile per razzi.

Lo sapevate che la lana di ferro è infiammabile? Accade perché tutti i metalli reagiscono con l'aria e si ossidano. Spesso non ce ne accorgiamo, perché l'ossidazione avviene solo sulla superficie. Se, però, la superficie aumenta - perché il metallo è trasformato in una lana sottile o in una polvere - allora il fenomeno diventa più energetico e perfino esplosivo.
Infiammabili. Le polveri metalliche, infatti, sono usate come combustibile per razzi. Dave Beach, ricercatore all'Oak Ridge National Laboratory, ha spinto quest'idea all'estremo: propone di utilizzare motori che brucino, invece della benzina, polveri di ferro, alluminio o boro. Se le polveri sono 10 mila volte più sottili di un capello, dice Beach, possono bruciare in un motore simile al diesel. E senza inquinare: la combustione avverrebbe a soli 500 °C, quindi senza produrre ossidi d'azoto o altri inquinanti, mentre le polveri di scarto potrebbero essere raccolte e, successivamente, riattivate con un processo chimico.
Meglio le batterie. L'idea è affascinate, ma è difficile metterla in pratica. «Un'idea più realistica sono le batterie metallo-aria», spiega Ugo Bardi, «per esempio zinco-aria o alluminio-aria. Quest'ultimo tipo è stato sperimentato con successo dai militari negli Usa». E si possono ricaricare con un processo elettrochimico o rifondendo i metalli.

ENERGIA DEI PASSI: 1 passo produce 10 W, una folla può illuminare uno stadio

Lampioni, semafori, insegne: in futuro potrebbero essere alimentati dall'energia "rubata" ai pedoni che camminano, secondo l'ingegnere britannico David Webb. Funziona grazie a un sistema di cuscinetti nascosti sotto il pavimento o le scale: ogni volta che se ne calpesta uno, si fa pressione su un fluido che va ad azionare una serie di microturbine, generando elettricità. E lo stesso principio potrebbe essere applicato al passaggio di autoveicoli e di treni.
Nel metrò. Di certo questa invenzione non può essere la soluzione dei problemi energetici mondiali, ma potrebbe dare il suo contributo: secondo le stime, le 34 mila persone che transitano ogni ora nella stazione Vittoria della metropolitana di Londra, in pieno centro, riuscirebbero a tenere accese 6.500 lampadine.

GIà A LONDRA
Londra, l’idea di un milionario cipriota: Nei locali, una pista che aziona dei generatori grazie al movimento dei piedi. E presto le batterie dei telefonini. Voi danzate, e la pista da ballo trasforma l’energia cinetica dei passi in energia elettrica pulita. La pista da ballo, sostenuta da una serie di molle, oscillando aziona dei generatori a cristalli capaci di produrre una piccola quantità di energia elettrica.

SEMPRE
A LONDRA una lunga serie di stazioni delle metropolitane di Londra è stata dotata di un sistema di produzione energetica che sfrutta i passi delle persone che le attraversano a piedi, attraverso un pavimento costituito da attuatori idraulici, che forniranno ben 7 watt (!!!) ogni volta che saranno calpestati. Sembra inoltre che questa sia solo la prima di una serie di idee nate per cercare di “rubare” energia agli spostamenti dei londinesi: successivamente sarannò prese di mira le vibrazioni di treni e auto, che verranno utilizzate per l’illuminazione pubblica della città.
Ebbene quel progetto non solo è stato, ed è, un successo ma viene ora esteso. Questa volta le mini-turbine che catturano la pressione dei passi sul pavimento saranno installate sulla Spinnaker Tower a Portsmouth, dove sarà utilizzata l’energia cinetica, prodotta dai turisti che salgono e scendono le scale di questa torre alta 170 metri. In aggiunta ai percorsi pedonali, le mini-turbine saranno installate anche sotto le linee ferroviarie o sotto i ponti per sfruttare l’energia dei treni e dei veicoli e proprio sotto una galleria ad alto traffico nelle Midlands è avvenuta la sperimentazione del sistema “underfloor” dove i generatori di energia hanno usato quella prodotta dal passaggio dei treni.

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